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Cronaca di un incontro al centro islamico

Pubblicato il 28/05/2007 - Archivio Marco Orioles

Questa è la relazione di una delle due studentesse che, su proposta del loro docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi, hanno visitato nel maggio 2007 il centro islamico di via del Vascello a Udine – luogo con la fama di essere impenetrabile ai non musulmani e specialmente alle donne. Le ragazze si sono presentate all’imam Mohammed Erbesh e al portavoce Bouraoui Slatni totalmente a digiuno di nozioni su islam e dintorni ma determinate a trarre il meglio da un’esperienza totalmente nuova e in fondo affascinante. Esiste un video che documenta questo singolare momento condito da una stretta di mano di troppo: lo trovate in fondo. All’epoca, docente e studenti del corso della Facoltà di Scienze della Formazione si lanciavano in queste ed altre iniziative e avevano anche lanciato un blog e un canale YouTube intitolati “La casbah di Udine” dedicato ai temi degli incontri e degli scontri tra le culture. Il blog non esiste più, ma i suoi materiali – compresa la relazione qui sotto pubblicata  – sono confluiti nel mio libro La casbah di Udine


Cronaca di un incontro

di Anna M.

Sono le 17.30 di un caldo sabato ormai estivo: dopo aver atteso invano il professore davanti all’ex cinema ferroviario, inforchiamo nuovamente la nostra bicicletta e ci dirigiamo verso il “Centro”, il luogo stabilito per l’incontro.

Devo dire la verità, non sapevo dove fosse e nemmeno che ce ne fosse uno a Udine!

Aspettiamo qualche minuto fuori dal cancello mentre gli uomini che si sono riuniti per la preghiera, lasciano in piccoli capannelli la Moschea: così ascoltiamo (ovviamente senza capire) i discorsi che nascono e si consumano in quei pochi minuti.

Intanto ci preoccupiamo di non risultare offensive nel nostro modo di abbigliare e per questo ci siamo premurate di portare con noi uno scialle con il quale, nell’eventualità, coprirci il capo.

Veniamo, dopo poco, raggiunte dal portavoce del centro, il signor Slatni, molto cordiale, affabile che, dissolta ogni nostra preoccupazione, ci fa entrare e accomodare in una stanza che poi scopriremo in seguito riservata alle donne nei momenti di preghiera e ai bambini la domenica mattina, quando, nello stesso luogo, si tengono le lezioni per studiare la lingua araba.

Bussiamo sempre “in punta di piedi” e, aprendo la porta, scorgiamo una giovane mamma completamente velata con accanto la figlia che ci osserva attentamente e poi si scioglie in un grande sorriso.

In quel momento mi sento anch’io piccola quanto lei e mi accomodo su una sedia appoggiandomi a quei vecchi banchi di una volta: sembra proprio di essere al primo giorno di scuola!

Attendiamo ancora qualche minuto, enormemente lungo, durante il quale ho l’occasione di guardarmi un po’ in giro: qualche mobile, qualche tappeto a coprire il pavimento, una piccola scrivania e una luce strana accompagnata da quel vociare lontano che va via via a scemare.

Ormai siamo rimaste solo noi due e ci rendiamo conto che forse il nostro bagaglio culturale non potrà supportarci durante questo viaggio: il mio pesa così poco e così poco conosciamo della nostra religione, figuriamoci delle altre!

Ma, in fondo, non sappiamo ancora di cosa parleremo per cui non vale la pena preoccuparsene troppo.

E infatti, come accade nella maggior parte delle volte, dissipato ogni timore, iniziamo a colloquiare (magari più i nostri interlocutori che noi!) prendendo spunto dalle pagine del Corano che ci viene letto e spiegato in qualche sua parte rendendolo chiaro anche a noi che così abbiamo esordito: scusateci se non ne sappiamo nulla.

Abbiamo però portato una gran voglia di ascoltare e di dar voce ai numerosi dubbi e incertezze che spesso contraddistinguono la “non piena consapevolezza dell’altro” e che nascono in coloro che hanno il tempo e la voglia di rifletterci.

Ci siamo lasciati dopo tre ore di parole e versetti e molti fogli di appunti riportati forse non troppo alla lettera a causa della gran mole di informazioni difficili da digerire in così breve tempo. Alcune lacune sono state riempite, altre devono ancora avere una risposta, chissà magari in un prossimo incontro!

La preghiera è ricominciata e noi, cercando di dare un ordine ai tasselli che compongono il puzzle della conoscenza e che faticosamente in quest’occasione ci siamo guadagnate, ci allontaniamo alla chetichella, con nella mente le “sure” del Corano recitate e tradotte e nell’animo qualche interrogativo in più: si può vivere insieme? quali gli ingredienti per con-dividere tutto ciò che di unico vi è nell’altro? e poi, per originare che cosa?

Forse una società fondata sul rispetto, l’accettazione, la non prevaricazione, la non imposizione di un Dio sugli altri…

In fondo tutto ciò che desideriamo è che ci sia data la possibilità di poter vivere nel migliore dei modi nella nostra società (quale il confine?), arricchendo noi stessi di ciò che gli altri ci possono donare, anche solo una briciola di saggezza in più.

 

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