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Libri

Quando quattro aerei di linea vengono fatti schiantare in diretta sulle Twin Towers di New York, sul Pentagono di Washington e su un campo della Pennsylvania, la popolazione mondiale scopre che la contestata tesi di uno “scontro di civiltà” avanzata dal politologo Samuel P. Huntington ha forse qualche fondamento. La sfida jihadista di Osama bin Laden si inserisce in un quadro di relazioni tra Occidente e mondo islamico che ha una storia lunga e complessa, dove non sono mancati scambi pacifici ma nemmeno tensioni, guerre e incomprensioni. La storia raccontata in questo libro illustra come il percorso che dovrà condurre, prima o poi, a un’intesa tra questi due mondi sia ancora irto di ostacoli. Nel maggio del 2007, l’ex presidente iraniano Mohammed Khatami è invitato nella città di Udine a partecipare ad un festival. Organizzatori e mass media si prodigano nel presentare l’ospite come il campione di una presunta apertura islamica alla modernità e promotore di un dialogo tra le civiltà. Ma nel corso del suo viaggio in Italia, Khatami non perde occasione di rilasciare dichiarazioni sopra le righe: rivendicando persino il diritto della Repubblica Islamica di inseguire il sogno atomico. Alla conferenza udinese, si spinge persino ad affermare che la condizione delle donne in Iran è migliorata sotto il regime degli ayatollah. L’assenza di ogni contraddittorio e il clima di festa creato intorno al personaggio consentono il successo dell’operazione. Ma l’autore di questo libro mette insieme una piccola squadra di amici e, con un’opera di controinformazione basata soprattutto sulla diffusione via YouTube dei filmati della conferenza, riesce a innescare una polemica che approda sui media locali. In quel momento nessuno sospetta che, un mese dopo, il caso Khatami avrebbe assunto proporzioni globali. Qualcuno in Iran scopre infatti i video udinesi e scorge l’ex presidente nell’atto di stringere le mani a delle donne: un gesto che viola la legge coranica o, almeno, le sue stringenti interpretazioni osservate nel paese. Quando la notizia affiora sulla stampa, scoppia uno scandalo che viene presto ripreso dagli organi di informazione di tutto il mondo. Nelle praterie globali del web, frattanto, la storia delle strette di mano proibite di Khatami sollecita un florilegio di commenti in cui i toni ironici si affiancano alla dura condanna del sacrilegio. Accusato di violare la shari’a e denunciato al Tribunale del clero, Khatami si difende accusando l’autore del video di averlo manipolato. Questa versione viene accreditata da un quotidiano ultraconservatore di Teheran, che presenta Orioles come un agente della CIA incaricato dai collaboratori del presidente George W. Bush di diffamare l’Iran e l’islam. Queste vicende, che si susseguono per oltre due mesi in un’alternanza di colpi di teatro, sono riepilogate in un libro che, oltre a una fotografia della complessa dialettica che lega oggi l’Est e l’Ovest del mondo, contiene un insegnamento: il dialogo tra islam e Occidente è possibile, a patto però di non fraintendere la vera identità dei suoi protagonisti.

INDICE

Prefazione: IL SACRO TURBANTE E LE MANI IMPURE, di Ahmad Rafat

PARTE I
KHATAMI, RAMADAN E LA COMMEDIA DI VICINO/LONTANO

Il festival che volle il dialogo con Khatami e Ramadan
Le prime polemiche
Chiarimenti via YouTube con Carlo Panella
Convenevoli tra Cardini e Ramadan
A Roma intanto arriva Khatami
Khatami a Udine e il caso Nonino
Parla Khatami
Un dibattito sulla conferenza, sempre su YouTube
La rabbia di Chahdortt Djavann
Chahdortt non parlerà
Il caso Djavann dilaga su internet

PARTE II
HANDSHAKEGATE. LE STRETTE DI MANO “PROIBITE”DI KHATAMI A UDINE

Khatami in Italia stringe le mani alle donne: esplosione n. 1
Ma si può o no? Gli “internet imam” e le strette di mano
Esplosione n. 1: prosieguo
La voce di Wikipedia
Esplosione n. 2
Esplosione n. 3
La campagna di moralizzazione
Esplosione n. 4
Il dialogo è su internet

 

Estratto da: Khatami in Italia. Dialogo con stretta di mano, Pasian di Prato, Campanotto editore, 2009

1. Khatami in Italia stringe le mani alle donne: esplosione n. 1

Come ogni commedia all’italiana, anche il festival udinese di Vicino/lontano ha offerto un susseguirsi di colpi di scena e capitomboli. Il capitombolo di Khatami che ci apprestiamo a raccontare, però, è stato davvero sensazionale. La storia delle “strette di mano proibite” dell’ex presidente iraniano a Udine potrebbe essere definita in tantimodi. Come la manifestazione perfetta dello “YouTube effect“, ovvero poco più che un suicidio politico davanti alle telecamera. O come la prova di un crisis management a dir poco demenziale da parte di un Khatami incapace di tenere sotto controllo lo scandalo.O magari come una enorme bolla giornalistica e soprattutto telematica, dove i nuovi riti dell’era di internet hanno trovato una definitiva consacrazione. O infine, come l’improvviso incrociarsi tra due visioni del mondo, quella tradizionalistica e reazionaria dell’islam che bandisce strenuamente i contatti impuri e quella di una politica islamica moderna in cui un leader di statura mondiale non può che finire ripreso dalle televisioni o dai videofonini con una bella donna al proprio fianco. In qualunque modo la si voglia classificare, questa storia regala un bel paradosso a quel Vicino/lontano che, nato per promuovere l’incontro tra culture, si è trovato nel bel mezzo di una conflagrazione culturale di respiro globale.

Questo testo è stato concepito anzitutto come un piccolo riepilogo dei fatti, cui aggiungere qua e là dei commenti utili per arrivare a delle conclusioni. Partiamo allora dai fatti. Subito dopo la partenza di Khatami da Udine, dopo la sua conferenza dell’11 maggio 2011, il nostro piccolo sito, la casbah di Udine, aveva cominciato a immettere sulle proprie pagine e su YouTube tutto il materiale girato durante il festival. Purtroppo, il server di YouTube accetta filmati della durata massima di dieci minuti; regola ferrea che ci ha costretto a realizzare numerosi spezzatini. Le oltre due ore di registrazione della conferenza di Khatami, per fare solo un esempio, sono diventate parecchie clip ciascuna dotata di un titolo ed un indirizzo. Ah, per agevolare la comunicazione internazionale, abbiamo optato, almeno per i titoli, per la lingua inglese. Ecco così entrare in scena nel mare magno di internet, Khatami’s speech part I, Khatami Questions & Answers, Khatami’s public ecc.

