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Come saranno i nuovi aiuti economici approvati dal Congresso Usa

Pubblicato il 24/04/2020 - Start Magazine

Che cosa prevede e a quanto ammonta il nuovo pacchetto di aiuti economici anti Covid-19 approvato dal Congresso Usa. Il punto di Marco Orioles

Per la terza volta in un mese, il Congresso Usa vara con il definitivo voto bipartisan di ieri della Camera (388 sì contro appena 5 no) un pacchetto di aiuti economici per la lotta al Covid-19 che agli oltre 2 trilioni di dollari già stanziati – e quasi interamente prosciugati a causa del fiume di richieste di cittadini e imprenditori in bolletta – aggiunge una nuova torta di quasi mezzo trilione di dollari.

Ma la stessa decisione dei legislatori di definire “interlocutoria” la legge approvata ieri, e i dissidi tra parlamentari sulla wish list dei partiti (soprattutto quello democratico) per la quale non sono arrivati i voti necessari, lasciano capire che il governo federale non ha ancora finito i suoi interventi a beneficio di un’economia e di lavoratori stremati dal virus.

Quello di ieri, in ogni caso, è stato interpretato da tutti come un buon compromesso tra i leader delle delegazioni di governo e parlamento consultatisi a tamburo battente per due intere settimane.

Affiancati dai principali esponenti dei rispettivi partiti,  sono stati in particolare la Speaker Dem della Camera Nancy Pelosi e il Segretario al Tesoro Steven Mnuchin i protagonisti di un negoziato la cui base di partenza era una richiesta precisa di Donald Trump: rifinanziare il cosiddetto “Paycheck Protection Program”, il programma approvato nel pacchetto del mese scorso con il quale si mettevano a disposizione di piccole e medie imprese prestiti federali per un ammontare di 349 miliardi di dollari (soldi esauriti però in appena due settimane causa eccesso di domande, che sono state 1,7 milioni).

Se questa era la missione di The Donald, è più che compiuta: grazie al pressing dei suoi parlamentari e a chissà quali e quanti spinte da parte di lobbisti di ogni genere, a disposizione dei piccoli imprenditori d’America ci saranno ora non i 250 miliardi di dollari originariamente richiesti, ma 321 miliardi.

Anche una tale montagna di danaro però, osserva la CNN, potrebbe non bastare per venire incontro al cumulo di richieste giacenti e a quelle che arriveranno, e c’è già chi stima che i nuovi fondi potrebbero esaurirsi in appena dieci giorni.

La Casa Bianca, in ogni caso, ha dimostrato di saper mantenere la parola, anche se non senza pagare un prezzo ai rivali democratici, che hanno preteso quale controparte l’approvazione di provvedimenti a loro cari.

Ecco sbucare così 100 miliardi di dollari per ospedali e strutture sanitarie, di cui 75 per coprire le spese correlate alla lotta al Covid-19 e compensare i mancati introiti da prestazioni sospese causa emergenza, e 25 dedicati espressamente all’avvio di un programma di massa di test per il Coronavirus.

Ma sull’occhiello Dem si appuntano soprattutto i 60 miliardi di dollari destinati alle banche più piccole e alla rete di banche locali di sviluppo che sorgono in aree rurali ed extraurbane e sono trattate di norma come la Cenerentola del sistema. Di questi, 30 miliardi saranno destinati ai prestiti erogati dalle istituzioni bancarie che hanno asset compresi tra 10 e 50 miliardi, e gli altri trenta a quelle che dispongono di meno di 10 miliardi.

E non dev’essere mancata la soddisfazione in casa dell’Asinello per l’approvazione di un ulteriore pacchetto da 60 miliardi di dollari destinati a prestiti e fidi da erogare sempre alle piccole imprese tramite il programma per i disastri del governo.

Ma ogni compromesso ha un prezzo, che per i Dem si è palesato sotto la forma del mancato varo di qualsiasi forma di sostegno economico agli Stati e ai governi locali che patiscono fortemente, oltre che le spese per l’emergenza, l’ammanco dei tributi locali dovuto alla chiusura delle attività economiche. Per loro le opposizioni avevano chiesto la stessa cifra erogata nel pacchetto del mese scorso: 150 miliardi.

I seguaci di Pelosi hanno dovuto ingoiare inoltre il no dei loro colleghi repubblicani all’aumento richiesto del 15% del valore dei buoni spesa destinati ai lavoratori sottoccupati o indigenti. Nessuno scatto dunque per i circa 37 milioni di buoni distribuiti ogni mese dal governo nonostante sia unanime la previsione di un’imminente impennata delle richieste.

Grande è stata la gioia del presidente nell’annunciare che il Congresso ha detto sì ad un pacchetto di aiuti da lui fortemente desiderato e che arriva, ha sottolineato, “nel momento in cui moltissimi americani stanno sopportando gravose sfide economiche”.

Ma molto secondo lui dovrà essere ancora fatto, come dimostra il suo tweet di martedì’ in cui ha dettagliato le ulteriori misure a suo dire necessarie:

 

Visti gli equilibri parlamentari, la realizzazione dei desideri di The Donald dipenderà anche in questo caso dalla sua capacità di siglare un “deal” con gli esponenti del partito avversario, gli stessi cioè che stanno ora strombazzando – si segnala a tal proposito l’auspicio del leader Dem al Senato Chuck Schumer di un “grande, ampio e forte COVID 4” –  la necessità di ulteriori azioni (anche se non certo a favore delle categorie sociali corteggiate dai trumpiani).

Nel libro dei sogni di Pelosi e di Richard Neal, suo alleato alla Commissione Ways and Means, ci sono ad esempio assegni più generosi per i cittadini, benefit più robusti per i disoccupati che perderanno il lavoro nei prossimi mesi, e interventi a beneficio di chi ha perso oltre al lavoro anche la copertura sanitaria.

Questi auspici dovranno tuttavia misurarsi con il monito del leader repubblicano al Senato, Mitch McConnell, che dopo essersi fatto due conti e aver valutato in circa 2,8 trilioni i finanziamenti pubblici erogati dall’inizio della crisi ha intravisto all’orizzonte una montagna altrettanto massiccia quanto odiosa: quella del debito.

Del resto non è lui, ma un’istituzione bipartisan come il Congressional Budget Office, a segnalare che il deficit quest’anno è destinato a sfondare la cifra record di 3 trilioni di dollari.

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