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Intervista sulla droga al Procuratore della Repubblica di Udine Antonio De Nicolo

Pubblicato il 26/01/2020 - Messaggero Veneto

L’intervista di Marco Orioles al capo della Procura sulle dinamiche e i nuovi protagonisti del mercato delle sostanze stupefacenti a Udine

Nel Paese delle emergenze continue e di quelle perenni che è l’Italia, ve ne è una particolarmente grave e purtroppo sottaciuta. Stiamo parlando delle droghe, ossia di un fenomeno – i traffici, la diffusione e il consumo delle sostanze stupefacenti – i cui numeri in continua crescita rendono ingiustificata, ma sarebbe meglio dire colpevole, l’assenza di un dibattito serio a livello nazionale e locale e persino di un embrione di politiche di prevenzione.

Basta un rapido sguardo ai dati contenuti nell’ultima Relazione annuale al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze nel nostro Paese per rendersi conto della portata di un problema che coinvolge ben un terzo degli italiani di età compresa tra i 15 e i 65 anni. Tanti infatti sono coloro che, almeno una volta nella vita, hanno sperimentato una sostanza psicoattiva illegale. Più che a questo insieme sterminato, utile se non altro per evidenziare quanto radicata e capillare sia la presenza delle droghe nella nostra società, cultura ed economia (a proposito, sfiora addirittura l’1% del Pil il relativo giro d’affari, che in euro fa quasi 15 miliardi), sono però altre le cifre da richiamare per afferrare tutta la gravità di questo problema.

Sono, anzitutto, i 6,2 milioni di utilizzatori occasionali o regolari di cannabis stimati dall’Istat, che individua nel nostro Paese anche circa un milione di estimatori di quella che una volta chiamavamo la “droga dei ricchi”, la cocaina. Oppure la quota della popolazione carceraria detenuta per violazione della normativa sulle droghe, che è pari a ben un terzo di tutte le persone private della libertà. E soprattutto, quel drammatico 34% di studenti che ha provato almeno una volta una sostanza illegale: altro dato spaventoso proprio come quello relativo alla fetta di popolazione scolastica che utilizza droghe con assiduità (almeno venti assunzioni al mese nel caso della cannabis) e che è pari al 4%.

Gli interrogativi e le considerazioni che questo vero e proprio bollettino di guerra sollecitano sono numerosi e spinosi, tanto da spingere il Procuratore della Repubblica di Udine Antonio De Nicolo a formulare, in prima battuta, una premessa dal sapore amaro. La premessa che fa il capo della Procura in questa intervista esclusiva al Messaggero Veneto è che “quando parliamo di droga, la sensazione di chi come me da molti anni fa il magistrato è come vuotare il mare con un cucchiaino”. Una metafora azzeccata, quella cui ricorre De Nicolo per ammettere che “ogni volta che noi cerchiamo di stroncare un certo canale, una certa fonte di rifornimenti, altre se ne aprono subito dopo. E perché? Perché c’è una legge economica, quella della domanda e dell’offerta, che proprio come vale nell’economia legale, vale nell’economia illegale. Se l’offerta è fiorente, in altre parole, è perché purtroppo la domanda è fiorente”.

Emerge chiaramente, dalle parole del nostro intervistato, la sensazione di impotenza di chi sa come la repressione di questo fenomeno, che è in capo per l’appunto agli organici della Procura coadiuvati da quelli delle forze dell’ordine, non faccia altro che scalfire un problema che ha radici purtroppo solide che stanno a monte. Siamo cioè di fronte ad un problema che, rileva il Procuratore, “non riguarda la magistratura o la polizia giudiziaria ma la società civile”, la quale dovrebbe “chiedersi come mai c’è tanta domanda di droghe. Bisogna chiedersi cioè come mai anche in una cittadina tranquilla di provincia come Udine sia comunissimo nelle scuole sentirsi dire dai nostri ragazzi che se uno vuole prendere l’hashish sa a colpo sicuro da chi andare. Il passaparola dell’illiceità è purtroppo un passaparola facilissimo da ottenere”.

È dunque da qui – dalla naturalezza con cui le sostanze stupefacenti fanno breccia tra i nostri giovani, e naturalmente non solo tra loro – che bisogna partire per capire come si incrocino, anche nella nostra città, la domanda di trasgressione e l’offerta di sostanze in grado di appagarla. E qui, l’indiziato numero uno ha un nome ben preciso: immigrazione. La vulgata, come sappiamo, vuole che la vita dei nostri figli, a Udine come altrove, sia messa in pericolo da nuove reti criminali costituite da cittadini stranieri che si sono impossessati delle piazze cittadine inondandole di droga a buon mercato.

È una realtà ben fotografata dalle statistiche giudiziarie, che – per riprendere gli ultimi dati disponibili, quelli del 2017 – ci dicono come ben il 40% di tutte le persone segnalate all’autorità giudiziaria per reati commessi in violazione della normativa sulla droga sia originario di altri Paesi, con una graduatoria che vede in testa il Marocco (22%), seguito da Albania (14%), Nigeria (12%), Tunisia (10%), Gambia (9%) e Senegal (6%).

Quando facciamo presente tale situazione ad Antonio De Nicolo, chiedendogli se sia lecito affermare che ci sia stata una sostituzione etnica nel campo dello spaccio, la risposta assume sì i toni della conferma, ma di una conferma che include un ragionamento articolato e anche, quindi, una prima spiegazione. Chi è che spaccia, si chiede anzitutto il magistrato? Chi cioè decide di assumersi il rischio di essere colto in flagranza mentre cede droga in pubblica piazza, e di pagarne le conseguenze in termini penali?

