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Zelensky a Sanremo divide il Paese

Pubblicato il 01/02/2023 - Messaggero Veneto

L’Italia e il mondo politico sono divisi sulla prevista apparizione, con un breve videomessaggio preregistrato, del presidente ucraino Zelensky al festival di Sanremo. Tutte più o meno pretestuose, le critiche sono state ampie e diversificate nonché giunte da ogni direzione, dalla sinistra al centro fino alla destra. La più generosa riguarda l’inopportunità di introdurre l’argomento guerra in un contesto ‘leggero’ come il più popolare festival della canzone italiana: argomento invalidato dalla ricorrente presenza di personalità, uno per tutti l’ex presidente dell’Urss Michail Gorbaciov, e soprattutto di messaggi di impegno politico e sociale che da sempre fanno capolino laddove ci sono spettacolo e audience. L’accusa più pesante è stata mossa dai primi firmatari di una petizione contro la presenza di Zelensky a Sanremo che, oltre al barricadero Alessandro Di Battista, include nomi più o meno illustri come Carlo Freccero, Franco Cardini, Moni Ovadia e altri. A giudizio di costoro va valutata negativamente l’introduzione nel menu di Sanremo del presidente di una nazione belligerante, quasi come se si volesse forzatamente far schierare da una parte sola un popolo unito in un evento televisivo di massa. Ma scorrendo il testo presentato a corredo della petizione si possono notare macroscopiche distorsioni ideologiche che vogliono spingere l’opinione pubblica a percepire Zelensky come il primo guerrafondaio di un conflitto fortemente voluto da attori spregiudicati come gli Usa e la Nato; conflitto di cui ovviamente la Russia viene prospettata quasi come una vittima. La petizione è degna di nota perché rappresentativa, oltre che di un malessere generale nei confronti della guerra, del radicamento di un pensiero che, quando non inneggia platealmente a Putin, ne sposa la distorta visione del mondo. Ma la notizia qui non sta tanto nella ben nota presenza del plotone dei putiniani d’Italia quanto nel fatto che nel nostro Paese finisca per diventare un caso nazionale e un terreno di scontro politico ciò che nei precedenti di Cannes e dei Golden Globes non ha suscitato alcuna controversia. Possiamo dunque parlare di un caso Italia per quanto riguarda quella che, almeno ufficialmente, è l’unanime posizione dei Paesi occidentali e dell’Ue circa il sostegno a Kiev? Ci sono buone ragioni per pensare di sì, come mostrano i risultati di un recente sondaggio coordinato dal network Euroskopia da cui emerge che sono più gli italiani contrari all’invio delle armi all’Ucraina da parte del governo rispetto ai favorevoli. Non si creda tuttavia che altrove il medesimo argomento non susciti polemiche e riserve. In America per esempio esiste un vasto fronte repubblicano che non condivide la linea del sostegno illimitato portata avanti dall’Amministrazione Biden. Ora che l’Occidente ha optato per quella che persino un quotidiano come Repubblica ha definito escalation per parlare del sofferto invio dei carri armati, questo tipo di opinioni è destinato molto probabilmente a rafforzarsi insieme allo scetticismo su una guerra di cui non si vedono gli sbocchi e di cui si contesta la nostra compartecipazione.

Guerra in UcrainaMessaggero VenetoZelensly Volodymyr

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