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Le vittime della giustizia italiana

Pubblicato il 17/09/2025 - Messaggero Veneto

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Un’ombra lunga si stende sulla giustizia italiana: gli errori giudiziari, che spezzano vite e fiducia nello Stato. La proposta di legge di iniziativa popolare “Zuncheddu e altre vittime di giustizia”, promossa dal Partito Radicale, vuole interrompere questa spirale. Dal 12 agosto, banchetti in tutta Italia raccolgono le 50mila firme necessarie per portare in Parlamento una riforma dell’articolo 643 del Codice Penale, che regola il risarcimento per ingiusta detenzione. L’obiettivo è chiaro: garantire un’anticipazione economica immediata, un vitalizio minimo riconosciuto con la sentenza di assoluzione, per evitare che le vittime di errori giudiziari restino senza mezzi per ricostruire la propria vita. Il nome della proposta richiama Beniamino Zuncheddu, pastore sardo di Burcei, simbolo di un sistema fallace. Accusato nel 1991 di strage, fu condannato all’ergastolo sulla base di una testimonianza manipolata. Dopo 32 anni di carcere, è stato assolto nel 2024 grazie a nuove prove. Risarcito con appena 30.187 euro per condizioni carcerarie disumane, attende ancora un indennizzo pieno. Gli errori giudiziari in Italia sono un dramma sistemico. Dal 1991 al 2022, 222 persone sono state riconosciute vittime di condanne ingiuste in revisione, con una media di 7 casi l’anno. Nel 2022, i casi sono stati 8, mentre le ingiuste detenzioni (custodie cautelari senza condanna) raggiungono quota 30.778, costando allo Stato 48 milioni di euro solo nel 2022. Casi come quello di Enzo Tortora, incarcerato per camorra, o di Silvio Novembre, evidenziano un sistema vulnerabile: testimonianze pilotate, indagini affrettate, pressioni mediatiche. Il rapporto Eurispes 2023 rivela che il 42% degli errori deriva da identificazioni errate, spesso viziate da pregiudizi; il 28% da confessioni estorte; il 15% da perizie scientifiche imprecise. La revisione dei processi, prevista dall’articolo 630 del Codice di Procedura Penale, è un calvario: solo il 3% delle richieste viene accolto, con tempi biblici. Le condizioni carcerarie aggravano il danno, violando gli standard della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Le vittime, liberate dopo anni, escono senza lavoro, casa o famiglia. L’articolo 643 prevede risarcimenti dopo anni di battaglie legali, spesso inadeguati. La proposta Zuncheddu introduce un’anticipazione economica immediata, calcolata sul minimo vitalizio. “Nessuno dovrebbe mendicare dopo un’ingiustizia dello Stato”, afferma Anna Maria Malisani, consigliera radicale. La raccolta firme, prevista dall’articolo 71 della Costituzione, è in pieno corso. Da Cagliari a Nuoro, da Verona a Roma, i banchetti si moltiplicano, con moduli anche online. L’obiettivo è raggiungere le 50mila firme entro il 2026. Sindaci sardi, come Simone Monni di Burcei, spingono: “È giustizia per tutti”. Radio Radicale amplifica l’iniziativa con aggiornamenti quotidiani. Ma il percorso è in salita: dal 1948, solo 346 iniziative popolari sono state presentate, e poche approvate, poiché il Parlamento non è obbligato a discuterle. La proposta Zuncheddu è un appello alla coscienza civile. Ogni firma è un passo per evitare che altre vite siano spezzate da un sistema che sbaglia e abbandona. È il momento di una giustizia che non solo condanni, ma ripari, con dignità e tempestività. Firmare significa dire basta a un’Italia che incarcera innocenti e li lascia soli.

Marco Orioles

Cronache italianeMessaggero Veneto
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