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Tutte le (gravi) responsabilità di Hezbollah in Siria, Iraq e Yemen. Le parole di Tillerson in Libano

Pubblicato il 15/02/2018 - Formiche

Quello visto a Beirut nel corso della sua visita in Medio Oriente è Segretario di Stato meno diplomatico e più diretto. Rex Tillerson ha scelto il linguaggio della franchezza nei confronti di Hezbollah, una forza considerata terrorista e fortemente avversata da Israele ma anche membro del governo in carica (con due ministri), onnipotente forza paramilitare alleata dell’Iran e attore di primaria importanza in quel quadrante siriano in cui gli americani non rinunciano a giocare alla partita.

Le parole del capo degli esteri americano risuonano in un contesto per certi versi sorprendente: il palazzo Baabda, davanti al presidente cristiano-maronita libanese Michel Aoun, che di Hezbollah è un inossidabile alleato, e ad altri esponenti politici abituati al piccolo e al grande cabotaggio con la fazione sciita. È nel loro interesse “dissociarsi” da Hezbollah, è il messaggio che il segretario di Stato ha formulato a questa platea che probabilmente attendeva un discorso più protocollare.

Tillerson non ha voluto che ci fossero equivoci: “La presenza di Hezbollah in Siria ha semplicemente perpetuato lo spargimento di sangue, aumentato il dislocamento di persone innocenti e sostenuto il barbarico regime di Assad. (…) La loro presenza in Iraq e Yemen ha anche alimentato a violenza. E le conseguenze del coinvolgimento di Hezbollah in questi conflitti lontani – che non hanno niente a che fare con il Libano – si sentono fin qui”.

Il Segretario di Stato ha voluto anche sottolineare la disparità tra il debole esercito del Libano e la possente armata di Hezbollah che non risponde a nessuno se non alla sua autorità suprema, Hassan Nasrallah. “È inaccettabile – ha affermato Tillerson – che una milizia come Hezbollah operi al di fuori del governo libanese. L’unico legittimo difensore dello stato libanese sono le Forze Armate libanesi”.

Nelle ore di permanenza in Libano, l’ex numero uno della Exxon ha voluto approfondire anche il dossier energetico, in particolare il contenzioso tra Israele e Libano concernente la giurisdizione su un braccio di mare che per il Libano ricade nella sua Zona economica esclusiva, e che Israele invece rivendica per sé. Fonti ministeriali hanno riferito al quotidiano libanese Daily Star che Tillerson ha presentato un’ipotesi americana per la soluzione della disputa, dal nome “Hoff Line” e che – secondo tale indiscrezione – consisterebbe nella mediazione di concedere un’area pari a circa a 310 km a favore di Israele, che ne ricaverebbe il diritto allo sfruttamento alle risorse energetiche di pertinenza.

Di gas Tillerson ha parlato anche con Nabih Berri, speaker del Parlamento e leader del movimento sciita Amal, che ha posto all’attenzione del Segretario di Stato il tavolo di confronto tra autorità israeliane e libanesi a Naqoura, nel sud del Libano, che gode della mediazione delle Nazioni Unite. Berri ha infine chiesto al suo interlocutore di recedere dalle intenzioni di tagliare i fondi all’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati palestinesi, che in Libano sono centinaia di migliaia. Difficile immaginare che questa richiesta possa trovare, almeno per ora, accoglienza a Washington.

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