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Perché l’Italia ha fatto bene a non intervenire. L’opinione del generale Arpino

Pubblicato il 14/04/2018 - Formiche

Lo strike di stanotte in Siria, condotto da Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna, è stato un atto velleitario, privo di benefici e strategicamente vacuo. È l’opinione del generale Mario Arpino, già capo di Stato Maggiore della Difesa, che in questa conversazione con Formiche.net ci spiega i motivi del suo disaccordo con la decisione delle tre potenze.

Uno strike isolato, per quanto militarmente ineccepibile, non può cambiare una situazione strategica che oramai ha preso da anni una certa direzione, spiega Arpino. La Siria si sta stabilizzando grazie agli interventi coordinati di Russia, Iran e Turchia, che stanno gestendo il conflitto a modo loro e perseguendo i propri interessi. Tentare di modificare questa situazione con un atto per lo più simbolico è indice di una certa ingenuità o, come dice Arpino, dell’irruenza di un Trump abituato a gestire gli affari della Casa Bianca come se fosse ancora alla Trump Tower. A ciò si aggiungono le chimere delle “mosche cocchiere” europee che peraltro non rappresentano l’Europa perché la gran parte del continente era contrario allo strike.

Generale Arpino, stanotte c’è stato lo strike promesso e atteso in Siria. Dal punto di vista dei profili di legittimità come considera l’intervento americano, francese e britannico?

Se vogliamo parlare di legittimità bisogna vedere cosa si intende. Siccome negli ultimi tempi è legittimo tutto quel che dice l’Onu, tutto il resto invece non lo è, allora l’intervento non era legittimo perché l’Onu non si era espresso e la Siria è uno stato sovrano. Mi sembra si sia trattato del frutto della volontà degli Stati Uniti e delle mosche cocchiere europee. Pure velleità. Il problema fondamentale è che non si vuole prendere atto che la situazione in Medio Oriente è cambiata da almeno tre anni. È un cambiamento che Mosca e Teheran hanno promosso e incoraggiato, ma ci sono altre responsabilità. Il primo fu Obama. Non dimentichiamoci che la prima missione della Clinton quale segretaria di Stato di Obama fu nel lontano Oriente e non nel vicino, e che allora si parlava del pivot to Asia degli Stati Uniti. Trump poi ha proseguito questa strada con le sue piccole e grandi irrazionalità. Pochi giorni fa si era espresso con l’intendimento di andarsene dalla Siria, ora cambia idea. Siamo ai personalismi. Pura espressione di nazionalismo americano, francese e inglese. C’è una sorta di cinismo nazionalista per accontentare le opinioni pubbliche interne. Non vedo alcun giovamento per la comunità internazionale, né vedo alcuna strategia, che non si fa con atti dimostrativi.

Quali e quanti mezzi sono stati utilizzati nello strike?

Posso solo presumere che le basi europee non sono state coinvolte perché non era necessario. Sono stati usati missili navali e c’è stata la partecipazione simbolica francese e inglese con i loro velivoli stanziati a Cipro. Saranno stati usati poi diversi sommergibili, sia americani, che francesi che britannici.

Da un punto di vista militare, il ruolo di Francia e Gran Bretagna è stato solo simbolico o la loro partecipazione è stata determinante?

È stato simbolico e per di più non rappresentativo dell’Europa, visto che la Gran Bretagna è fuori. La Francia non rappresenta almeno in questo l’Europa perché tre quarti di Europa, inclusa l’Italia, non è favorevole a quanto è successo.

Si parla incessantemente di uno strike isolato, un atto unico, perché si temevano le eventuali rappresaglie russe e iraniane. Ma chi ci garantisce che queste rappresaglie non ci saranno lo stesso?

Questo è un altro motivo per cui questa azione è stata inutile e controproducente. È stato un regalo fatto ad Assad che è saldamente in sella col sostegno che ha. Un regalo alla Russia che ha potuto mostrare sangue freddo. Non sono trenta o sessanta missili che possono cambiare una situazione strategica che ormai è in evoluzione da una decina d’anni.

Cosa succederà ora?

Nulla di serio, secondo me non cambierà nulla. Diciamo che Putin sta acquisendo un certo prestigio internazionale, probabilmente immeritato. Trump è capriccioso, perché è abituato a trattare le cose come se fosse ancora un imprenditore, dove si usa la voce grossa per fare affari. Sia Putin che Trump sono a loro modo dei demagoghi.

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