A proposito, tenete a mente due particolari. Anzitutto, è capitato in certi casi di non visionare in anticipo i materiali pubblicati. Li mettevamo in pratica subito on line, dopo aver fatto gli opportuni tagli. In secondo luogo, ricordate bene questi due nomi: Khatami Exit-2 eEnter Khatami . Il primo filmato registra il tripudio ottenuto da Khatami dopo la conferenza udinese. Il secondo documenta invece un’intervista concessa da Khatami ad una sventola bionda, presumibilmente con la tessera di giornalista. Sono i filmati che entreranno nella black list dei fondamentalisti iraniani e di cui parleremo diffusamente in questa parte del libro.

Dal momento in cui è apparsa, la quarantina di clip legate, direttamente o indirettamente, alla visita di Khatami ha accumulato gradualmente un certo numero di visualizzazioni. Qualche migliaio, sufficienti diciamo per affermare di aver centrato il nostro obiettivo: continuare il, anzi, avviare un vero dibattito sulla presenza di Khatami e Ramadan a Udine. Ricevevamo pure qualche commento, giusto un paio al giorno. Questo ritmo è proseguito, costante, per circa un mese. Fino a quando, il 9 giugno, abbiamo captato degli strani movimenti sulla rete.

Era domenica, lo ricordo benissimo. In città, non si muoveva una foglia e anche il sottoscritto aveva deciso di rimanere pigramente nel suo domicilio, al riparo dalla calura estiva, davanti – sob! – ad uno schermo di computer. Ad un certo punto, un rapido sguardo alla pagina “casbahudine” di YouTube restituisce una verità sconcertante: il video denominato Khatami Exit-2 ha letteralmente decuplicato i suoi click. Da poche centinaia, secondo l’ultimo controllo, hanno già oltrepassato le mille unità. Un limite ampiamente sorpassato nelle ore successive, fino a toccare due giorni dopo le tremila visualizzazioni.

Che cosa stava succedendo? Perché quei cinquanta, quasi sessanta click ogni ora per Khatami Exit-2? Nella confusione generale, nessuno di noi ha pensato di riguardare attentamente il filmato. Chi del resto poteva immaginare che il mistero che stavamo cercando potesse trovarsi in sei minuti di applausi e convenevoli scambiati tra Khatami e il pubblico assiepato fuori e dentro la ex Chiesa di San Francesco? Certo, ci sono numerosi primi piani del presidente, si odono da vicino i saluti e le conversazioni di Khatami con vari avventori, e la voce di Khatami si distingue nitidamente. Ma simili amenità, a nostro avviso, non potevano attrarre così tanta attenzione, e soprattutto contemporaneamente.

Di primo acchito, abbiamo pensato che fosse uscita qualche notizia importante su Khatami e che, gira e rigira, degli avidi internauti alla ricerca di approfondimenti si fossero ritrovati per puro caso tra gli zero e gli uno di Khatami Exit-2. I misteri dei motori di ricerca, si sa, sono infiniti. Ma l’ipotesi si rivela presto fasulla: dalle agenzie nessuna notizia su Khatami. Mentre i numeri di Khatami Exit-2 continuavano a salire, noi a Udine brancolavamo letteralmente nel buio. Nemmeno alcuni amici giornalisti sono riusciti ad esserci d’aiuto. Per tre lunghi giorni, la nebbia non riesce a dissiparsi, mentre i click di Khatami Exit-2 continuavano la loro incessante ascesa verso l’ormai prossima quota diecimila.

Ci avrebbe pensato l’Agence France Press, la mattina dell’11 giugno, a squarciare finalmente il velo. Alla mattina, il sito della celebre agenzia giornalistica internazionale dirama questo comunicato:

Un giornale iraniano questo lunedì [10 giugno] ha lanciato un attacco all’ex presidente riformista Mohammad Khatami di cui si dice avrebbe stretto le mani a delle donne durante una visita in Italia lo scorso mese. “Recentemente è circolato su internet un video che mostra un ex alta carica dello stato in visita in Italia, mentre stringe le mani a diverse donne e giovani fanciulle”, ha dichiarato il quotidiano Siasat-e Rouz, uno dei giornali più ultra-conservatori dell’Iran. “Non vogliamo pubblicare l’indirizzo del sito internet dove questo film può essere visionato, per evitare di propagare la corruzione nella società”, ha aggiunto. Il giornale ha accuratamente evitato di nominare Khatami sebbene sia l’unica “ex alta carica di stato” ad aver visitato l’Italia negli ultimi mesi. [….] In base alla legge della sharia, è proibito per un uomo avere alcun contatto fisico con una donna a cui non sia imparentato. […] In patria o nei viaggi all’estero, i funzionari iraniani evitano accuratamente di stringere le mani alle diplomatiche straniere e, al più, piazzano la loro mano destra sul cuore per esprimere gratitudine.

Il comunicato sarà, per noi, come uno squarcio di luce. Ecco qual è il busillis: sono le strette di mano tra Khatami e alcune donne del pubblico che non avevamo per nulla notato sullo schermo del nostro computer. No, proprio non ci avevamo fatto caso a quelle strette di mano, tanto naturale quel gesto è per noi comuni occidentali. A proposito, il servizio dell’AFP non parla in verità di Udine, ma il mistero si chiarirà presto e un controllo sull’esistenza di eventuali filmati romani, risultato negativo, confermerà che il video da cui tenersi alla larga «per evitare di propagare la corruzione nella società» è proprio il nostro. E contiene non una, ma cinque atti proibiti. Di cui tre particolarmente visibili. Per soddisfare la vostra curiosità, vi basta collegarvi ad internet e visionare YouTube agli indirizzi che vi forniamo in appendice.

L’11 giugno è dunque la data in cui accadono almeno due cose. Uno, la casbah di Udine scopre che in uno dei suoi video un alto rappresentante del clero iraniano compie per ben cinque volte un atto più o meno bandito dalla sua religione ma soprattutto illegale nel suo paese, stringere le mani a donne sconosciute (solo più tardi, come già ricordato, apprenderemo delle istantanee di una giovane bionda poco vestita e troppo vicina al turbante di Khatami). Due, che questo era il fatto che aveva attirato l’attenzione generale, fino al punto di diventare notizia, e scandalo, sui giornali iraniani prima e su una delle più note agenzie di stampa internazionali dopo.

Non insistiamo troppo sulla data dell’11 giugno. Almeno tra le pieghe di internet, la voce stava evidentemente circolando già da un po’. Questo, peraltro, ci esorta a evidenziare pubblicamente le difficoltà incontrate nel nostro lavoro. Nell’era della grande ragnatela telematica, ripercorrere a ritroso il filo di una storia può rivelarsi impresa ostica. Perdonateci dunque sin d’ora qualche eventuale svista. Siamo in ogni caso nelle condizioni di potervi offrire una guida sicura: Ahmad RafatIn una lunga intervista e una serie di scambi telematici, il vice-direttore di Adnkronos ci ha fornito informazioni utilissime per ricostruire lo sviluppo della storia. O, per dirla direttamente con le parole di Rafat, per seguire le diverse «esplosioni» prodotte dallo scandalo delle strette proibite di Khatami.

