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Ricerca: Molinaro, conoscere religiosità immigrati aiuta integrazione

Pubblicato il 26/03/2012 - Regione Fvg

Udine, 26 mar – “L’integrazione è un processo complesso in cui servono molti alleati: uno di questi può essere rappresentato dalle associazioni degli immigrati che, anche in nome della religione, si incontrano. Questo è un rapporto che qui in Friuli Venezia Giulia va ancora costruito”. Lo ha affermato l’assessore regionale all’Associazionismo e alla Ricerca Roberto Molinaro, introducendo il convegno “Il nuovo pluralismo religioso in Friuli Venezia Giulia”, organizzato dal dipartimento di Scienze Umane dell’Università ed il Club UNESCO di Udine per presentare la pubblicazione del saggio di Marco Orioles, “Noi crediamo. La fede degli immigrati” (Alessandria, Edizioni dell’Orso) che ha avuto il sostegno finanziario della direzione regionale della Cultura. Il convegno, moderato dal direttore di Telefriuli Alberto Terasso, ha illustrato la seconda tranche di un progetto di ricerca avviata negli anni scorsi e coordinata dal sociologo Bruno Tellia per capire l’universo della religiosità degli immigrati, una fetta di popolazione che in Friuli Venezia Giulia tocca l’8 per cento del totale demografico. “La Regione, che è impegnata affinché la popolazione immigrata abbia a disposizione sempre più servizi rivolti alla generalità dei cittadini del Friuli Venezia Giulia, ha sostenuto questo progetto – ha spiegato Molinaro – perché ritiene importante mantenere un rapporto di partnership con l’Università e i suoi ricercatori per monitorare e conoscere meglio la portata dei processi di integrazione nel loro divenire per poter scegliere in maniera adeguata gli strumenti per favorirla al meglio. In particolare, da questa ricerca emerge una strada non ancora sondata per cementare il processo di integrazione: la dimensione della fede e della religione è un forte elemento di comunità e di identità per la popolazione immigrata e quindi attraverso un proficuo rapporto con le associazioni sarà possibile intraprendere azioni efficaci di mediazione”.

I dati raccolti da Marco Orioles, dottore di ricerca in Sociologia della Comunicazione, Media e Identità presso il Dipartimento di Scienze Umane dell’ateneo friulano, intervistando 315 migranti di diversa nazionalità e confessione presenti in città di Udine (33,7 per cento europei, il 20 maghrebini, 28,9 provenienti da Africa subsahariana, il 9,2 dall’America Latina e 8,3 dall’Asia) mostrano infatti un dato evidente: il 98 per cento del campione dichiara di essere religioso ovvero di seguire una religione. A differenza degli italiani, sempre più secolarizzati, gli immigrati ritrovano quindi nella religione un importante fattore identitario. Solo un quinto, il 19,4 dice di non andare mai ad una funzione religiosa. I più osservanti sono risultati nel campione i rappresentanti delle comunità protestanti. Ad andare frequentemente o spesso nel rispettivo luogo di culto sono rispettivamente il 71,2 per cento dei protestanti, il 67,9 dei cattolici, il 41,3 degli ortodossi e appena il 27,3 dei musulmani. Colpiscono, in particolare, i risultati relativi ai musulmani. “La nostra ricerca – ha spiegato Orioles – in pratica conferma una percezione, molto diffusa nella letteratura italiana e internazionale, che la partecipazione religiosa sia vissuta da una corposa maggioranza di musulmani come elemento quasi residuale. La pratica della religione islamica, insomma, costituisce un elemento che scema in contesto migratorio, confermando l’ipotesi per cui i musulmani tendono ad assumere uno stile di vita laico in contesto migratorio”.

Nel testo di Orioles, in merito sempre alla comunità musulmana si fa riferimento anche ai dati relativi alla questione del velo. “Noi sappiamo che si tratta di uno dei capitoli più roventi della presenza musulmana in Europa – commenta il ricercatore -, dove sono numerose le battaglie per ‘svelare’ le donne musulmane emancipandole da un retaggio ritenuto tradizionalista e maschilista. Ebbene – rivela Orioles – a Udine questo aspetto appare nettamente smorzato, in quanto il 57,7 per cento degli intervistati ritiene che indossare il velo sia una questione demandata alla libertà delle donne: minore, il 35,6 per cento, la percentuale di chi lo ritiene obbligatorio o (il 6,7 per cento) consigliato”. All’incontro, introdotto dalla presidente del Club Unesco di Udine, Renata Capria D’Aronco, sono intervenuti anche il prof. Enzo Pace dell’Università di Padova, Mirella Manocchio (Chiesa Evangelica Metodista), Bouraoui Slatni (portavoce Comunità islamica Salaam, Udine), Padre Ioan Marginean Cocis (Chiesa Romena Unita, greco-cattolica, Udine). ARC/EP

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