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La fine del modello multiculturale britannico

Pubblicato il 22/06/2017 - Messaggero Veneto

L’attentato di domenica notte ad una moschea di Londra segna la fine del modello multiculturale britannico. Una brutta fine, sancita da un attacco compiuto in puro stile Stato islamico da un inglese purosangue che con un furgone è salito a tutta velocità su un marciapiede falciando un gruppo di fedeli. Un triste episodio che segna la conclusione di un ciclo, segnato dalla cieca credenza dei britannici nella possibilità di una convivenza pacifica tra immigrati ed autoctoni. Più di ogni altro Paese europeo, la Gran Bretagna aveva riposto estrema fiducia sulla possibilità di una coabitazione tra nativi e non all’insegna di un modello definito come multiculturalismo. Secondo tale modello, lo Stato accoglie i nuovi arrivati senza chiedere loro di rinunciare ai propri modelli culturali, da preservare semmai nel nome di una diversità considerata come un valore. Venerato da generazioni di intellettuali, il multiculturalismo appare oggi tuttavia come figlio di una grossolana ingenuità, vale a dire della convinzione che possano vivere pacificamente fianco a fianco gruppi etnici e religiosi che nulla condividono al di là della cittadinanza. Sotto l’ombrello del multiculturalismo, gruppi radicali hanno anzi predicato per anni la superiorità dei propri modelli culturali fomentando l’odio nei confronti della nostra civiltà, alimentando un bacino di risentimento di cui oggi stiamo pagando il prezzo. I figli del multiculturalismo sono proprio quei jihadisti che coltivano l’utopia di uno Stato islamico retto dalla shari’a e depurato da ogni tratto occidentale. Individui che, in nome di questa chimera, sono disposti a uccidere indiscriminatamente i loro stessi concittadini o a partire per le zone di guerra ad innalzare le bandiere nere e compiere stragi inenarrabili. Il multiculturalismo è il prodotto rancido di un sociologismo ingenuo che pretende di cancellare la realtà sostituendola con i sogni. Il sogno, nella fattispecie, di una società che a dispetto della diversità delle sue componenti riesce ad essere armonica. La verità è che l’immigrazione non può funzionare senza che vi sia assimilazione, ossia senza che i nuovi arrivati facciano propri almeno parte dei valori e dei principi che caratterizzano la società ospitante. Senza questa condivisione, è illusorio ritenere che possa esserci pace e comprensione. La tolleranza si basa sì sull’accettazione del diverso, ma non può esserci se non vi è un terreno comune. Senza questo prerequisito la società multietnica è solo un’accozzaglia di individui che nulla condividono e hanno ben poche ragioni per considerarsi a vicenda. Dobbiamo sperare che l’attacco di domenica sia un caso isolato e non sia invece il principio di una guerra civile intraeuropea in cui soggetti che non hanno fatto lo sforzo di capirsi e integrarsi si combattono in nome di un odio viscerale. L’attentato sia piuttosto l’occasione per ripensare i modelli di integrazione e per riflettere se non sia opportuno chiedere ai nuovi arrivati di rinunciare a parte della loro eredità per avere accesso ad un mondo nuovo in cui vigono regole diverse, la prima delle quali è la tolleranza. Tolleranza sconosciuta tanto all’attentatore di domenica quanto ai radicali e ai jihadisti.

Gran BretagnaimmigrazioneMessaggero Veneto
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