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Ecco le ultime provocazioni della Corea del Nord tra verità e bugie

Pubblicato il 22/09/2017 - Formiche

A quarantott’ore dal discorso alle Nazioni Unite con cui Donald J. Trump ha promesso di “distruggere totalmente” la Corea del Nord in caso di attacco agli Usa o agli alleati asiatici, arriva puntuale la replica di Pyongyang. Ad esprimersi, stavolta, è direttamente il leader Kim Jong-un, che affida all’agenzia ufficiale KCNA parole affilatissime, con cui insulta il presidente Usa ed annuncia immediate contromisure. Che vengono specificate dal ministro degli Esteri del Nord, Ri Yong Ho, che prospetta un imminente test nel Pacifico di una bomba all’idrogeno. Che sarebbe il primo, dal 1996, ad essere effettuato al di fuori dei siti sotterranei in cui Pyongyang ha sperimentato i suoi ordigni, e potrebbe rappresentare una provocazione in grado di far scattare le “opzioni militari” che i generali di Trump stanno valutando da quando è cominciata l’escalation.

Con linguaggio a dir poco colorito, Kim Jong-un si rivolge direttamente a Donald Trump. E lo bolla come un “bandito”, “vecchio rimbambito”, “cane rabbioso”, “gangster”. E minaccia: “Lo domerò con il fuoco”. “Infatti, precisa il Maresciallo, “l’azione è la risposta migliore per questo vecchio che è pure tardo di udito”. E aggiunge: “Ora che Trump ha insultato me e il mio Paese davanti al mondo e ha fatto la più feroce dichiarazione di guerra della storia sostenendo che distruggerebbe la DPRK” (acronimo della Repubblica popolare democratica di Corea), “prenderemo in considerazione seriamente di prendere delle contromisure corrispondenti e di una durezza al più alto livello della storia”.

Di quali contromisure possa trattarsi lo specifica il numero uno della diplomazia del Nord Ri Yong Ho, anche lui presente all’Assemblea Generale Onu, in una dichiarazione resa ai reporter della tv del Sud: “Stiamo pensando di fare esplodere una bomba all’idrogeno nel Pacifico”. Anche Ri, sintonizzandosi con le parole del suo capo, ha definito Trump “un cane che abbaia”.

La nuova provocazione della Corea del Nord è probabile ma non è certo che sia imminente, precisa a Bloomberg Tanhk Min-jea, docente di scienze missilistiche all’Advanced Institute of Science & Technology della Corea del Sud. “Se non è possibile ora”, spiega, “potrebbe esserlo certamente entro pochi mesi o un anno. La Corea del Nord fino ad ora ha mostrato che le sue dichiarazioni sono fondate”. Se il Nord effettuasse effettivamente il test di una bomba all’idrogeno nell’Oceano Pacifico, si materializzerebbe lo spettro paventato da tutti gli analisti, ossia la capacità di Pyongyang di padroneggiare la tecnologia di miniaturizzazione di un ordigno nucleare in grado di essere montato su un missile intercontinentale. Un’evoluzione che renderebbe di fatto inattaccabile la Nord Corea, e potrebbe sparigliare le carte della strategia americana e, come temono alcuni in Asia, creare le condizioni per un disimpegno dell’America sul quadrante orientale. Perché è difficile, è la previsione apocalittica degli scettici, che gli Usa vogliano rischiare un attacco nucleare sul proprio territorio per difendere Tokyo o Seul da un’aggressione di Pyongyang.

La crisi nel Pacifico sembra dunque arrivata al punto di non ritorno, aprendo scenari inquietanti e ben presenti nella mente dell’ex presidente Obama. Il quale, alla vigilia dell’insediamento del suo successore, gli avrebbe confidato come la Corea del Nord sarebbe stata la più grave emergenza del suo mandato. Negli ultimi mesi in effetti Pyongyang ha accelerato con velocità impressionante il ritmo del suo programma nucleare e missilistico, effettuando una serie di lanci di vettori a medio e lungo raggio – due dei quali nell’ultimo mese hanno sorvolato il territorio giapponese – e il suo sesto test nucleare, condotto il 3 settembre.

Dinanzi al guanto di sfida di Kim, gli Stati Uniti hanno reagito alzando i toni e mobilitando la comunità internazionale. Tra agosto e settembre il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha varato all’unanimità due tornate di sanzioni punitive nei confronti del regime, l’ultimo dei quali ha preso di mira le esportazioni tessili – settore vitale per l’esangue economia del Nord – e gli approvvigionamenti energetici. Le reazioni di queste ore di Pyongyang segnalano come le manovre americane, che hanno convinto persino Pechino e Mosca ad approvare le sanzioni, abbiano causato profondo malumore nella dirigenza nordocoreana. Non a caso, nel comunicato KCNA che riferiva le parole incendiarie di Kim, si prende di mira il quotidiano cinese Global Times, portavoce ufficioso del governo cinese, denunciando come Pechino stia “apertamente interferendo negli affari interni di un altro paese”.

La via scelta dall’America e dalle altre grandi potenze, l’embargo, è d’altra parte l’unica possibile, visto che un’eventuale intervento militare, chirurgico o in grande stile, avrebbe conseguenze devastanti. Gli Stati Uniti hanno deciso che strangolare l’economia di Pyongyang è la via maestra per ottenere il risultato sperato, la riapertura del negoziato con il Nord e la conseguente denuclearizzazione della penisola coreana. Ieri il presidente Trump ha effettuato un nuovo giro di vite, firmando un ordine esecutivo che vara nuove sanzioni contro soggetti, aziende e banche della Corea del Nord. The Donald ha anche espresso soddisfazione per l’allineamento cinese, probabile riferimento alla dichiarazione dell’11 settembre della Banca centrale di Pechino che annunciava istruzioni alle banche e agli istituti finanziari del paese affinché sospendano i conti soggetti a sanzioni Onu.

Messa nell’angolo, la Corea del Nord potrebbe essere capace però di un colpo di coda. Il lancio di un missile intercontinentale con testata atomica è la mossa prevedibile e più temuta. Perché, oltre a confermare le capacità offensive dello stato canaglia, potrebbe causare una pronta replica da parte degli Stati Uniti, stavolta con misure militari che non è escluso possano innescare uno scontro totale con il Nord. Il cui prezzo sarebbe pagato in primo luogo dai venticinque milioni di abitanti di Seul che vivono a cinquanta miglia dal 38mo parallelo, a portata delle micidiali batterie di Pyongyang, che potrebbero scaricare sulla capitale del Sud armi chimiche e batteriologiche. Scenari da incubo.

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