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Il portavoce della moschea: «A Udine non ci sentiamo minacciati»

Pubblicato il 17/12/2015 - Messaggero Veneto

Il portavoce della moschea di via San Rocco è intervenuto all’incontro in sala Scrosoppi. «Sto imparando un Islam diverso: chi uccide nel nome di Dio fa paura anche a noi».

«A Udine non abbiamo mai avuto problemi, anche se non nascondo di avere ricevuto una lettera di minacce». Non intende drammatizzare e nemmeno sollevare polemiche Bouraoui Slatni, portavoce della moschea udinese di via San Rocco, che ieri pomeriggio, in dialogo con il sociologo Marco Orioles, ha riflettuto sui temi dell’Islam e dell’integrazione, toccando anche i concetti di democrazia, libertà di espressione e informazione durante “La paura dell’Islam impaurito”, secondo dei quattro incontri “I molti nomi di Dio in Friuli”, organizzati dal Circolo culturale Valussi in Sala Scrosoppi.

«Sto imparando un Islam nuovo e diverso da quello che mi hanno insegnato i miei genitori, ovvero di non fare del male a chi non te ne ha fatto», dice il portavoce e mediatore linguistico, in Italia da 24 anni e dove ha deciso di formare la sua famiglia, commentando la minaccia terroristica, che chiama in causa la fetta più integralista della sua stessa religione.

«Queste persone fanno paura anche a noi», afferma, prendendo una posizione netta nei confronti di coloro i quali – citando a esempio la strage di Parigi – «nel nome del nostro Dio uccidono persone disarmate, gente civile che dopo una giornata di lavoro desidera divertirsi».

Slatni ha invitato il pubblico a cercare di analizzare i temi e accogliere gli spunti, considerando anche la prospettiva opposta, ovvero guardando la faccia della medaglia dei musulmani, e si è poi soffermato sul caso scoppiato negli scorsi giorni rispetto alla possibilità di riservare spazi per sole donne in piscina o in palestra. «Tocca al primo cittadino – ha detto – decidere e giudicare se la richiesta sia accoglibile o meno».

Pungolato dalle domande del sociologo Orioles – a quelle arrivate dal pubblico, non poche, ha dato risposte piuttosto sfuggenti e sfumate -, il portavoce ha poi espresso la propria posizione su Sofiane Mezzerreg, l’imam residente a Vicenza e che per un periodo aveva operato a Udine, dissociandosi dal provvedimento preso dal ministero dell’Interno.

L’ex imam del centro di via San Rocco, ora in carcere, avrebbe infatti suggerito ad alcuni bambini di origine magrebina e di fede islamica che ascoltare musica e utilizzare strumenti musicali costituiva peccato e questi nel corso di una lezione di educazione musicale si tapparono le orecchie per non sentire la melodia.

«Mi fido tanto della magistratura italiana – ha detto Slatni –, ma mi dispiace abbia cominciato a lavorare sulle ipotesi: conosco Sofiane, non è una persona pericolosa, non credo abbia pronunciato quelle parole ed è stata presa in considerazione la voce di un gruppo di bambini».

Un comportamento peraltro non necessariamente censurabile. «E comunque – ha aggiunto –, anche io come genitore non lascio ascoltare ai miei figli tutta la musica, vedere tutti i film e leggere quello che vogliono. Altrimenti il mio ruolo educativo verrebbe meno».

Ma la musica, da sempre, rappresenta uno degli strumenti e dei veicoli che accorciano il dialogo e le distanze tra le persone e i popoli. È un mezzo di comunicazione, insomma.

«E se permettiamo che nelle nostre scuole si crei un muro tra chi alcune cose le può fare e chi no – ha argomentato Orioles –, permettendo che una minoranza della realtà si segmenti, allora avremo creato una società indesiderabile. E dove mancano il contatto e la comunicazione, non si sa cosa fermenti».

Giulia Zanello

 

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