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Il papa della pace e il faccia a faccia Trump-Zelensky che riapre i giochi

Pubblicato il 01/05/2025 - Messaggero Veneto

Trump e Zelensky S. Pietro
Trump e Zelensky all'interno di S. Pietro

Francesco, il papa della pace che non ha mai smesso di invocarla per quella che lui stesso definiva la “martoriata Ucraina”, pare aver continuato a lavorare per questo obiettivo anche il giorno delle sue esequie. Lo ha fatto rendendo assoluto protagonista del funerale proprio il presidente ucraino Zelensky, accolto – per inciso – da un fragoroso e sincero applauso da parte dei fedeli assiepati in Piazza San Pietro, con buona pace di chi vede in lui il principale ostacolo alla conclusione di quella orrenda guerra ai confini dell’Europa. Un funerale, quello di Bergoglio, che ha fatto da sfondo a una spettacolare girandola di diplomazia internazionale di cui resteranno nella storia due fotogrammi scattati dentro la basilica quando mancavano pochi minuti all’inizio del rito: quello di Trump, Zelensky, il britannico Starmer e Macron a colloquio in cerchio, e soprattutto quello che ha immortalato i quindici minuti di faccia a faccia tra il presidente Usa e quello ucraino accomodati su due sedie collocate in fretta e furia in mezzo alla basilica. È stato un incontro che la Casa Bianca in un successivo comunicato ha definito “molto produttivo” e che, a detta di Zelensky, ha “il potenziale di diventare storico”. Ed è effettivamente storica l’immagine dei due leader seduti l’uno di fronte all’altro quasi fosse un confessionale servito per rettificare agli occhi del mondo la posizione Usa sui negoziati di pace finora considerati eccessivamente indulgenti verso le ragioni del Cremlino. Del resto, fino a quel momento l’America aveva gestito la trattativa con Putin e Zelensky in un modo che molto ha preoccupato Kyiv e l’intera Europa. Basti pensare al disastroso incontro del 28 febbraio nello Studio Ovale in cui Trump e il suo vice Vance hanno rivolto, davanti alle telecamere, feroci critiche al leader ucraino. “Devi essere più grato – aveva detto il capo della Casa Bianca al suo interlocutore – perché, lasciatelo dire, non hai nessuna carta da giocarti”. Critiche aggravate dal successivo post scritto da Trump sul suo social Truth in cui, parlando di Zelensky, ha detto che “ha mancato di rispetto agli Usa nel loro amato Studio Ovale”. Ma a inquietare tutti è stata soprattutto l’azione dell’inviato speciale del presidente Steve Witkoff, che ha incontrato tre volte Putin e soprattutto rilasciato dichiarazioni che lasciavano intuire un completo appiattimento con le richieste russe. Come quando, lo scorso 11 aprile, Witkoff ha fatto capire al suo capo che concedere a Mosca il controllo delle quattro province occupate dall’esercito russo (Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson) sarebbe il modo più veloce per ottenere il cessate il fuoco. O come quando, in una precedente intervista, suggerì che l’insistenza ucraina per riottenere quei territori e anche la Crimea fosse il principale ostacolo alla pace. Trump poi ci ha messo del suo, scrivendo il 23 aprile su Truth a proposito della Crimea che “non c’è proprio nulla da discutere su questo”, addossando sul suo predecessore Obama la responsabilità per non aver fatto nulla nel 2014 per impedire a Putin di impossessarsi della penisola. Ma ora, dopo l’iconica foto di Trump e Zelensky all’interno di San Pietro, i giochi sembrano riaprirsi.

Marco Orioles

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