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Super Tuesday, quanto spendono e spandono in pubblicità i candidati Democratici

Pubblicato il 03/03/2020 - Start Magazine

Fatti, nomi, numeri e curiosità sul Super Tuesday nell’articolo di Marco Orioles

Oggi negli Usa è il giorno X.

Si chiama da tempo Super Tuesday ed è il momento in cui il Partito Democratico celebra le primarie in 14 Stati chiamati a decidere chi, il prossimo novembre, sfiderà Donald Trump alle urne.

La sfida, e i suoi protagonisti, sono stati così colti dal docente di Studi Strategici alla Luiss e consulente scientifico della rivista Limes, Germano Dottori, in un tweet che ci indica chi e cosa dobbiamo seguire nella notte americana mentre gli scrutatori contano le schede.

Tramontata quella che Massimo Martinelli ha definito in queste colonne la “nuova stella” Dem, il sindaco Pete Buttigieg, ritiratosi dalla corsa dopo i deludenti risultati delle primarie di due giorni fa, il campo dei papabili sembra dunque restringersi alle due opzioni centriste additate da Dottori.

Fattore “S” a parte – “S” come Sanders al secolo Bernie, il candidato socialista che piace a mezza America ma fa anche rabbrividire l’altra metà (e ovviamente anche l’Economist) – per sapere chi, tra l’ex sindaco multimiliardario di New York e il già n. 2 di Barack Obama, si aggiudicherà le primarie di oggi, avvantaggiandosi in vista della ambita nomination, abbiamo una pista da seguire.

La potremmo chiamare, sfumatura giudiziaria a parte, “Follow the Money”. La massima si attaglia bene, infatti, anche al profilo di una campagna elettorale in cui i dollari scorrono a fiumi come mai era accaduto nella storia degli Usa.

Secondo i dati di Advertising Analytics, gli investimenti in spot elettorali fatti dai candidati Dem in ogni forma e canale hanno già sfondato infatti il primo tetto simbolico del miliardo di dollari – metà dei quali erogati dai soli conti correnti del fondatore dell’omonima testata finanziaria di New York.

Come osserva l’insider Mike Allen di Axios nella sua newsletter quotidiana del mattino dello scorso 28 febbraio, si tratta di un record assoluto, ossia la somma più alta mai spesa in pubblicità già in queste fasi preliminari della battaglia per la nomination che, ricordiamo, prevede numerosi altri step e culminerà con la convention estiva del Partito in cui sarà ufficialmente incoronato lo sfidante di Trump.

Un record che non sarà l’unico per una campagna elettorale che, è la previsione Axios, si dovrebbe concludere con un bilancio pubblicitario complessivo di ben 10 miliardi di dollari, un terzo dei quali scuciti dai soli candidati alla Casa Bianca – con gli altri due terzi che scaturiranno invece dai fondi degli aspiranti deputati e senatori, visto che a novembre si vota anche per il rinnovo totale del Congresso e di un terzo del Camera alta.

E chi altri dovranno ringraziare gli editori di giornali, tv, radio e piattaforme social assortite, se non Bloomberg e, con lui, l’intero, affollato e agguerritissimo campo democratico che sta commissionando loro spot e altre forme di pubblicità con un’intensità più di nove volte superiore agli investimenti fatti in parallelo dai rivali repubblicani?

Le cifre in valore assoluto rendono meglio l’idea: il bilancio è di 969 milioni di dollari in “ads” acquistate dai seguaci dell’Asinello contro gli appena 67,9 milioni spesi dai candidati dell’Elefantino.

E da chi viene la gran parte di cotanta magnificenza, se non dalle casse di un papabile come Bloomberg che ha investito finora in spot la cifra mai vista – per citare i dati di Ad Analytics richiamati da Axios – di 538 milioni di dollari, la metà circa dei quali (247 milioni) destinati, in un altro record assoluto, ai soli 14 Stati che vanno al voto oggi (nei quali infatti, durante le elezioni di quattro anni fa, furono acquistati e trasmessi spot per appena 30 milioni)?

Una montagna di dollari, dunque, che fa impallidire anche i cocuzzoli degli altri candidati che, con l’eccezione del miliardario e outsider Tom Steyer (186 milioni di dollari in spot già spesi), hanno investito sinora in pubblicità una somma all’incirca dieci volte inferiore, ossia meno di cinquanta milioni a testa.

Non resta dunque che sintonizzarsi stanotte sulle frequenze americane, acquisire i risultati della sfida del Super Tuesday e capire se quell’adagio – Follow the Money – sia o no tutto quel che c’è da sapere sulla sfida multimilionaria per la poltrona più potente del mondo.

Bloomberg MIchaelStart MagazineUsaUsa
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