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Udine, musulmani discriminati

Pubblicato il 04/03/2019 - Messaggero Veneto

Il Comune di Udine discrimina i musulmani? È quando dobbiamo desumere dal comportamento del Consiglio Comunale, reo di aver approvato una modifica del regolamento per l’applicazione dell’imposta unica comunale (TARI – IMU – TASI) che introduce, tra le altre cose, un regime di esenzioni per alcune categorie di soggetti. In particolare, l’art. 28 stabilisce che sono esclusi dal tributo i “locali” che sono “adibiti in via permanente al culto di confessioni religiose che, oltre a quella cattolica, sia(no) ammess(e) dallo Stato italiano sulla base di intese”. Tradotto in pratica, non pagheranno la TARI i luoghi di culto di quelle religioni che, come prevede l’art. 8 della Costituzione, hanno stipulato un’intesa con lo Stato. Chi non possiede questo requisito, invece, pagherà la somma dovuta nella sua interezza. E siccome a non vantare un’intesa con lo Stato sono, anzitutto, i musulmani, ecco che quel regolamento introduce di fatto una discriminazione, mirata quanto astuta, contro le tre moschee presenti nel territorio comunale. Un’operazione che però confligge patentemente con la nostra Carta fondamentale, di cui vengono violati più articoli: l’art. 3, che sancisce il principio di uguaglianza di tutti di fronte alla legge “senza distinzione di religione”, l’art. 8, comma 1, secondo cui “tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge”, e l’art. 20, che stabilisce che “il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d’una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività”. Il Comune di Udine si aggrappa insomma ad una scusa grossolana – i musulmani non hanno un’intesa con lo Stato – per commettere una clamorosa sopraffazione. Che denota la volontà di penalizzare una minoranza verso cui non si nutre particolare simpatia. Colpevole di che, poi? Se lo Stato e i musulmani italiani non hanno, come auspica la Costituzione, regolamentato i loro rapporti con un’intesa, non lo si deve al rifiuto da parte dei seguaci di Maometto di sottomettersi alle nostre leggi, ma a fattori oggettivi ed intrinseci. Come dappertutto, l’Islam in Italia non è una realtà compatta ed omogenea, capace dunque di interloquire con lo Stato con una voce sola. È, invece, un arcipelago di comunità che, al di là del condividere una serie di riferimenti e pratiche (la fede in Allah, l’obbedienza al Corano, la preghiera cinque volte al giorno, ecc.), sono divise dall’adesione a specifiche tradizioni culturali, lealtà nazionali e autorità. Una strutturale pluralità che ha impedito ai musulmani italiani, almeno finora, di negoziare collegialmente con lo Stato. Può questo essere un motivo per colpirli, facendo speciose distinzioni tra comunità e aggiudicando privilegi alle une e negandoli alle altre? La Costituzione dice, chiaramente, di no. Il sindaco Fontanini che ne pensa?

IslamMessaggero VenetoMusulmani in FvgUdine
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