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Una generazione senza prove

Pubblicato il 08/03/2021 - Il Piccolo

Anche quest’anno, a causa del Covid, gli alunni dell’ultimo anno delle scuole secondarie di secondo grado concluderanno il loro ciclo scolastico con un esame di maturità semplificato. Le regole sono più o meno quelle dell’anno scorso: maxi-orale (in presenza), senza tema d’italiano né seconda prova scritta sostituita da un elaborato sulle materie d’indirizzo assegnato dal Consiglio di classe. L’unico cambiamento è che non vi sarà un’ammissione generalizzata, ma viene ripristinata un’ammissione sulla base del giudizio del Consiglio di classe. Per il secondo anno consecutivo, dunque, viene replicato uno schema che depaupera l’esame di maturità in nome dell’emergenza sanitaria. La domanda a questo punto sorge spontanea: come affronterà i successivi passaggi della vita questa “generazione senza prove”? Privati sostanzialmente della tensione del confronto finale, questi giovani potrebbero essere più fragili di fronte alle sfide della vita che li attendono? È certamente vero che questi due anni di scuola a intermittenza non hanno consentito agli studenti di consolidare le conoscenze acquisite quando le lezioni in presenza erano ancora possibili. A questa carenza, come è noto, ha tentato di supplire la DAD, la quale però presenta alcuni deficit strutturali. In primo luogo alcuni studenti non hanno retto al cambio dell’ambiente didattico e al transito forzato delle attività in un ambiente domestico non sempre ottimale; a ciò si aggiunge il noto problema del digital divide che penalizza coloro i quali abitano in zone mal coperte dalla rete internet. Questi ostacoli avranno certamente influito nel rendimento scolastico di una parte non irrilevante degli studenti, con una erosione dei saperi che rischia di far avvertire il proprio peso qualunque sia la loro scelta successiva, o prosecuzione degli studi o mondo del lavoro. Ma ancor prima di rilevare questi gap formativi, c’è una dimensione psicologica che non va sottaciuta. Condividendo la pandemia e le connesse restrizioni con il resto della società, questa leva di giovani ha affrontato – e in gran parte superato – i medesimi stress test delle generazioni adulte. Non diversamente da queste ultime, la scomparsa o rarefazione dei contatti ha collocato tutti in una bolla in cui è forte il rischio di perdere il senso dell’orientamento. Il venir meno delle interazioni, degli scambi e dei riti in presenza ha privato i maturandi dell’ambiente naturale in cui sviluppare le ultime fasi della loro crescita. Ma anche se non dovranno passare attraverso le forche caudine di un esame di maturità completo, è un dato di fatto che i ragazzi si siano già misurati con una prova quanto mai difficile, quella della convivenza con il virus, con tutte le sue difficoltà e impedimenti. Si può dunque essere fiduciosi che, quando verrà il momento affrontare le nuove sfide della vita, i nostri diciottenni potranno vantare una resilienza che, come ha permesso loro di rimanere in piedi in questo periodo, non mancherà di sostenerli nel futuro.

 

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