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L’Iran e l’identità velata

L’Italia è divenuta una barzelletta mondiale a causa delle statue velate in Campidoglio dinanzi all’ospite venuto dalla Repubblica islamica . La stampa e l’opinione pubblica globale, giustamente, ritengono grottesca e umiliante la nostra scelta di piegarci ai diktat del protocollo iraniano, refrattario a rispettare le culture altrui ma pronto a imporre agli ospiti, in ogni circostanza, le regole totalitarie di un regime islamista sino al parossismo. Spero che, adesso, tutti coloro che al tempo della polemica del velo della Serracchiani in Iran alzarono il sopracciglio per l’arroganza occidentale, si rendano conto che i problemi evidenziati da simili episodi – allora negati dai sostenitori del “rispetto delle tradizioni altrui” – sono di proporzioni gigantesche. L’occultazione della Venere Esquilina e del Dioniso degli Horti Lamiani la dice lunga sulla tendenza a occultare la nostra identità casomai suscitasse irritazione nel nostro interlocutore oscurantista. Tendenza, dunque, che annichilisce quel buon senso, connaturato ad ogni italiano che si rispetti, secondo cui i paesi democratici e ricchi di storia non hanno nulla da nascondere, mentre è vero il contrario: sono i paesi illiberali come l’Iran che devono nascondere sotto il tappeto i gay impiccati, le torture di Stato, la polizia del costume che incarcera le donne non velate e tante altre nefandezze. Che la dittatura religiosa instaurata in Iran da Khomeini sia indifendibile e, dunque, non meriti affatto i salamelecchi che l’Italia ha riservato al suo presidente l’hanno capito bene tutti coloro che hanno protestato per il velo della Serracchiani. Che fu, com’è evidente, una prevaricazione degna di un regime che impone il velo per legge e punisce le renitenti con il carcere. In una visita di Stato, laica, è inammissibile costringere l’ospite a sottomettersi: semmai lo si rispetta per quello che è, occidentale, orientale, cristiano, buddhista, sikh o qualsiasi altra identità egli rechi con sé stesso. Dargli il benvenuto solo a patto che si pieghi alle norme locali (norme, si badi bene, non costumi) è il palese indice di un atteggiamento meritevole di censura, non di cedimenti interessati. Che l’Iran sia una bestia incivile da domare lo hanno capito bene i francesi, che alla richiesta iraniana di escludere il vino dal ricevimento all’Eliseo risposero con un niet e declassando la visita a colloquio privato. Così si fa. Con la visita di Rouhani, l’Italia ha offerto l’ennesima conferma della sua posizione di serie B nel ranking delle nazioni. Uno Stato indegno di sedere al tavolo delle potenze. Non si vende l’anima di un Paese millenario per 17 miliardi di euro.

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