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Perché il 5G sarà rivoluzionario. L’analisi di Pileri (ex Telecom) per Ispi

Pubblicato il 06/02/2019 - Start Magazine

Che cosa ha scritto Stefano Pileri, ceo di Italtel e in passato top manager di Telecom Italia, nel suo contributo pubblicato nel recentissimo rapporto Ispi, “L’infrastruttura della futura connettività” e intitolato “L’impatto delle nuove reti e del 5G nelle economie globali”

La rivoluzione del 5G è ormai in dirittura d’arrivo, e quando la rete mobile di quinta generazione avrà dispiegato i suoi effetti dirompenti, il traguardo prefissato dall’Europa – l’edificazione della cosiddetta “Gigabit Society” – sarà finalmente a portata di mano.

L’avvento del 5G ci appare come il più recente stadio evolutivo di un cammino, quello della digitalizzazione, che ebbe inizio con l’avvento del computer e con il parallelo dispiegamento di quelle reti di telecomunicazione che permettevano alle macchine di realizzare la trasmissione e lo scambio dell’informazione, ossia della materia prima di cui si alimenta l’odierna Società dell’informazione. Con l’entrata in scena del 5G, le reti diventeranno artefici e protagoniste di un salto drammatico, in termini di velocità e capillarità, della capacità di uomini e macchine di connettersi. Quando il 5G sarà entrato a far parte della vita di tutti i giorni dei cittadini europei, niente sarà più come prima.

Ma qual è, nel dettaglio, l’architettura su cui si fonda il 5G? Come funzionano, e come si articolano, le infrastrutture su cui si reggerà, nell’era del 5G, la comunicazione reticolare? Per scoprirlo, è utile l’expertise del ceo di Italtel, Stefano Pileri, un uomo che conosce come pochi questo mondo essendo stato per anni anche top manager di Telecom Italia. Pileri ha scritto un contributo pubblicato nel recentissimo rapporto ISPI, “L’infrastruttura della futura connettività” e intitolato “L’impatto delle nuove reti e del 5G nelle economie globali”.

Le reti di telecomunicazione, spiega Pileri, sono “le fondamenta dell’economia digitale”. Hanno tre componenti principali: accesso, backbone e cloud, che rappresentano l’ABC della rete. L’accesso è ciò che permette la connessione tra i device mobili, le abitazioni e gli uffici. Il backbone è ciò che connette i punti di aggregazione dell’accesso: sono le linee di comunicazione a lunga distanza che collegano i nodi della rete. Il cloud infine è formato dai data center che fanno funzionare le varie applicazioni di rete.

Cominciamo con l’accesso, quindi con l’insieme delle linee di comunicazione che connettono case, uffici e le antenne per la comunicazione mobile. È un ambito che è stato interessato da una forte componente di innovazione: le vecchie reti costruite con i cavi di rame su cui viaggiavano le telefonate sono state sostituite da un’architettura in fibra ottica, che ha il compito di consentire il cosiddetto Fiber-to-the-Home (FTTH). La fibra si dispiega a partire dai cosiddetti Points Of Presence (POPs), che collegano i punti terminali della rete. La fibra si dirama in vari punti di derivazione (che possono essere otto, sedici o trentadue) che consentono il collegamento alla rete dei singoli edifici, delle case e dei luoghi di lavoro.

Lo sviluppo della rete vive oggi, racconta Pileri, “una fase di realizzazione tumultuosa”. I governi europei si sono prefissati l’obiettivo di creare entro il 2025 una rete FTTH capillare che permetta a tutti i punti di connettersi a velocità superiori a 100 Mbit/s, nel caso delle abitazioni, e a 1 Gbit/s, nel caso delle attività economiche. Il piano strategico del governo italiano prevede di investire 12 miliardi di euro entro il 2025 per completare il cablaggio dell’intero paese. È un piano che sta procedendo a velocità sostenuta verso l’obiettivo di offrire a tutte le 24 milioni di abitazioni e ai 36 milioni di unità immobiliari la connettività ultra-veloce.

Se l’accesso assurge al rango di diritto fondamentale nella società dell’informazione, è l’accesso nella sua modalità mobile ad essere il pilastro dell’offerta del futuro 5G. L’accesso mobile si basa, ricorda Pileri, su un set di antenne e ricetrasmettitori: in Italia se ne contano più di 70 mila, ed è un numero soggetto a continuo incremento. Le stazioni Radio Base sono collegate ai POP attraverso connessioni in fibra ottica edificate con una struttura punto a punto.

La comunicazione su rete mobili usa molteplici frequenze di banda: nel caso del 5G, si tratta di alte frequenze che, rispetto alle basse frequenze (che forniscono una maggiore copertura e capacità di penetrazione) aumentano il range e la velocità della rete. Le frequenze del 5G in Italia sono state assegnate di recente nell’asta indette dal governo, che ha fatto incassare allo Stato ben 6,5 miliardi di euro, una cifra che indica chiaramente quale potenziale rechi lo sviluppo della rete mobile di quinta generazione.

Il 5G porta con sé l’aumento considerevole (stimato in dieci volte rispetto a quelle attualmente installate) del numero di antenne e permetterà di combinare le odierne macro celle con celle più piccole che saranno connesse alla fibra ottica. “La mia stima”, dice Pileri, “è che per coprire il territorio italiano sarà necessarie più di un milione di antenne”.

Veniamo infine al Cloud, che è il terzo componente chiave delle moderne reti di telecomunicazione. Il Cloud, come sappiano, è emerso qualche anno fa come modello di utilizzo delle risorse informatiche alternativo a quello dei centri autonomi di calcolo. Tali risorse sono ora fornite da soggetti specializzati, i cosiddetti cloud provider. In tempi più recenti, abbiamo assistito all’avvento del cloud distribuito (edge cloud), che permette alle reti di elaborare i dati più vicino alla fonte, rendendo tale elaborazione più veloce ed efficace (requisito indispensabile per applicazioni che richiedono risposte in tempo reale come lo streaming video, la realtà virtuale e la realtà aumentata).

“Nel cloud distribuito delle nuove reti”, osserva Pileri, “i device diventano virtuali e crescono o decrescono automaticamente come numero in base ai bisogni dell’utente. La tecnologia che abilita questo comportamento si chiama Network Functions Virtualization (NFV) e trasforma defintivamente le reti di telecomunicazione in reti di computer, connesse a terminali e oggetti via fibra ottica e attraverso una moltitudine di antenne che lavorano a frequenze molto alte”.

L’evoluzione del cloud non è ancora finita: per gestire l’enorme flusso informativo generato da miliardi di oggetti intelligenti, il cloud dovrà diventare ancora più distribuito. Vedremo così la nascita di quello che Pileri definisce una Federazione di cloud, che altro non è se non lo scambio incessante di dati attraverso svariati cloud provider.

Accesso, backbone e cloud: questo è l’ABC delle moderne reti per la telecomunicazione. E di quel 5G che, nel momento in cui decollerà, darà un contributo decisivo alla nascita della Gigabit Society. Allacciamo le cinture.

 

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