La risposta del capo della Procura è che “in linea generale lo spaccio al minuto, quello che avviene sotto i nostri occhi, e quindi è il più pericoloso e rischioso” per chi lo esercita, “viene affidato da sempre, e lo sarà anche nei prossimi cent’anni, agli strati più marginali della società. E’ chiaro infatti che una persona che per decine di volte al giorno corre il rischio di essere trovato con la droga in mano e quindi può essere arrestato” in qualsiasi momento “deve essere una persona che vive in condizione di quasi disperazione”. Il triste mestiere del pusher spetta insomma, per usare l’espressione di De Nicolo, “agli anelli più deboli” della nostra società. Ed è esattamente qui che entrano in campo i flussi migratori, portatori sì di nuova forza lavoro per le nostre imprese, ma anche generatori di sacche di marginalità ed esclusione sociale.

Il conto è dunque presto fatto e sollecita la memoria del capo della Procura. “Quando facevo il Sostituto Procuratore, quindi più di vent’anni fa – ricorda infatti il magistrato – non c’era l’immigrazione massiccia di oggi, e gli ultimi anelli della catena, quelli cioè che facevano lo spaccio al minuto e rischiavano di essere presi da noi con la droga in mano, erano tutti quanti italiani. Si trattava di solito di tossici a loro volta che, per ottenere gratis la loro dose, accettavano di spacciare tre, quattro o cinque dosi. Oggi invece nell’ultimo anello della catena troviamo chi è nelle condizioni più disagiate, e quindi non deve fare nessuno stupore l’accertare che questo ultimo anello sia rappresentato molto spesso da immigrati”. Ne consegue pertanto, per quanto riguarda Udine, che poiché “adesso in città abbiamo frange non marginali di richiedenti asilo di etnia afghana e pakistana, è a questi che è affidato ora il ruolo di spacciare all’ultimo gradino”.

Quelli di De Nicolo non sono naturalmente ragionamenti astratti e men che meno illazioni, ma osservazioni suffragate da un’alacre attività investigativa culminata nella famosa maxi-operazione “Magnolia” che, coordinata dalla stessa Procura e dalla Questura di Udine, il 28 marzo dell’anno scorso smantellò una rete dedita allo spaccio in città che era costituita per la quasi totalità da richiedenti asilo e rifugiati. Oltre a segnare una battuta d’arresto per un’attività illegale che aveva suscitato grande allarme in una zona calda come Borgo Stazione, l’operazione Magnolia ha consentito alla stessa Procura di accumulare preziose conoscenze sul modus operandi dei nuovi protagonisti del mercato della droga in città.

Dallo studio dei fascicoli, infatti, De Nicolo ha potuto evincere l’esistenza di vere e proprie “gerarchie” in seno ai gruppi dediti al traffico di droga. Si va dallo strato più “alto”, composto da chi gestisce l’approvvigionamento dietro le quinte e quindi, oltre a detenere quantitativi maggiori di droga, rischia di meno e “gode anche di un compenso maggiore”, agli strati intermedi composti da quanti “hanno in mano diversi etti” di sostanza stupefacente e la smistano ai loro connazionali, per finire con l’ultimo gradino dove si trova chi ne detiene solo “dieci, venti o trenta grammi” e “dovrà provvedere allo spaccio al minuto”.

Oltre a questi preziosi elementi conoscitivi, utili per capire come si struttura e opera sul terreno una piccola rete criminale, dal suo osservatorio privilegiato il Procuratore è stato in grado di riscontrare un’altra tendenza significativa delle attuali dinamiche di questo mercato. Stiamo parlando di quella che De Nicolo definisce una “specializzazione etnica nel tipo di droga. Hashish e marijuana, cui si è aggiunta abbastanza di recente anche l’eroina, sono ad esempio appannaggio delle etnie afghana e pakistana. La cocaina invece, che per sua natura rifugge da contatti facili come quelli di hashish e marijuana e non viene quindi spacciata per strada, vede come protagoniste sia etnie del Centro e del Sudamerica, sia l’etnia albanese”.

Detto questo, il magistrato non può esimersi dall’esternare il suo “sospetto che, al di sopra di tali gruppi, ci siano ulteriori etnie. Io che ad esempio so che la ‘ndrangheta è diventata l’organizzazione che spaccia all’ingrosso in tutta Europa, debbo evidentemente immaginare che, a monte di tutto quello che noi vediamo qui tutti i giorni, ci possano esserci organizzazioni criminali italiane che, magari in combutta con cartelli di altre etnie, si dedicano ai traffici di più alto livello”.

Al termine di questo giro d’orizzonte tra i nuovi sentieri e attori del cupo sottobosco della droga, la domanda per il capo della Procura di Udine è d’obbligo: ci sono le condizioni per parlare di un’emergenza droga a Udine? La risposta arriva tempestiva ed è, fortunatamente, negativa. “Udine è una città assolutamente uguale alle altre”, sottolinea De Nicolo, priva cioé di “fenomeni che ci facciano guardare a essa con maggior inquietudine rispetto a Pordenone o Trieste”.

A questo punto, però, il procuratore smette per un istante i panni del magistrato per indossare quelli del padre di un figlio adolescente esposto come tutti gli altri alle sirene della droga. Ciò su cui il genitore preoccupato che è anche titolare dell’iniziativa giudiziaria a Udine avverte il dovere di ammonirci è proprio, infatti, “la pervasività della droga nei confronti dei minorenni. Credo che dobbiamo interrogarci tutti su cosa dobbiamo fare noi, dal punto di vista preventivo, per scoraggiare questa drammatica tendenza alla superficialità dei ragazzi che non si rendono conto di dove si stanno immettendo”.

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