Ce ne saranno quattro, di esplosioni. Di varia intensità, cadenzate tra giugno e agosto 2007. Come ormai sappiamo, la prima risale al 10 giugno, quando – per dirla con Ahmad Rafat – «un giornale di Teheran ha scritto che su YouTube circolavano certe immagini di Khatami che stringeva la mano a due donne non parenti sue, due sconosciute». In realtà, tenuto conto delle precisazioni sul ruolo di internet, ci siamo resi conto che, se di esplosione si deve parlare, la miccia non si accende né qui né in questo momento. Senza alcun dubbio, la storiella dei filmati con Khatami che tresca con delle donzelle italiane ha circolato anzitutto sulla rete delle reti. Il 7 giugno l’animato sito iraniano Ettelaat ad esempio aveva addirittura copiato e riproposto il video, mettendo in primo piano fotogrammi dello scandalo, presto copiatissimi e riprodotti in altri siti. Poche ore dopo, il link al video era disponibile anche sul portale sempre iraniano Balatarin dove «centinaia di persone hanno lasciato notevoli commenti e continuano a maledire, applaudire e disputare il diritto di Khatami di stingere le mani alle donne».

Sono stati necessari, in ogni caso, almeno tre giorni perché, dopo il flusso on line, scorresse dell’inchiostro. E i bazar di Teheran fossero opportunamente messi a parte della polemiche che stavano già impazzando per internet. Mentre nella capitale iraniana si distribuiscono le copie di Siasat-e Rouz e comincia la prima esplosione segnalata da Rafat, anche la scena internazionale comincia a mostrare un certo fermento. Dopo il comunicato AFP, le agenzie di stampa e gli organi di informazione di numerosi paesi riprenderanno e approfondiranno il fatto, in una corsa che continuerà per parecchie settimane, sebbene a singhiozzo, o meglio a puntate. Mentre la notizia rimbalza per i giornali iraniani, le strade del paese fino ai blog persiani d’avanguardia, in Occidente ne parleranno tutti i grandi: da Repubblica al Corriere della Sera, Der Standard, l’Independent, l’Economist, il New York Times, la National Review. In Italia, un servizio del Tg1 racconterà ai telespettatori distratti dall’arsura estiva come Khatami rischi di essere spogliato dell’abito talare per aver stretto delle mani a delle donne a Udine. Negli Stati Uniti, Fox News racconterà i principali sviluppi dello Handshakegate. Su internet, frattanto, proseguirà la baldoria a colpi di click e commenti di ogni tipo.

Prima di proseguire in questo racconto, che ci condurrà sino al caldo di ferragosto,permetteteci di fare una pausa per porre la fatidica domanda da un milione di dollari. Scusateci: è una sospensione necessaria, soprattutto perché propedeutica alla riflessione che stiamo tentando di operare. È praticamente cosa universalmente nota che, nell’Islam, i contatti fisici tra uomini e le donne sconosciute sono materia difficile, anzi proibita secondo i canoni. Forse meno noto è che in Iran, come ci ha chiarito il comunicato AFP, questa è una delle faccende regolata strettamente dalla shari’a, la legge coranicaSu questo punto, anzi, la shari’a vigente in Iran è inequivocabile: «è proibito per un uomo avere alcun contatto fisico» con donne sconosciute. Comprese le strette di mano.

Perché allora Khatami, un alto esponente del clero che certamente conosceva tale regola, a maggior ragione avendola assimilata dal rigido protocollo imposto ai rappresentanti della Repubblica islamica, lo ha fatto lo stesso? Perché ha stretto le mani a numerose donne, per giunta infedeli e poco vestite? Era forse convinto che nessuno l’avrebbe mai visto, tanto meno diffondendone su scala planetaria le immagini? O forse, nella maliziosa insinuazione fatta da Ahmad Rafat, Khatami vuole riformare l’islam ma non ne ha il coraggio? Non preoccupatevi dunque se, alla ricostruzione della storia, preferiamo dare precedenza ad un chiarimento su questo punto.

Ma si può o no? Gli “internet imam” e le strette di mano

La questione dei rapporti tra uomo e donna nell’islam è, si sa, faccenda delicata se non scottante. Lo è dappertutto e in Europa, che a noi più interessa, il tema si presenta quanto mai rovente. Le opinioni al riguardo, anche qui, si divaricano drasticamente. Non mancano ad esempio le «donne di cultura musulmana che si battono» per il modello pienamente secolare».Donne che hanno denunciato con veemenza la «sottomissione» cui sarebbero sottoposte anche le nuove musulmane europee. Non va dimenticata nemmeno l’avanzata di un «femminismo islamico» più o meno moderato, anch’esso intento ad esprimere aperte rivendicazioni.

Non spetta a noi, fortunatamente, dirimere la questione. Il nostro compito è più semplice. Vorremmo sottolineare come l’episodio di Udine, le strette proibite di Khatami, rientrino in qualche misura entro questa grande cornice. Rimandano cioè alla consapevolezza che, in fin dei conti, «l’Islam è una ortoprassi», nel senso che «chiede ai suoi fedeli di aderire a un insieme di precetti pratici, a un insieme di regole divinamente fondate che debbono concretamente essere seguite giorno per giorno». Come sottolinea il sociologo delle religioni Enzo Pace:

è importante tener presente che l’insieme di questi precetti raccolti e tramandati regolamentano tutti gli aspetti della vita, disciplinano le funzioni del corpo e della mente, riguardano la vita spirituale e la vita politica. Del resto chi apre il Corano si accorge che esso è al tempo stesso un codice di vita, un codice civile, un codice penale, una costituzione politica di uno Stato, un trattato di buone maniere fra generazioni e una chiara definizione dei ruoli maschili e femminili.

Ancor prima che dottrina, dunque, l’islam è soprattutto un insieme di regole ispirate dall’esempio del profeta Muhammad, tramandate nei secoli attraverso il corpus dei Testi sacri, il Corano e gli hadith (detti e fatti del Profeta)codificate nella famigerata shari’a (legge coranica) e poi rivisitate dalla giurisprudenza islamica (fiqh). Regole che, ecco il punto, Khatami avrebbe infranto in una zona particolarmente calda qual è il rapporto tra i sessi. Qui sorge però un interrogativo: siamo davvero sicuri che, tra le norme che nella legge islamica regolamentano ciò che è lecito ed illecito, puro ed impuro, vi sia anche quella che il nostro ex presidente avrebbe presuntivamente violato? Che cioè Muhammad e/o i Testi abbiano effettivamente bandito, una volta e per sempre, le strette di mano tra uomini e donne?

