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Gli accordi di Abramo: capolavoro di Trump

Pubblicato il 20/09/2020 - Messaggero Veneto

Firmati martedì 15 settembre nella cornice della Casa Bianca, gli accordi di Abramo segnano la normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra Israele e due nazioni arabe del Golfo Persico, gli Emirati Arabi Uniti ed il Bahrein. Li si può considerare, senza ombra di dubbio, il capolavoro diplomatico della presidenza Trump anche se i meriti devono essere attribuiti al lavoro indefesso di uno dei più vicini collaboratori del presidente: il consigliere nonché genero Jared Kushner. Quando The Donald incaricò quest’uomo di affari meno che quarantenne completamente a digiuno di nozioni di politica mediorientale di trovare una soluzione al dossier più intrattabile della politica internazionale contemporanea, il conflitto israelo-palestinese, pochi scommisero sulla sua possibilità di cavarne un ragno dal buco. Kushner è stato anzi oggetto di una costante campagna denigratoria da parte della stampa e degli osservatori politici, uniti nel considerare Kushner – oltre che un ebreo e dunque inadatto al compito – un mero prodotto dell’arroganza trumpiana. Tutti costoro ebbero conferma dei loro sospetti quando fu rivelata la prima clausola di quello che si prese a chiamare “Accordo del secolo”: il riconoscimento da parte degli Usa di Gerusalemme come capitale di Israele nel dicembre 2017. Fu una rottura di un tabù decennale che provocò alti lai e l’accusa unanime di aver messo in forma un piano completamente sbilanciato in favore dello Stato ebraico. In realtà, dietro le quinte procedeva spedita la diplomazia mediorientale di Kushner che si imperniava su un concetto chiave: promuovere la cooperazione tra Israele e gli stati arabi. A favorire tale avvicinamento ci avrebbe pensato un fattore formidabile come il timore, che accomuna  tanto lo Stato ebraico quanto i paesi arabi, dell’espansionismo sciita. È stata questa la leva che ha portato poi ad un ribaltamento della impostazione originaria del piano Kushner. Anziché organizzare la classica conferenza di pace dalla quale sarebbe scaturito – ma solo dopo molte liti furibonde – l’accordo tra israeliani e palestinesi e la normalizzazione tra i primi e i paesi arabi, Kushner ha optato per l’opzione del fatto compiuto: il riconoscimento unilaterale di Israele da parte dei singoli paesi arabi. Questo nel presupposto che la progressiva caduta del muro tra mondo ebraico e islamico crei le condizioni per stilare un piano di pace condiviso e apprezzato da tutte le parti, in un clima di mutuo rispetto ed amicizia. Molto lavoro resta da fare perché questi primi risultati storici conducano a quello sperato, ossia alla nascita di uno Stato palestinese. Se le premesse sono state poste, ci sono ancora da rimuovere numerosi ostacoli, non ultimo il ruolo destabilizzante dell’Iran, che arma le fazioni jihadiste della Palestina, e le laceranti divisioni esistenti in seno al campo palestinese, che dal 2007 vive di fatto in una condizione di separazione politica e territoriale tra la West Bank governata dall’Autorità Nazionale Palestinese e Gaza amministrata dal movimento terrorista di Hamas. Ciò che è certo è che presto avremo nuove sorprese provenienti da quel Medio Oriente a cui potremo forse rimuovere nel prossimo futuro l’etichetta di polveriera del mondo.

 

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