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Gay, un passo indietro

Pubblicato il 04/06/2018 - Messaggero Veneto

Se c’è una cosa che abbiamo capito del neo-sindaco di Udine Pietro Fontanini è che la sua priorità è distinguersi in tutto e per tutto da chi lo ha preceduto. La sua amministrazione nasce nel segno della discontinuità, di una cesura netta da marcare con prese di posizioni che evidenzino la differenza di orientamento della nuova giunta. Questa realtà era già evidente in campagna elettorale, durante la quale Fontanini ha avanzato la proposta di mettere in soffitta il progetto di pedonalizzazione del centro storico: una chiara presa di distanza da uno dei progetti guida dell’amministrazione Honsell. Ha quindi definito Udine “città della morte”, per evidenziare la sua posizione di dissenso sul caso Englaro. Una volta conquistato lo scranno più alto di Palazzo D’Aronco, il nuovo sindaco ha quindi lanciato una provocazione: si è detto disposto a pagare di tasca propria il biglietto aereo ad un immigrato perché facesse ritorno in patria. Anche in questo caso, un messaggio dissonante rispetto ad una giunta, quella Honsell, che si era fatta paladina dell’inclusione sociale. L’ultima trovata di Fontanini non è stata meno dirompente: annullare l’adesione del Comune di Udine alla Rete nazionale delle pubbliche amministrazioni anti-discriminazione per orientamento sessuale e di genere (Ready). Una mossa che si sintonizza con quella del nuovo assessore regionale all’Istruzione e alla Famiglia Alessia Rosolen, che medita per l’appunto di far uscire la Regione Friuli Venezia Giulia da Ready. E che rappresenta un nitido segnale di rottura rispetto ad un’esperienza che la giunta precedente portava come un fiore all’occhiello. Con un atto che mette a nudo la visione del mondo della Lega, Comune di Udine e Regione scelgono dunque di scendere dal cavallo di una battaglia, quella contro le discriminazioni, che essi percepiscono come inutile o non prioritaria o, peggio, come la bandiera di una parte politica che si ritiene opportuno ammainare. La matrice ideologica della manovra delle due amministrazioni è resa evidente dalle dichiarazioni di Fontanini, che si proclama difensore della famiglia naturale e afferma di volerla porre al centro delle proprie politiche. Sono, più o meno, le stesse idee coltivate da un altro leghista eccellente, il neo-ministro per la Famiglia e la Disabilità Lorenzo Fontana. Che si è fatto immediatamente notare per aver dichiarato che le famiglie arcobaleno “per la legge non esistono”. Siamo dunque in presenza di un radicale cambio di rotta, a livello sia nazionale che locale, in materia di diritti civili. La Lega arrembante e di governo marca le distanze da chi ha retto il Paese prima di lei, e lo fa anche su un piano simbolico come quello relativo alla lotta per l’affermazione dei nuovi diritti. Fontanini e Fedriga, evidentemente, ritengono poco importanti i risultati dell’indagine Amnesty-Doxa, secondo cui il 40,3% delle persone omosessuali e transgender afferma di essere stato discriminato nel corso della vita. Questo problema è percepito come irrilevante dai nostri nuovi governanti. Che nella foga di cancellare ogni traccia delle politiche realizzate da chi li ha preceduti, fanno fare un colossale passo indietro al nostro Paese. E a una città, Udine, che era diventata una sorta di capitale dei diritti e della civiltà. Una delusione cocente, che meriterebbe un ripensamento da parte di Fontanini, cui facciamo presente che tutelare la famiglia naturale e lavorare per contrastare le discriminazioni non sono compiti incompatibili.

Fontanini PIetroFriuli Venezia GiuliaMessaggero VenetoUdine
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