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Concepito in Sicilia, nato in Friuli…

L’autodefinizione che mi diedi in tenera età – siamo nei primi anni ’70, e essere terroni a quel tempo era tutto fuorché un privilegio – è valida anche oggi perché compendia egregiamente il mio essere. Quello di un uomo che si è trovato a vivere sospeso tra Mitteleuropa e Mediterraneo, Occidente ed Oriente, sociologia e giornalismo, destra e sinistra, diritti e doveri, Eros e Thanatos e via discorrendo. Uno, nessuno e centomila, come scrisse quel mio conterraneo: eterno inquieto, e avido di risposte agli interrogativi che mi assalgono da sempre. O almeno dal momento in cui, attraverso i racconti paterni, scoprii i miti dell’Odissea e la tempesta che agita la vita e la mente del suo eroe eponimo.

Marco Orioles rappresenta a teatro il suo monologo “Io ero Charlie”, 7/1/2016

Fu anche per questi antichi richiami che la formazione universitaria (Alma Mater di Urbino) e post-laurea (Cnr polo di Salerno e Università di Udine) in sociologia mi fece approdare naturalmente allo studio delle migrazioni. Un campo che ho arato con ricerche e opere come “I rom in Friuli”,  primo mio scritto a transitare nella galassia Gutenberg nel 1995; la mia prima monografia, “Sedia a 44 gambe” , redatta a cavallo dei due secoli ma pubblicata nel 2002; i capitoli su comunità islamiche, cattoliche e orientali del volume “Immigrati e religioni”; il saggio “Noi crediamo: la fede degli immigrati”;  i due libri  – “La seconda generazione di migranti” ed “E dei figli, che ne facciamo?” – dedicati alla questione sempre più attuale dei figli degli stranieri, della loro travagliata identità e delle loro peculiari condizioni sociali; un percorso che culmina con l mio ultimo lavoro sulla storia e l’odierna realtà della presenza straniera nella città di Udine: Il mio vicino è bangla. Tutto quello che c’è da sapere sull’immigrazione a Udine.

In questi lunghi anni, ovviamente, mi sono occupato e ho scritto anche di altro. Dal mondo dei vecchi e nuovi media alla globalizzazione, dalle dipendenze al giornalismo, dal terrorismo jihadista al turismo, la mia voglia di esplorare è insaziabile. Ho persino condotto un’indagine sull’umorismo sgorgato nel mondo reale e virtuale dopo gli attentati alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001. Ma, per non farmi mancare niente, mi sono cimentato anche in un monologo teatrale, “Io ero Charlie”, in cui ho fatto tornare in vita Stéphane Charbonnier, il direttore della rivista satirica Charlie Hebdo perito nell’attentato jihadista del 7 gennaio 2015, perché spiegasse attraverso la mia voce il motivo per cui è stato ucciso nel cuore di Parigi. Di questo stesso episodio avevo parlato, con toni differenti ma mantenendo il punto, nel saggio “L’odio e la matita”. L’ ultimo libro che ho pubblicato prima che scoppiasse la pandemia da Covid-19  ha un titolo in prestito: “La terza guerra mondiale a pezzi”.

Marco Orioles a Belluno alla conferenza “Al crocevia spirituale tra cristianesimo, ebraismo e islam”, 18/10/’14

Ma sono anche e ormai soprattutto un giornalista attivo 24/7  per Il Piccolo, il Messaggero Veneto. e Start Magazine. Una passione incontenibile cominciata in una radio di partito a 15 anni e proseguita sulle reti commerciali, fino al più recente passaggio alla stampa, dove vanto trascorsi a Formiche, Policy Maker,  Energia Oltre, Il Friuli, Sole 24Ore, Italia Oggi, Lettera 43, Articolo 21, Vita Cattolica, Il Sussidiario.net. I miei articoli possono essere letti in questo sito che è stato concepito anche come archivio dei miei scritti.

