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L’Is è alle corde, ma non è morto: il ritorno del califfo

Pubblicato il 06/10/2017 - Il Friuli

Con un messaggio audio diffuso la scorsa settimana, il califfo Abu Bakr al-Baghdadi rompe un silenzio durato quasi un anno e contraddice la propaganda russa che l’aveva dato per morto. Vivo e vegeto e combattivo come non mai, il capo dello Stato islamico esorta i suoi combattenti a resistere ad oltranza al tentativo da parte delle due coalizioni che si oppongo loro – una a guida americana e l’altra capitanata da Mosca – di sgominare il califfato. Ma è una mossa disperata, anche se efficace per tenere alta l’attenzione sul gruppo e per pungolare i tanti seguaci che sono pronti ad entrare in azione in Occidente, come si è visto a Marsiglia questa domenica. Dopo aver perso la sua capitale Mosul, l’Is sta per ricevere il colpo di grazia nella capitale siriana di Raqqa, dove i duecento combattenti residui sono assediati dalle forze curdo-arabe dell’SDF sostenute dall’aviazione americana. Da tempo, d’altra parte, il centro di gravità del califfato si è spostato più a sud-est, lungo la valle dell’Eufrate, anche se pure qui le truppe governative siriane appoggiate dalle milizie sciite addestrate dall’Iran e dagli aerei di Mosca, in parallelo all’offensiva delle SDF e agli strike Usa, hanno provveduto a sferrargli colpi letali. Il califfato, utopia islamista fattasi Stato nel 2014 fagocitando intere porzioni di Siria ed Iraq, è ormai una pallida ombra di ciò che era al suo apogeo, quando controllava un territorio grande come la Gran Bretagna con almeno dieci milioni di abitanti. Non affrettiamoci però a dare per morto il progetto eversivo dell’Is. Che se perderà ben presto la sua dimensione territoriale, continuerà a sferrare colpi con la fisionomia di una formazione insurrezionale da un lato (per ostacolare il tentativo di Siria ed Iraq di ricomporre la propria unità) e di gruppo terrorista dall’altro. Sotto quest’ultimo profilo, noi europei abbiamo poco da stare tranquilli. La propaganda dell’Is continua a martellare, anche se non sempre in modo convincente come si è visto con la rivendicazione della strage di Las Vegas, ovviamente fasulla. Non è venuto meno l’appeal di un movimento che ha i suoi punti di forza nell’antagonismo verso l’Occidente, la sua civiltà, i suoi valori, considerati antitetici a quelli di un Islam chiamato alla rivincita contro il suo tradizionale nemico. E anche se sono tramontati i tempi dei mega-attentati come quelli del Bataclan o di Bruxelles, che l’Is non è più in grado di organizzare perché troppo impegnato nella difesa della sua ridotta siro-irachena, l’odierno terrorismo low cost e low tech, fatto di assalti all’arma bianca o con autoveicoli, è purtroppo imprevedibile e sempre in agguato. Non entusiasmiamoci per il canto del cigno del califfo.

Baghdadi Abu Bakr al-Guerra civile sirianaIl FriuliIsisjihadismo
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