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Sondaggio: gli americani non vogliono la guerra contro l’Iran

Pubblicato il 06/01/2020 - Policy Maker

I risultati di un sondaggio dell’Università del Maryland sulla percezione da parte degli elettori americani della politica iraniana dell’amministrazione Trump.

Se l’intenzione di Donald Trump – ordinando l’uccisione di Qasem Soleimani – era di preparare il popolo americano ad un possibile conflitto contro la Repubblica Islamica, farebbe meglio, prima di scatenare fuoco e furia contro gli ayatollah, a dedicare del tempo alla lettura di un sondaggio realizzato a settembre dall’Università del Maryland su un campione di 3.016 suoi concittadini.

Scorrendo i risultati della rilevazione, il tycoon scoprirebbe anzitutto che solo il 21% degli americani è del parere che una guerra contro l’Iran sia indispensabile per perseguire gli obiettivi fissati dalla politica estera Usa, mentre ben il 76% pensa che questi obiettivi possano essere raggiunti senza bisogno di scatenare un conflitto.

E non sono solo questi i dati che non piaceranno a chi, tra i consiglieri del tycoon, tifa per la guerra. Va segnalato, ad esempio, che vi sono solo marginali differenze tra gli elettori del partito di Trump e quelli dell’opposizione, in ambedue i casi in schiacciante maggioranza contrari ad un conflitto (76% i repubblicani e 89% i democratici).

Queste non sono le uniche sorprese riservate dall’Università del Maryland all’amministrazione Trump. Attraverso un nuovo sondaggio realizzato esattamente un mese dopo, gli accademici hanno scoperto che il popolo americano e il suo governo non hanno affatto la stessa idea circa l’origine delle attuali tensioni tra Usa e Iran.

Appena il 5% del campione, tanto per cominciare, attribuisce alle ingerenze iraniane nella guerra in Yemen – vale a dire, uno degli esempi di “condotta maligna” della Repubblica Islamica denunciati dai trumpiani – la fonte degli odierni problemi.

Più robusta, ma sempre minoritaria (22%), la fetta degli intervistati che identifica il problema nella “natura” del regime al potere a Teheran – posizione storica dei falchi americani che l’amministrazione Trump sembra aver fatto interamente propria nonostante abbia da poco scaricato l’uomo che più di altri ne aveva fatto il proprio vangelo, vale a dire John Bolton.

La percentuale di risposte positive si innalza sensibilmente invece quando la causa delle frizioni è identificata rispettivamente nelle decisioni del governo di ritirarsi dal patto nucleare del 2015 (35%) e di reintrodurre le sanzioni contro la Repubblica Islamica (34%).

Visti tali dati, non sorprende la quota di americani che – alla fine della fiera –  disapprova la politica iraniana dell’amministrazione Trump: si tratta di un sonante 57%, per giunta in aumento di sei punti rispetto all’analoga rilevazione compiuta a settembre.

Dato per assodato il parziale dissenso degli elettori nei confronti della linea scelta dal governo nei confronti dell’Iran, resta da chiedersi cosa essi pensino effettivamente di questa linea: quali obiettivi, in altre parole, gli americani pensano che  stia perseguendo la Casa Bianca.

Scopriamo così che una fetta analoga di americani ritiene che l’amministrazione Trump stia cercando rispettivamente di impedire all’Iran di dotarsi della bomba (30%) ovvero di distruggere l’eredità di Barack Obama (28%), che come è noto è l’artefice del patto nucleare con gli ayatollah tanto detestato dal suo successore.

Decisamente residuali le altre risposte, con un 7% che pensa che l’obiettivo di Trump sia mutare la condotta della Repubblica Islamica nella regione, un 9% che attribuisce al governo il desiderio di apparire forte agli occhi del popolo americano e un 3% convinto che il sogno di The Donald e soci sia di cambiare il regime a Teheran. Chiude il quadro il 15% di intervistati senza opinione.

Prima di tirare le conclusioni, è forse il caso di ricordare che quella demoscopica non è notoriamente una scienza esatta e che il sentiment dell’opinione pubblica è tradizionalmente ballerino.

Può inoltre essere utile evidenziare che a tirare fuori ora questo sondaggio è stato un magazine come Foreign Policy che, a dispetto dell’0ttima fattura dei suoi articoli e dello spessore dei loro autori, non ha mai lesinato critiche anche feroci nei confronti di Trump e della sua politica estera.

Pertanto, quando la rivista osserva che le conclusioni da trarre dal sondaggio sono tre – la maggioranza degli americani non vuole la guerra contro l’Iran, disapprova la politica iraniana dell’amministrazione Trump e condivide solo in parte gli obiettivi di questa politica – sarà bene ricordare che sei giorni fa in America è iniziato l’anno elettorale, e che Foreign Policy non tiferà certo per un bis del tycoon.

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