Il Corano, in verità, su questa questione tace. Occorre perciò cercare altrove, vale a dire nella copiosa produzione dottrinale e giuridica elaborata nei secoli successivi alla morte del Profeta. Dobbiamo così anticipare che il nostro tentativo di trovare una risposta al grande interrogativo – ci si può o no stringere le mani – si è inesorabilmente scontrato con la spiccata e ben nota stratificazione e frantumazione esistente nel mondo dell’islam in materia di questioni teologiche, morali, e di regole di condotta. Lo stesso Tariq Ramadan è costretto ad ammetterlo, quando scrive che «l’islam è uno ma i suoi testi di riferimento permettono una pluralità di letture […] il valore del testo, il margine interpretativo, la possibilità o meno di una lettura contestualizzata, il ruolo della ragione, l’obbligo di rispettare la lettera eccetera sono tutti fattori che spiegano impegni differenti e differenziati». In effetti, come precisa Enzo Pace:

all’interno di una comune radice religiosa – l’Islam appunto – la storia e la geografia hanno contribuito a differenziare notevolmente il modello di comunità dei credenti, la umma, pensata e realizzata da Muhammad. La storia, in primo luogo, ha finito per rafforzare le originarie divisioni che si sono venute delineando subito dopo la scomparsa del Profeta […]. Alludiamo al fiorire in seno all’Islam “classico” delle differenti “famiglie” spirituali, che corrispondono, molto alla larga, ai concetti occidentali di scismi e di sette. Il sorgere delle firqa (divisioni) vedrà il formarsi nel mondo islamico di una pluralità di scuole di diritto, correnti teologiche, tecniche interpretative del Corano e pratiche devozionali. […] Anche la geografia fa la sua parte. Nella sua diffusione, l’Islam si è venuto adattando ai diversi ambienti socio-culturali di riferimento. Si parla, così, di Islam arabo, Islam africano e Islam asiatico, per sottolineare come l’espansione nel tempo di questa grande religione mondiale – che oggi sfiora un miliardo di persone – avviene in un continuo spirito di mediazione culturale con le caratteristiche proprie delle realtà nelle quali esso si innesta.

Preso atto di questa realtà innegabile, torniamo alle strette di mano. Tra gli «impegni differenti e differenziati» in cui consiste l’islam dovrebbe dunque esserci anche quello – ugualmente differente e differenziato, immaginiamo – versato nell’impartire nozioni e precetti su questo delicato aspetto delle relazioni uomo-donna. Qui sussiste, però. una notevole confusione, ben esemplificato dal caso di Tariq Ramadan che «viene spesso biasimato per aver consigliato alle donne musulmane di evitare di stringere le mani» ad estranei, anche se poi lui stesso ammette che «stringe la mano alle donne». Come ha peraltro fatto, e senza problemi di sorta, con la Sabahi nel corso di un’intervista rilasciata qualche anno fa alla giornalista de La Stampa.

Per cercare di dissipare in qualche modo questa nebbia abbiamo scelto di raccogliere le indicazioni formulate da vari “internet imam”, facendo cioè esattamente quel che oggi come oggi può fare qualsiasi seguace di Maometto, o un semplice curioso dotato di collegamento alla rete. E qui, bisogna dirlo, c’è davvero l’imbarazzo della scelta: i testi sono numerosissimi perché fitta è ormai la trama dell’islam virtuale. I più pigri possono addirittura affidarsi alla comoda visione di un video di YouTube dal titolo On Shaking hands with women: una realizzazione a cura di un tale Ahmadinyya che si premura di specificare che qui si possono trovare «le ragioni per evitare di stringere le mani alle donne nell’islam».

Certo, non tutte le fonti sono attendibili. Ci sono siti di ogni genere su internet: lo sanno tutti. A questa regola non sfuggono i siti di «islam confessionale», volti ad appagare un duplice ordine di esigenze indispensabili specialmente per chi vive in ambiente non musulmano, vale a dire in Occidente: conoscitive («come si fa la preghiera? Che cosa sono i cinque pilastri? Come fu la vita del profeta?») e nozionistiche, soprattutto in «questioni di morale e di interpretazione di argomenti controversi, come la sessualità al di fuori del matrimonio, il suicidio o l’apostasia». Basta saper cercare, comunque, per trovare spunti interessanti e dotati di una certa affidabilità.

È certamente il caso della cosiddetta fatwa bank del celeberrimo sito Islam on line. Anche a prima vista, un archivio così ben organizzato e curato offre ottime garanzie in termini di autorevolezza. Tanto più che, quando si tratta di arrivare alla domanda fatale, «è possibile che si stringano le mani donne ed uomini», il sito rimanda niente meno che ad un parere del celebre e contestato sceicco Yusuf al-Qaradawi. Non una persona qualsiasi, dunque, ma addirittura un «vecchio compagno di strada dei Fratelli Musulmani» che – oltre ad essere divenuto, grazie ad Al Jazeera, uno dei volti più noti dell’islam a livello globale -presiede l’European Council for Fatwa:una carica che gli consente di «emette[re] anche delle vere e proprie fatwa, dei pareri legali speciali, validi per i musulmani, che stabiliscono che cosa sia loro permesso o no dal punto di vista islamico». Un’attività alacre, quella di Qaradawi, che gli ha guadagnato la fama di «esperto mondiale più visibile della giurisprudenza islamica».

Prendiamo allora un esempio immediatamente pertinente alla nostra indagine. Il parere di Qaradawi viene sollecitato da un anonimo frequentatore del forum di Islam on line, che gli aveva indirizzato questa domanda:

La pace sia con te. Ho un problema che indubbiamente molti altri stanno affrontando. Si tratta dello stringere le mani alle donne, specialmente parenti che non sono mahram [proibite] per me, come le mie cugine, mogli di cugini o cognate. Molti pii musulmani affrontano questo problema, in particolare in certe occasioni come ritornare da un viaggio, rimettersi da una malattia, tornare dall’Hajj [il pellegrinaggio alla Mecca] o in altre occasioni in cui parenti, vicini e colleghi usualmente ti recano visita, congratulandosi gli uni con gli altri con delle strette di mano. Mi pongo così una domanda: è provato nel Glorioso Corano o nella Sunna che stringere le mani alle donne è totalmente proibito nelle relazioni sociali e familiari quando c’è fiducia e nessun timore di tentazione? Apprezzerei molto che lei mi rispondesse alla luce del Corano e della Sunna.