Chi mi segue su internet e nei social sa come la mia routine mi veda quotidianamente alle prese con tragedie come la guerra in Ucraina e con personaggi come Donald Trump, Kim Jong-un, Vladimir Putin o Xi Jinping. Ma i lettori dei giornali tradizionali, quelli di carta, sanno che non trascuro affatto la politica nazionale, dove – nel mio piccolo – ho fatto sentire la mia voce contro certe bravate di Matteo Salvini, dell’altro Matteo, della sua ex n. 2 Debora Serracchiani e di altri esponenti del nostro non eccelso ceto politico. E non rifuggo affatto dal punzecchiare il notabilato locale (citofonare Massimiliano Fedriga, Pietro Fontanini, Anna Maria Cisint).

Racconto gli scontri che si verificano nel mondo. Compenso favorendo gli incontri…
Marco Orioles nella moschea di via della Rosta a Udine durante l’Aperitivo dadaista in Borgo Stazione, 19/10/2019

Giacché avete capito che sono tutto tranne che qualcuno rinchiuso nella sua torre d’avorio, sappiate che mi calza a pennello l’etichetta datami da un amico: un jihadista dell’integrazione. Risiedo e sguazzo, infatti, nel presunto ghetto degli immigrati della mia città, il famigerato Borgo Stazione. Un quartiere che amo a tal punto da averci dedicato nell’anno 2007 un blog purtroppo oggi non più on line, “www.casbahudine.org“, e un canale YouTube che invece esiste ancora con tutti i suoi video. Il successivo libro “La casbah di Udine” contiene il succo di quell’esperienza, nel quale ci fu spazio persino per uno scandalo internazionale generato dalle immagini girate da uno Orioles YouTuber ante litteram

È la storia delle strette di mano “proibite” e femminili dell’ex presidente iraniano Mohammad Khatami a Udine., ossia dello scivolone dell’ex leader di un paese dove i contatti tra uomini e donne non imparentati sono proibiti. Se non avete pazienza di leggere il mio libro resoconto “Khatami in Italia. Dialogo con stretta di mano”, sappiate che del video incriminante ne hanno parlato tutti, dal Tg1 al New York Times al Guardian. E che, come capita sempre quando si ha a che fare con la Repubblica Islamica, chi lo girò fu accusato dal principale quotidiano di Teheran, Kayhan, di essere un agente della CIA. Nel mio sito web trovate l’unica rassegna stampa del caso Khatami del mondo: approfittatene.

E siccome i veri amori non muoiono mai, ecco che Borgo Stazione è diventato il cuore del mio primo documentario, Borgo Stazione: il mondo in quattro strade, che è stato diffuso a puntate sul sito del Messaggero Veneto nel dicembre 2019. Ma il quartiere è stato anche il palcoscenico dell’iniziativa che ho lanciato insieme all’artista Rocco Burtone: si chiama Aperitivo dadaista in Borgo Stazione e per cinque edizioni consecutive, tra settembre ’19 e febbraio ’20, ha attirato centinaia di udinesi proprio nel ghetto della mia città. Esperienza ripetuta dopo la pausa forzosa causa Covid con cinque appuntamenti nel maggio 2022 sul marciapiede di via Roma. Se volete saperne di più, cominciate dall’articolo che ci ha dedicato Il Fatto Quotidiano e dai video che ho realizzato e che documentano le varie edizioni della kermesse: li potete trovare nel mio canale YouTube.

 

La mia recente attività di videomaker indipendente mi ha portato a pubblicare e diffondere, su testate come Il Messaggero Veneto o emittenti come Telefriuli, una serie di servizi video su svariati temi di attualità quali, tra gli altri, la commemorazione dei caduti del Commonwealth e della Brigata ebraica nell’ambito delle celebrazioni del 25 aprile a Udine, il primo raduno dei rifugiati e residenti ucraini nella città di Udine, l’inaugurazione della nuova sede della terza moschea udinese, la festa di fine Ramadan.  Segnalo anche due miei documentari: “Lockdown. Voci e immagini di una città chiusa per virus”  che mostra l’agonia della mia città nei cupi giorni delle chiusure durante la prima fase dell’emergenza coronavirus, e “Udine bellissima“, il lavoro realizzato in collaborazione con l’architetto Amerigo Cherici, nel quale si ripercorre, nell’ambito di una passeggiata nel centro storico udinese, la storia dello sviluppo urbanistico e architettonico del capoluogo friulano.

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