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Il 25 aprile usato da chi intimidisce e offende

Pubblicato il 27/04/2018 - Il Piccolo

Come confermano i fatti di mercoledì alla Risiera di San Sabba, il 25 aprile è diventata una data radioattiva. La Festa della Liberazione, che dovrebbe unire gli italiani a prescindere dalle appartenenze, diventa l’occasione per polemiche che nuocciono all’armonia che sarebbe necessaria in una circostanza simile. Le contestazioni al sindaco di Piazza sono state giustificate in vario modo, ma non sembra possano essere accettate in un contesto che doveva premiare l’unità tra le forze politiche sotto l’ombrello dei valori della Resistenza e della Repubblica Italiana. Non mano grave appare però l’episodio che ha coinvolto la comunità ebraica triestina, che ha tristemente guadagnato la ribalta nazionale. Visto il clima, il rabbino Alexandre Meloni ha deciso di rinunciare a officiare il rito religioso, allontanandosi dal luogo della celebrazione insieme al suo seguito. Lo ha fatto come reazione alla situazione imbarazzante che si era venuta a creare dopo il discorso del Sindaco, ma soprattutto per la presenza tra la folla di bandiere palestinesi. “In quanto italiano, ebreo e rabbino – ha spiegato Meloni ai presenti, prima di abbandonare la Risiera – e non posso tollerare che vengano sventolate bandiere che non riguardano l’Italia , ma che ricordano un conflitto che non è né il luogo né il tempo di ricordare. Soprattutto quando il primo leader politico e religioso di questo movimento fu non solo un collaboratore, ma un alleato oggettivo del nazismo, che inneggiava alla distruzione degli ebrei”. La scelta sofferta del rabbino merita rispetto e comprensione, perché poggiante su un ragionamento fondato. Un ragionamento che riguarda anche città come Roma o Milano, che ai rispettivi cortei del 25 aprile ogni anni si ritrovano a gestire il medesimo problema della compresenza dei simboli palestinesi ed ebraici, che causa sovente incidenti e scontri. A Trieste per fortuna non si è arrivati a questo, ma si è consumato comunque un incidente che merita riflessione, soprattutto in funzione delle prossime ricorrenze, onde evitare che si ripetano ancora. Per gli ebrei italiani, è difficile accettare la presenza delle bandiere palestinesi per un motivo molto semplice: perché tra coloro che si sentono vicino alla causa palestinese prevalgono sentimenti ostili nei confronti dello Stato di Israele che poi vengono proiettati sugli incolpevoli ebrei italiani. Non ha alcun senso urlare “Palestina libera” all’indirizzo di una comunità di italiani di confessione ebraica, che nessun potere ha di condizionare la politica dello Stato ebraico. A Trieste, questa situazione paradossale era resa ancor più acuta dal luogo in cui si sono tenute le celebrazioni, la Risiera di San Sabba, luogo della memoria della barbarie nazifascista più pregnante di altri dal punto di vista della comunità ebraica. Vedere in quel luogo la presenza di bandiere di un movimento che, ai suoi albori, durante la seconda guerra mondiale, era alleato – per volontà del Gran Muftì di Gerusalemme Hajj Amin Al Hussein – con i nazisti rappresenta per gli ebrei una provocazione inaccettabile. A Roma, la comunità ebraica ha preferito evitare il problema a monte organizzando una celebrazione a parte presso le Fosse Ardeatine. È una scelta dolorosa ma che le autorità ebraiche romane hanno ritenuto indispensabile per evitare l’insorgere di incidenti come quelli che si sono verificati puntualmente mercoledì a Milano, dove il passaggio dello striscione della Brigata Ebraica è stato subissato di fischi e di slogan ostili. Parte della responsabilità di questa situazione incresciosa è da addebitare all’Anpi, che non esercita sufficientemente la propria moral suasion sui seguaci della Palestina affinché moderino i loro toni. Ma la colpa principale è di questi simpatizzanti della causa palestinese, il cui fervore intimidisce una comunità come quella ebraica che non può sentirsi a proprio agio in un corteo del 25 aprile così condizionato da idee estranee ai valori che si dovrebbero celebrare. Verrà un giorno in cui gli animi si raffredderanno e la Festa della Liberazione tornerà ad essere occasione in cui ribadire senza equivoci la condivisione dei principi che dovrebbero essere alla base della nostra Repubblica.

Il PiccoloTrieste
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