Il quesito è sufficientemente chiaro, come chiaro parrebbe che l’anonimo postulante nutra dei dubbi sulla pratica in questione, magari solo perché sollecitati dalla vista di tante violazioni. Solo la «luce del Corano e della Sunna», via Islam-on-line, possono allora offrire qualche chiarimento. Qaradawi lo sa; è lì per quello. Non a caso precisa subito che «non c’è dubbio che le strette di mano tra donne e uomini che non sono mahram è diventato un tema intricato», e che è dunque indispensabile raggiungere quanto prima «un verdetto islamico sul tema». Il che peraltro, ci si permetta il rilievo, significa implicitamente riconoscere che tale verdetto non esistesse prima, almeno in una forma chiara ed inequivocabile.

Per rispondere allo spinoso quesito, Qaradawi si produce in una lunga e documentata analisi, ricca com’è d’uopo di riferimenti coranici e ad altri autori della tradizione islamica. Per cominciare, lo sceicco conferma il bando assoluto delle strette di mano «se c’è il timore di provocare desiderio o piacere sessuale o la tentazione». L’illegalità del gesto è considerata ancora maggiore da quelle scuole che ritengono obbligatoria «la copertura integrale del corpo femminile, incluse la faccia e le due mani. […] E, se guardarle è illegale, toccarle lo sarebbe ancor di più in quanto toccare è più grave del guardare». Il pericolo mortale, qui, è infatti la fitnah, l’incitazione al desiderio sregolato che mette a repentaglio la società perfetta disegnata da Maometto. Viene comunque ribadita l’esenzione dalla regole per donne giovanissime, anziane nonché per quegli uomini cui l’età ha ormai recato la pace dei sensi.

Proseguendo, Qaradawi si trova però costretto a districarsi tra detti, passi ed aneddoti contraddittori tra loro che rendono assai accidentata la formulazione di un parere definitivo. I commentari non concordano sulle testimonianze riportate. Non esisterebbe accordo nemmeno sulla condotta di Maometto: per alcuni interpreti tendeva le mani alle donne, per altri se ne asteneva rigorosamente. «Umm ‘Atiyyah Al-Ansariyah», racconta ad esempio Qaradawi, «riporta un’altra storia che indica che il Profeta stringeva le mani alle donne per prendere il loro giuramento di fedeltà. Questo contrasta con la storia di A’isha, Madre dei Credenti […] che negava ciò e giurò che mai fosse accaduto». Un’ulteriore versione vorrebbe che «nel suo libro Maghazi, Ibn-Is-Haw avesse detto che quando il Messaggero di Allah (sia benedetto il suo nome) voleva prendere il giuramento di alleanza dalle donne immigrate, immergesse le mani in un vaso e le donne immergessero le mani con lui nello stesso vaso». E così via, tra smentite, conferme e nuove versioni.

Al termine della lunga disquisizione e dello zig zag tra il parere di uno e gli ammonimenti dell’altro, Qaradawi giunge comunque ad una conclusione:

In primo luogo, stringersi le mano tra donne e uomini che non sono mahram è ammissibile solo quando non c’è desiderio o il pericolo della fitnah. Ma se c’è pericolo di fitnah, del desiderio o del piacere, allora la stretta di mano è senza dubbio haram [proibito]. In contrasto, se queste condizioni (desiderio o pericolo di fitnah) sono deboli tra un uomo e qualsiasi tra le sue donne mahram, come sua zia o cognata o simili, allora le strette di mano saranno proibite (sebbene in origine siano permesse). In secondo luogo, le strette di mano tra uomini e donne che non siano mahram dovrebbero essere ristrette a quelle necessarie situazioni in cui le relazioni sono stabilite dal matrimonio. È preferibile non espandere il campo dell’ammissibile allo scopo di bloccare la diffusione del male e per prendere il Profeta (sia benedetto il suo nome) come un modello del quale non esiste prova che avesse stretto le mani a donne non mahram. Inoltre, è preferibile per i pii musulmani, maschi e femmine, non allungare e stringere le mani di qualsiasi esponente dell’altro sesso che non è mahram. Ma se lui o lei si trova in una situazione in cui qualcun altro gli tende la mano, allora può farlo.

Il contorsionismo di Qaradawi ci lascia dunque con delle consegne non proprio chiare ed esplicite. È certo indiscutibile che i contatti tra donne e uomini non imparentati (non mahram) sono proibiti, punto. Ma la regola, sembra, è soggetta ad eccezioni. Qaradawi lo sottolinea chiaramente: se ci si ritrovasse «in una situazione in cui qualcun altro» ti tende la mano, non è scorretto fare altrettanto. Seppur con discrezione, e senza arbitri o eccessi che favorirebbero certamente «la diffusione del male» o espanderebbero «il campo dell’ammissibile».

L’opinione di Qaradawi è autorevole, e difficile dunque da contestare. Ma a qualcuno non manca tale coraggio. Non serve anzi indaffararsi molto per trovare pareri nettamente discordanti rispetto a quelli di Qaradawi, sebbene pochi mettano apertamente in discussione l’interdizione. Si legga ad esempio cosa ha scritto lo sceicco Muhammed Salih Al-Munajjid, in un testo divulgato nel sito Noruul_Islam sotto il titolo indicativo di «Ruling on shaking hands with the opposite sex» (Norme sulle strette di mano tra sessi opposti):

Per un uomo, stringere le mani di una donna non mahram è haraam e non è permesso assolutamente. […] Non c’è dubbio che per un uomo toccare una donna non-mahram è una delle cause della fitnah (disordine, tentazione), provocazione del desiderio o di commettere atti impuri. Nessuno dovrebbe ritenere che le loro intenzioni sono oneste o che il loro cuore è pulito, perché colui che ebbe il più puro dei cuori e fu il più casto di tutti, il Messaggero di Allah (sia benedetto il suo nome) non ha mai toccato una donna non mahram, eccetto quando si è trattato di accettare il bay’ah (il giuramento di fedeltà). Ma non ha stretto le loro mani accettando il loro giuramento, come fece con gli uomini. […] Alcuni uomini si sentono imbarazzati a rifiutare un’offerta di stretta di mano da una donna. In aggiunta al mischiarsi alle donne, altri ricordano che a scuola o nelle università sono costretti a stringere le mani ai compagni insegnanti, oppure coi colleghi nei luoghi di lavoro, o durante incontri di lavoro e così via, ma questa non è una scusa accettabile. Il musulmano dovrebbe vincere i propri sentimenti e la spinta della Shaytaan ed essere forti nella loro fede, perché Allah non ha vergogna della verità. Il musulmano dovrebbe scusarsi cortesemente e spiegare che la ragione per cui non vuole stringere le mani non è di offendere chicchessia o urtarne la sensibilità, ma che sta osservando gli insegnamenti della sua religione.

