Lunedì scorso la Casa Bianca è stata teatro di un momento carico di aspettative. Trump, affiancato da Netanyahu, ha presentato un piano di pace per Gaza, un documento a 20 punti che aspira a chiudere un conflitto che ha lasciato profonde cicatrici. I due leader hanno condiviso strette di mano e promesse, ma la domanda resta: questo piano è accettabile? Sostenibile? E può rappresentare un passo praticabile verso la risoluzione della questione palestinese? Il contesto è complesso, ma non privo di spiragli. Dopo due anni di guerra, Gaza ha urgente bisogno di stabilità e ricostruzione. Trump ha fatto della pace in Medio Oriente una priorità, promettendo progressi rapidi in un conflitto che ha resistito a decenni di negoziati. Netanyahu, giunto a Washington per rafforzare la sicurezza di Israele, ha definito il piano “un’opportunità concreta”. Esso si fonda su pilastri pragmatici. Si inizia con un cessate il fuoco immediato: Hamas dovrebbe rilasciare entro 72 ore gli ostaggi israeliani vivi e le salme di oltre 20 defunti, in cambio della liberazione di 2.000 prigionieri palestinesi. Per i membri di Hamas che accettino la pace, si prevede un’amnistia; per chi rifiuta, un passaggio sicuro verso paesi terzi. Israele si impegna a un ritiro graduale delle truppe, mantenendo però un perimetro di sicurezza temporaneo. Sul fronte umanitario, il piano è ambizioso: aiuti per ricostruire ospedali, scuole, acquedotti e infrastrutture, gestiti da Onu e Croce Rossa. Il valico di Rafah riaprirebbe sotto controllo condiviso. La governance post-bellica è un elemento chiave. Gaza sarebbe guidata da un “comitato tecnocratico palestinese” di esperti, sotto la supervisione di un “Consiglio di Pace” presieduto da Trump stesso. Hamas non avrebbe un ruolo, mentre l’Autorità Palestinese dovrebbe adottare riforme. E lo Stato palestinese? Il piano lo definisce un “obiettivo futuro”, condizionato a progressi nella fiducia reciproca. Netanyahu, pur cauto, non ha escluso del tutto il dialogo su questo punto. Accettabile? Per Israele, il piano è un passo avanti: garantisce sicurezza, neutralizza le minacce di Hamas e apre a una Gaza più stabile. Netanyahu, sotto pressione per gli ostaggi e con un’opinione pubblica israeliana favorevole alla pace, trova in Trump un alleato affidabile. I mediatori arabi, come Qatar ed Egitto, hanno espresso interesse. L’Autorità Palestinese si è detta “disposta a collaborare” per un futuro pacifico. Hamas tace, ma fonti da Doha suggeriscono che stia valutando il piano, anche se il disarmo richiesto rimane un ostacolo. Sostenibile? Il piano ha potenzialità, ma richiede equilibrio. Gli aiuti economici possono trasformare Gaza, con infrastrutture moderne e opportunità di lavoro. La supervisione internazionale offre garanzie di trasparenza. Tuttavia, la presenza militare temporanea di Israele potrebbe generare tensioni, e la sostenibilità dipenderà dalla capacità di coinvolgere tutte le parti senza marginalizzarle. Un’economia revitalizzata è un obiettivo raggiungibile, ma richiede tempo e cooperazione. Praticabile come soluzione alla questione palestinese? Qui serve cautela. La questione palestinese è un puzzle complesso. Questo piano non pretende di risolverlo interamente, ma offre un punto di partenza. La ricostruzione di Gaza potrebbe diventare un modello di cooperazione, e il “Consiglio di Pace” di Trump garantisce un impegno internazionale di peso. I leader arabi hanno accolto con moderato ottimismo gli aspetti umanitari, vedendovi un ponte per la stabilità regionale. L’Europa ha definito il piano “incoraggiante”. Trump, con il suo talento per i grandi annunci, punta in alto: “Questo accordo cambierà la storia”, ha detto. Il successo degli Accordi di Abramo nel 2020, che hanno avvicinato Israele a diversi Stati arabi, mostra che il presidente sa creare opportunità inaspettate. Tuttavia, il piano deve affrontare ostacoli reali: senza il consenso di Hamas o un coinvolgimento più ampio dei palestinesi, il rischio di stallo resta alto. In conclusione, il piano Trump-Netanyahu è un segnale di speranza, ma non una soluzione definitiva. Accettabile come compromesso iniziale, sostenibile se gestito con cura, praticabile come primo passo verso una pace più ampia.
Marco Orioles
