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Una spia diplomatica. Pompeo e quel viaggio in Corea del Nord

Pubblicato il 18/04/2018 - Formiche

polin una notizia confermata da fonti del governo Usa nonché dal presidente Usa in persona.

Si tratta della terza volta nella storia recente che esponenti dei due governi si incontrano di persona. Nel 2000 fu il Segretario di Stato Madeleine Albright a visitare Pyongyang, dove ebbe l’opportunità di discutere di questioni strategiche con il padre dell’attuale leader nordcoreano, Kim Jong-il. Più recentemente, nel 2014, fu il turno di James Clapper, in qualità di direttore della National Intelligence, a fare il lungo viaggio per assicurarsi il rilascio di due detenuti americani e incontrare un funzionario dell’intelligence.

La notizia del viaggio di Pompeo conferma l’esistenza di un canale aperto tra Stati Uniti e Nord Corea, usato dai due paesi per gestire i dettagli del summit tra Trump e Kim. Un summit che è stato annunciato a sorpresa il mese scorso dal presidente americano dopo aver incontrato rappresentanti del governo della Corea del Sud, che erano andati a Washington dopo essere passati per la Corea del Nord per riferirgli l’intenzione di Kim di incontrare Trump e verificare con lui la possibile denuclearizzazione della penisola.

Fonti di stampa confermano che a discutere, in questi giorni, sono le intelligence dei due paesi, in particolare la Cia per gli americani e il Reconaissance General Bureau per la Corea del Nord. Pompeo infatti si è fatto accompagnare nel regno eremita dai colleghi della Cia e non c’erano funzionari del Dipartimento di Stato o di altri rami del governo. A oliare la comunicazione tra le due intelligence ci sta pensando inoltre il direttore del National Intelligence Service della Corea del Sud, Suh Hoon, che ha avuto un ruolo nei colloqui preliminari tra Corea del Nord e del Sud che hanno condotto all’invito per Trump.

Pompeo sembra aver preso molto sul serio questo suo ruolo e credere nella possibilità di un qualche tipo di accordo tra Corea del Nord e Stati Uniti. Come ha dichiarato durante l’udienza di conferma della sua nomina alla Commissione Affari Esteri del Senato, Pompeo si dice “ottimista che il governo degli Stati Uniti possa creare le condizioni appropriate così che il presidente e il leader della Corea del Nord possano avere quella conversazione che ci porterà lungo il corso di avere un risultato diplomatico di cui l’America e il mondo intero hanno disperatamente bisogno”.

Un funzionario dell’amministrazione che è al corrente degli scambi tra Pompeo e Kim Jong-un ha detto alla Cnn che il Maresciallo si è mostrato “molto preparato” per il summit con Trump, ma che rimane un problema da risolvere: la location. Sono in corso intense discussioni per stabilire il luogo giusto in cui far incontrare i due leader. Parlando martedì ai reporter, Trump ha detto che le opzioni che si stanno valutando sono cinque, ma non ha fornito ulteriori delucidazioni. Funzionari dell’amministrazione nelle scorse settimane sono stati più precisi sulle ipotesi in discussione: la capitale della Mongolia, Ulan Bator; la zona demilitarizzata tra Corea del Nord e del Sud; una capitale europea neutrale come Stoccolma o Ginevra; un isola come Jeju; la capitale della Corea del Sud, Seul; o, infine, la capitale del Nord, Pyongyang.

Mentre era impegnato in un summit con il primo ministro giapponese Shinzo Abe, ieri Trump ha confermato indirettamente la notizia del viaggio di Pompeo dicendo che vi sono in questo momento contatti ad “altissimo livello” tra il suo paese e la Corea del Nord. Il capo della Casa Bianca si è inoltre intestato i meriti degli sviluppi diplomatici di questo inizio 2018, dicendo che “senza di noi, e senza di me in particolare, (Corea del Nord e del Sud) non starebbero discutendo di nulla e le Olimpiadi invernali sarebbero state un fallimento”. Il tycoon ha speso anche qualche buona parola nei confronti della Corea del Nord, sottolineando che crede che “ci sia molta buona volontà” da parte loro e che tra i due paesi, che fino a qualche mese fa erano ai ferri corti, esiste ormai “rispetto” reciproco.

Trump ieri ha anche dato la sua personale “benedizione” ai colloqui al vertice tra Corea del Sud e del Nord previsti per il prossimo 27 aprile, quando il presidente della Corea del Sud Moon Jae-in varcherà il confine per andare ad incontrare Kim. “Hanno la mia benedizione per discutere la fine della guerra”, ha spiegato Trump, sottolineando che la gente “non si rende conto che la guerra di Corea non è finita. Sta andando avanti ancora adesso. E stanno discutendo di finire la guerra. Se saranno seri nel voler trovare un accordo, hanno la mia benedizione”.

C’è cauto ottimismo, insomma, negli Stati Uniti sulle prospettive dell’incipiente dialogo con la Corea del Nord. “Abbiamo una grande chance”, ha detto Trump, “di risolvere un problema mondiale. Questo non è un problema degli Stati Uniti. Non è un problema per il Giappone o per qualche altro paese. Questo è un problema per il mondo”. Poco dopo tuttavia il presidente ha aggiunto che è “possibile che le cose non vadano bene e che non ci sarà alcun incontro, e procederemo lungo il duro percorso che abbiamo intrapreso”.

Se le cose andranno in una direzione o nell’altra, parte del merito o dell’eventuale demerito potrà essere intestato a Mike Pompeo e alla CIA.

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