Dopo la parziale apertura di Qaradawi, siamo qui posti dunque di fronte ad una chiusura inflessibile ed inderogabile. E non è l’unica. Il sito Islam: question & answer contiene indicazioni altrettanto ferree. Leggiamo cosa scrive Al-Lajnah al-Daa’imah rispondendo al quesito: «Qual è la regola da seguire nel caso in cui uno studente di sesso maschile stringa la mano ad una studentessa? Cosa dovrebbe fare se lei si rifiutasse di porgerle la mano?». L’esperto interpellato per dirimere la questione prende l’abbrivio da una constatazione che dovrebbe risolvere il problema a monte: «Non è permesso alle studenti femmine studiare in un contesto misto in un unico posto, nella stessa scuola o nel medesimo banco. Questa è una delle più gravi cause di fitnah (tentazione) e non è ammissibile per un uomo o una donna prendere parte a simili situazioni, essendoci il pericolo della fitnah». Fatta la dovuta precisazione, ecco la sentenza di Al-Lajnah al-Daa’imah:

Il musulmano non dovrebbe stringere le mani a una donna non mahram, anche se lei gli avvicina la mano per stringergliela, e lui dovrebbe dirle che stringere le mani a una donna non mahram non è consentito, perché il Profeta (pace e benedizione di Allah siano su di lui) disse, quando accettò la fedeltà (bay’ah) delle donne: “Io non stringo le mani alle donne”.[…] Per una donna, stringere le mani a qualcuno che non sia mahram è comportamento che può portare alla tentazione in entrambe le parti, quindi deve essere evitato. Non c’è nulla di male nel saluto shariatico della pace [salaam] in cui non c’è alcuna fitnah, che non solleva dubbi […] e in cui l’hijab sia indossato e non c’è nessuno da solo con un membro di un altro sesso […].

Non è certo per carenza di documenti, né perché ci è ormai chiara la materia, che chiudiamo questa rassegna con un’ultima segnalazione. L’attingiamo da un’altra fonte molto frequentata dagli islamici, il sito www.islamnewsroom.com. Anche qui possiamo consultare la domanda di un frequentatore, con relativa risposta da parte di un esperto, tale Yusuf Estes. La domanda, per la precisione, era semplicissima: «Può un uomo stringere le mani di una donna?». La risposta di Estes, come potete notare, è inequivocabile, ed è rafforzata dal prestigio di una delle massime autorità riconosciute nel campo islamico: il Gran Muftì dell’Arabia Saudita.

Lo sceicco Mohamed ibn Baz (Grand Mufti dell’Arabia Saudita, morto nel 1999, la pietà di Allah sia con lui), disse: “La visione più corretta su questo argomento (stringere le mani di una donna) non è consentito per nulla, perché questo è il significato generale del detto in cui il profeta, la pace sia con lui, disse: “Io non stringo le mani alle donne (che non sono imparentate)” allo scopo di evitare la via che conduce al male.

Queste ultime, autorevolissime parole rafforzano in definitiva la nostra impressione. Seppur considerata ancora sullo sfondo di un dogma tenuto in debita considerazione, la stretta di mano tra uomo e donna nell’islam è oggetto di stringenti ambivalenze. Esiste in particolare un’ampia zona grigia, un vacuum preoccupante viste le relazioni ormai incessanti tra i sessi tanto nel mondo islamico quanto e soprattutto in Occidente. Le frammentarie testimonianze di cui disponiamo ci impediscono infine di farci un quadro preciso dell’effettiva situazione.

Dobbiamo anzitutto operare una distinzione, un po’ semplificatoria invero ma necessaria per proseguire nel nostro discorso. Dobbiamo anzitutto mettere, da un lato, il caso dell’Iran. E collocare nell’altro vaso il vasto e variegato mondo islamico sunnita, praticamente un universo di universi difficilmente trattabili come un unicum. Per quanto riguarda questo immenso universo, nonostante la netta opposizione delle frange integraliste ed oltranziste, sembra comunque che il tabù non sia granché rispettato, tanto meno nei segmenti più acculturati e occidentalizzati delle popolazioni. Anche tra i musulmani d’occidente la questione delle strette di mano sembra afflitta dalle stesse ambivalenze. Anche qui i segnali di occidentalizzazione sono forti, ma non manca anche l’osservanza più rigorosa. Ce ne siamo accorti nella nostra stessa città, Udine. Invitate ad una visita presso il locale Centro culturale islamico, meglio noto come la moschea di Udine, due studentesse del mio corso si sono viste cortesemente negare la mano, da loro invece porta spontaneamente, tanto dal presidente quanto dal portavoce del Centro, Mohammed Erbesh e Bouraui Slatni.

Ma questo è, naturalmente, un aneddoto personale. Ha acquistato parecchia notorietà invece un caso inglese risalente all’inizio del 2007. Una poliziotta inglese di fede musulmana in servizio presso il Metropolitan Police Service è stata esentata dalla classica cerimonia di investitura,dopo i previsti diciotto mesi di addestramento, in quanto avrebbe dovuto stringere davanti a tutti la mano del suo boss, Sir Ian Blair. Qualche mese prima, precisamente l’8 settembre 2006, un’insegnante musulmana del College Vader Rijn di Utrecht, in Olanda, era stata licenziata per aver rifiutato di stringere le mani ai colleghi maschi. Lungi dall’essere un gesto arbitrario, il direttore dell’istituto Bart Engbers aveva meditato bene il gesto, sostenendo di averlo fatto perché la scuola, a suo dire, svolge una «funzione nel fornire esempi con riguardo al mercato del lavoro e alla società in genere». Quindi, se «la donna non vuole stringere le mani a casa, bene». Ma a scuola, questo comportamento rischia di alimentare le discriminazioni etniche che stanno già funestando la società europea. «Tutti noi sappiamo», osserva Engbers, «quanto fragile sia la situazione per i giovani stranieri. Perciò, riteniamo giusto che essi stringano la mano durante un colloquio di lavoro». Esempi come questi, ne possiamo essere certi, si saranno certo verificati altre volte in un’Europa ormai frequentata da quasi venti milioni di musulmani in varia misura osservanti.

Dall’altro lato c’è, invece, l’Iran, un caso del tutto particolare. Sappiamo ormai che la shari’a vieta esplicitamente l’atto, e apprendiamo anche che «gli alti dignitari iraniani, che siano in patria o in viaggi all’estero, evitano accuratamente di stringere la mano a funzionari stranieri donne e, al più, piazzano la mano destra sul petto per esprimere gratitudine» Le regole sono ferree: si trattasse pure di «Segretari di Stato, primi ministri, presidenti. Poco importa. Le donne vanno tenute a debita distanza.

