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Conte alla corte di Putin per avere una sponda in Libia

Pubblicato il 02/11/2018 - Il Friuli

Gli italiani hanno saputo troppo poco della visita del primo ministro Giuseppe Conte a Mosca, alla corte del presidente Vladimir Putin. I nostri giornali hanno evidenziato, soprattutto, la questione dei nostri titoli di Stato, che il fondo sovrano russo sarebbe pronto ad acquistare venendo incontro alle necessità di un Paese sotto pressione da parte dei mercati e a quelle di un governo alle prese con la manovra finanziaria in deficit. Ma non era questa, la priorità di Conte. Il nostro premier ha bisogno di Putin per una ragione cogente: i prossimi 12 e 13 novembre, a Palermo, si terrà la Conferenza internazionale sulla Libia. Che rappresenta, per l’Italia, l’ultima spiaggia per tentare di risolvere, con un ruolo di protagonista, la crisi del nostro Paese dirimpettaio. Corteggiando Putin, il primo ministro ha cercato di ottenere dalla Russia una contropartita rilevante: la presenza, a Palermo, dell’uomo forte della Cirenaica, quel generale Khalifa Haftar che da tempo scalpita per l’investitura a leader assoluto della Libia. Alleato di ferro della Russia, Haftar rappresenta per noi un interlocutore imprescindibile, se vogliamo davvero provare a imprimere un’accelerazione nel riassorbimento del caos libico. Ma il generale non è mai stato un interlocutore semplice, per noi; non ultimo, per lo sbilanciamento del nostro governo verso le forze rivali che si riconoscono nella (fragile) leadership del presidente del governo di Accordo Nazionale Fayez al Serraj. Nella dialettica tra i due governi rivali di Tripoli e Tobruk, l’Italia si trova palesemente esposta in favore della seconda; vale a dire, verso la parte più debole. Ecco perché, attraverso Putin, l’Italia tenta di recuperare posizioni, imbarcando Haftar nella partita di Palermo. Pochi giorni dopo il vertice di Mosca, abbiamo già incassato un risultato: Haftar si è recato a Roma per incontrare lo stesso Conte e il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi. Ma, a dimostrazione delle difficoltà a venire, Haftar non ha ancora sciolto la riserva sulla sua presenza in quel di Palermo. Una sua mancata partecipazione determinerebbe, con matematica certezza, il fallimento dell’iniziativa diplomatica italiana. Che ha già incassato un’altra sconfitta: nel capoluogo siciliano, malgrado l’offensiva di Conte, non ci saranno né Putin, né Donald Trump. Una partenza in salita, insomma, per l’Italia alle prese con la sua prova più importante in politica estera.

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