Un uomo come Khatami, ad esempio, le conosce benissimo tali regole. Le conosce e ha pure difeso strenuamente il diritto ad avvalersene, come testimonia l’«incidente diplomatico» occorso durante la già evocata visita di stato in Spagna nel 2002. Trovatosi per la prima volta al cospetto dei reali, sembra che Khatami abbia «stretto vigorosamente la mano del virile re Juan Carlos» ma completamente «ignorato la consorte», la regina Sofia, concedendole «nulla più che un sorriso a distanza». Il commento vergato nella circostanza dal Corriere della Sera ci pare, oltre che preciso, anche un po’ profetico:

Ogni visita ufficiale in un Paese non musulmano di Mohammed Khatami, presidente «riformista» dell’Iran, più che un piacere è un grattacapo senza fine per gli ospitanti. Si tratti di vino, si tratti di presenza femminile, di velo sui capelli, di strette di mano, tutto si trasforma in problema di protocollo legato ad usi e costumi islamici, problema che diventa di politica interna a Teheran, sfruttato dai settori più reazionari del clero sciita per distruggere l’ uomo considerato dall’ Occidente come l’ unico, al momento, capace di integrare l’ Iran nella comunità internazionale.

Fatte queste considerazioni, riproponiamo la nostra domanda di partenza: come mai Khatami è cascato proprio a Udine? «Sarà stato», come celia Andrea Colombo, «il sole del Bel Paese, sarà stata l’atmosfera rilassata della trasferta mediterranea»? Certo, basta vedere i video udinesi per rendersi conto che Khatami si era sentito così a proprio agio, in mezzo a tanta gente che lo blandiva, da aver perso momentaneamente la testa. E la memoria. «Così che trascinato dall’entusiasmo» della folla, come sottolinea La Repubblica, si deve essere dimenticato di un dettaglio niente affatto trascurabile: di essere parte integrante di quella «ierocrazia in turbante» che regge le sorti dell’Iran col titolo di hojatoleslam, un chierico di alto grado posto un gradino sotto l’ayatollah. Di essere cioè un prete, e per di più anche un seyyed, termine che indica i discendenti della famiglia del profeta. Motivazioni, queste ultime, che agli occhi dei tutori della morale islamica non possono che rendere più grave ed odioso il peccato commesso da Khatami.

L’ipotesi di una momentanea defaillance di Khatami naturalmente non regge a uno sguardo più approfondito.Khatami non è un chierico qualunque. È, come sottolinea Vanna Vannuccini, «un mullah atipico. Raffinato, colto, affascinante». È un uomo che ha letto e viaggiato parecchio e frequentato tante persone altolocateLo dimostrano, tra le altre cose, le maniere spiccatamente cosmopolite ostentate alla presenza di ospiti occidentali. Ospiti che, ecco il nodo, Khatami ama intrattenere affabilmente, anche se ciò dovesse avvenire con una condotta e costumi non proprio ortodossi per l’Iran khomeinista. Anche se ciò significasse non rispettare la shari’a, come avviene quando si tratta di stringere le mani alle donne. Il che, per limitarci alla visita italiana, non è successo a quanto pare solo a Udine. Significativa a tal proposito la testimonianza della deputata italiana Anna Maria Carloni, che incontra l’ex presidente iraniano a Napoli. Leggiamo questo passo del suo blog:

mi sono preparata ad andare a pranzo con Khatami. Sì proprio lui, l’ex presidente iraniano. Era qui a Napoli, ospite a pranzo del presidente Bassolino che mi hachiesto di esserci. Il cerimoniale mi ha dato precise disposizioni, invitandomi ad un abbigliamento sobrio. Mi ricorda che le donne al momento delle presentazioni nontendono la mano al clero sciita presidenziale e che, se proprio non voglio fare l’inchino, come si dovrebbe, posso optare per un lieve cenno del capo. Naturalmente … occhi bassi.Mi chiedo se devo proprio esserci. Decido di sì. […] vado e … mi rendo conto di aver fatto la cosa giusta. Mai dare troppo credito allo zelo burocratico dei cerimoniali. Secondo voi quale è stato il primo gesto dell’ex presidente nonché Hojiatoeslan (“autoritàdell’Islam”, seconda carica più importante nel clero sciita), con tanto di titolo “Seyyed” ovvero discendente diretto del Profeta Maometto, come indica il colore nero del turbante? Incredibile, dopo un grande e amabile sorriso mi ha teso la mano.

Rimane la possibilità niente affatto remota che Khatami sperava probabilmente di non essere visto da nessuno. In questo caso, gli sarebbe andata non male, ma malissimo. Come sottolineerà la rivista Foreign Policy, grazie alle sue strette di mano in mondovisione Khatami è divenuto sia pur per poco la barzelletta del pianeta o, nei termini della rivista, l’ultima vittima del fatidico “effetto YouTube”.

Eppure, proprio da questo punto di vista, il comportamento di Khatami risulta strano, anzi imprudente. Pochi mesi prima della visita italiana, l’ex presidente era stato al centro di uno scandalo analogo, anche se confinato al solo Iran. Oggetto dello scandalo, di nuovo, dei video di YouTube, che riprendono i soliti atti impuri di Khatami con l’altro sesso: due filmati poco chiari ma non meno famosi di Khatami Exit-2. Ah, per inciso, i video in questione sono stati anche clonati più volte, probabilmente per garantirne la massima diffusione. Lo stesso trattamento, del resto, sarà riservato al nostro Khatami Exit-2. Possibile che Khatami non avesse capito la lezione? E non si attendesse, che so, nuovi agguati?

Persino l’attuale presidente della Repubblica, Mahmoud Ahmadinejad, era caduto pochissimo tempo prima in una trappola del genere. La dinamica, però, è stata leggermente diversa. In occasione della Giornata dell’insegnante, Ahmadinejad si era fatto fotografare nell’atto di baciare la mano ad una sua settuagenuaria ex docente. Anche qui, riproduzione ossessiva delle foto su internet e pronta condanna dalla stampa più zelante, sebbene non con i toni parossistici riservati all’arcinemico Khatami. Decisamente più prudente, invece, è la “Guida” della Rivoluzione, Ali Khamenei, successore dell’Ayatollah Khomeini. Per compiere un galante baciamano, fotografato e riprodotto in centinaia di esemplari, Khamanei si è servito infatti di un accorgimento: un paio di guanti.

In definitiva, sembra che le parole di Ahmad Rafat, che ci riportano al nocciolo della questione, siano le più adatte a concludere questa breve rassegna. Chissà che la sua fantasmagorica ipotesi di una riforma dell’islam avviata per caso in una piccola città del nordest italiano si riveli più di un sogno di mezz’estate.

La legge islamica, se ci affidiamo all’interpretazione dei grandi ayatollah, proibisce se non in casi eccezionali che non i membri del clero, ma qualsiasi uomo, credenti, stringa la mano o tocchi una donna non consanguinea, o con un grado di parentela di primo grado. Pertanto se ci atteniamo a questa accezione della shari’a, Khatami in quanto uomo di fede, un religioso, ha commesso un reato, cioè non si è comportato secondo le regole. O Khatami si fa messaggero e portavoce di un rinnovamento nell’islam oppure sta nel torto. Pertanto non c’è stata una strumentalizzazione. O Khatami non ha fatto attenzione a chi stringeva la mano, allora dovrebbe essere più attento. Oppure, ha voluto comportarsi in un modo in Occidente, per avere le grazie e le attenzioni dell’Occidente, e poi rinnegarlo in Iran, allora l’accusa è di opportunismo e non mi pare un’accusa molto degna per un signore che vuole guidare una nazione e riformarle. Oppure Khatami vuole rinnovare l’islam e allora abbia il coraggio e lo dica. Io non credo che la colpa bisogna darla per quanto è successo a chi ha utilizzato questo filmato contro Khatami. La colpa è di Khatami, che non assume una posizione chiara. In un articolo ho scritto, [rivolgendomi] a Khatami: o chieda scusa, perché ha commesso un errore, e si sottometta al giudizio del tribunale del clero perché lei non ha rispettato i dettami dell’islam, oppure abbia coraggio e rivendichi il coraggio di riformare questo islam. […] Io ho scritto che, disgraziatamente, le sorti del riformismo in Iran sono finite nelle mani di due signore di Udine. E io credo che questo dimostri la gravità della situazione in Iran e la profondità della crisi che sta attraversando un paese, e che due strette di mano possano incidere sul futuro di un paese che ha settemila anni di storia.

Non sappiamo se la presunta rivoluzione di Khatami evocata da Rafat avverrà mai. Personalmente, riteniamo di no, anche se qualcuno sembrerebbe di questo parere. Siamo invece persuasi che, di qualunque cosa si tratti, questa storia complessa rifletta la situazione sul campo, intendendo con campo il vero Iran. Nel raccontarci questa storia, il Corriere della Sera ha chiaramente affermato che «in Iran negli ultimi anni le strette di mano tra uomini e donne non legati da vincoli familiari sono diventate molto più frequenti». «In Iran», gli ha fatto eco più o meno contemporaneamente The Guardian, «le strette di mano tra donne e uomini sono diventate più comuni negli ultimi anni nonostante le leggi islamiche».

Un piccolo ma significativo numero di testimonianze dimostrerebbe che, nelle parole di Vannuccini, mai si era vista «tanta distanza tra lo stato islamico e cittadini iraniani». Questa «vera e propria schizofrenia tra la legge e la realtà», come la descrive Codeluppi, riguarda proprio e soprattutto, ma ovviamente non solo, il campo femminile. Donne qualsiasi, soprattutto nella capitale o in ambiente urbano, alle quali:

sono rimasti pochi modi per comunicare tra cui quello di riguadagnare, con immensi rischi, un’azione antica come quella delle pratiche cosmetiche. Indossare un foulard colorato, truccarsi gli occhi e la bocca, camminare con scarpe con il tacco alto è il loro modo per imporre la propria identità e mostrare che la situazione può cambiare nonostante i codici rigidi che il governo di Ahmadinejad ha recentemente introdotto per tornare alla purezza dei primi anni della Repubblica Islamica.

Questa «schizofrenia» non manca poi di casi celebri e assolutamente rivelatori. Pensiamo ovviamente a Shrin Ebadi, l’iraniana premio Nobel per la pace impropriamente rievocata da Valerio Pellizzari nella conferenza udinese. «Dopo essere stata ripresa», scrive l’intervistatore, «in televisione a stringere le mani con un uomo la scorsa settimana – gesto che è tecnicamente proibito ma divenuto ormai di uso comune, degli studenti religiosi hanno dimostrato contro di lei». Anche Khatami – sì, proprio lui – ebbe parole di biasimo. Lei, però, se n’è altamente fregata. Ce lo riferisce la giornalista Vanna Vannuccini, che era personalmente con la Ebadi in quei momenti:

Mentre aspettiamo, nell’ufficio di Shirin arriva un fax: è una fatwa del Grand Ayatollah Montazeri. Riguarda il divieto di stretta di mano tra uomini e donne, un’altra delle regole imposte dal regime. Non c’è nulla nel Corano che proibisca alle donne di stringere la mano a un uomo e perfino di dargli fraternamente un bacio sulle guance, afferma il Grand Ayatollah. Tutti nell’ufficio si rallegrano. Tra le accuse che hanno colpito Shrin Ebadi al suo ritorno a Teheran dopo l’assegnazione del Nobel c’era quella di aver “vergognosamente” stretto la mano a delle persone che si congratulavano con lei.

Sempre la Vannuccini, durante un soggiorno iraniano, ha avuto modo di sperimentare questa realtà con un suo intervistato che «era nella lista nera del regime, ma questo non gli impedì di stringermi la mano, a dispetto dei rigidi codici khomeinisti in vigore». Altro episodio, questa volta raccontato da Der Spiegel in un articolo scritto per riferire come le donne siano «cittadine di seconda classe in Iran».Il giornalista si assicura un appuntamento con una cittadina molto particolare di Teheran, Laleh Seddigh, meglio nota per essere «l’atleta donna più controversa del paese». Nel 2004 Laleh ha acquistato tale fama per aver scelto di competere con un uomo: era la prima volta dal bando di Khomeini di 25 anni or sono. Quando arriva in albergo per rilasciare la sua testimonianza al giornalista dello Spiegel, la Seddigh non si fa alcuno scrupolo. «Mi allunga la sua mano in segno di saluto, un tabù in un paese nel quale alle donne è permesso stringere le mani solo a uomini imparentati. Ma Seddigh non è interessata ai tabù. La sua stretta di mano è possente».

La regola, dunque, c’è, ma sul grado di osservanza è lecito avere qualche dubbio. Meglio quindi non sbilanciarsi, ovvero adottare un po’ di cautela e non commettere l’errore in cui è caduto nel 2005 il corrispondente da Teheran della BBC. In missione in Iran per raccontare le elezioni di quell’anno, il giornalista decide di visitare il quartier generale del candidato Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, meglio noto come «lo squalo». Qui fa la conoscenza di una giovane attivista e diventa consapevole, per dirla con le sue parole, dello «handshake problem». La donna infatti si era educatamente presentata pronunciando il proprio nome, mentre il suo interlocutore «estrasse fuori la mano e gliela porse dicendole: “piacere di fare la sua conoscenza”». La reazione della donna è immediata e piccata. «Nella Repubblica islamica, mi ha detto con una severa ramanzina, non è permesso». Convinto di aver commesso una terribile «gaffe», il giornalista deciderà di includere nel suo articolo un «suggerimento per i viaggiatori in Iran: state attenti a chi stringete le mani».

Anno di Pubblicazione

2009

Editore

Campanotto

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