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Che cosa cambierà in Tunisia con il nuovo primo ministro Mechichi

Pubblicato il 27/07/2020 - Start Magazine

Le ultime novità politiche in Tunisia – Paese rilevante per l’Italia su energia e non solo – commentate da Lorenzo Marinone, responsabile del Desk Medio Oriente e Nord Africa del Centro Studi Internazionali (Cesi)

 

Si sblocca la crisi politica in Tunisia: il presidente Kais Saied ha designato il ministro dell’Interno Hichem Mechichi come nuovo primo ministro al posto del dimissionario Elyes Fakhfakh.

SI CHIUDE UNO STALLO LUNGO UN MESE

La nomina chiude circa un mese di stallo dovuto alle accuse di conflitto di interesse mosse a Fakhfakh da parte di una compagine del parlamento guidata dal partito di ispirazione islamica Ennahda che lo hanno costretto a rassegnare le dimissioni dopo appena cinque mesi di incarico.

Mechichi ha adesso un mese di tempo per formare un governo in grado di superare il voto di fiducia del parlamento. In caso contrario, il presidente Saied sarà costretto a sciogliere le camera e indire nuove elezioni.

“Lavorerò per formare un governo che vada incontro alle aspirazioni di tutti i tunisini e risponda alle loro legittime domande”, ha dichiarato ieri Mechichi.

GLI INTERESSI ITALIANI

Anche in Italia la crisi tunisina è stata seguita con attenzione. Sono molti infatti gli interessi del nostro paese in Tunisia, dove è in ballo un investimento congiunto di 600 milioni di euro tra Terna e Sern.  I due Paesi, come ha fatto notare Start Magazine, sono legati anche da un proficuo interscambio economico purtroppo soggetto a deterioramento nell’ultimo periodo. Secondo i dati pubblicati dall’Istituto nazionale per le statistiche, le importazioni in Tunisia hanno visto un calo del 24,1 per cento contro un aumento del 14,6 per cento nel primo semestre del 2019, raggiungendo un valore di 7.677 milioni di euro contro i 10.119 milioni di euro nello stesso periodo del 2019.

GLI INTERESSI ENERGETICI E IL RUOLO DI ENI

Da tenere in debito conto sono poi i legami energetici tra i due paesi, ben simbolizzati dal passaggio In Tunisia del Trans Mediterranean Pipeline – Transmed, noto anche come gasdotto Enrico Mattei, che collega Algeria e Italia passando per la Tunisia. Gli accordi sono stati firmati un anno fa dal ministro tunisino dell’Industria, Slim Feriani, e dall’ad di Eni, Claudio Descalzi, alla presenza dell’allora primo ministro Youssef Chahed e dovrebbero avere una durata sino al 2029.

In Tunisia, inoltre, Eni gode di una ottima posizione come player prominente: presente in Tunisia dal 1961 nei settori Upstream, Gas & LNG Power and Marketing e Refining & Marketing. Dal 1998 detiene, ad esempio, una partecipazione del 34% in Bitumed, società per l’importazione e commercializzazione di bitume nel mercato tunisino e presente anche nella distribuzione di lubrificanti. Nel 2017, la quota di produzione nel paese è stata pari a 9 mila boe al giorno. L’attività di estrazione è concentrata soprattutto nel sud e nell’offshore mediterraneo, di fonte ad Hammamet, con i blocchi Maamoura e Baraka e quelli onshore di Adam, Oued Zar, Djebel Grouz, Mld ed El Borma. Ma è soprattutto nel settore gas che si fanno più stretti i rapporti tra Italia e Tunisia: tra il 1977 e il 1983 Eni ha realizzato il gasdotto Transmed che collega l’Italia all’Algeria attraverso la Tunisia e che consente il trasporto di combustibile lungo i suoi 740 km di percorso da Cap Bon sul canale di Sicilia e Oued Saf saf, punto di consegna con la frontiera algerina.

LA CRISI POLITICA: IL COMMENTO DI MARINONE (CESI)

Per decifrare gli eventi delle ultime ore, Start Magazine ha sentito Lorenzo Marinone, responsabile del Desk Medio Oriente e Nord Africa del Centro Studi Internazionali (Cesi) e conoscitore delle attuali dinamiche politiche dei paesi del Maghreb.

“La nomina di Mechichi da parte del capo dello Stato a premier – spiega Marinone – è arrivata molto a sorpresa, nel senso che i tempi non dovevano essere questi ma dovevano essere più lunghi. È una nomina che è arrivata in modo irrituale rispetto al modo precedente con cui il presidente aveva gestito la fase di crisi, cioè quella successiva alle elezioni quanto sono stati bruciati diversi candidati. La prassi instaurata da Saied era che lui si sarebbe aspettato dai partiti una rosa di nomi da cui fare la sua scelta naturalmente dopo le consultazioni con i partiti”.

“Stavolta invece Saied non ha fatto nulla di tutto questo è ha nominato direttamente il ministro dell’Interno che è una persona senza affiliazione politica e a ben vedere è inquadrabile come un suo fedelissimo. Si tratta cioè di una persona di cui il presidente si fida molto, con cui condivide lo stesso background e lo stesso modo di ragionare. È molto giovane e non ama stare sotto i riflettori, anzi preferisce lavorare ai margini e quindi meglio, lontano dall’agone politico propriamente detto”.

In merito alle reali ragioni dello scoppiare di questa crisi, Marinone ha un’idea ben precisa. “In realtà, le dimissioni di Fakhfakh sono state il risultato di un braccio di ferro molto poco nascosto tra Ennhada, altri piccoli partiti e il presidente Sayed. La posta in palio è avere più voce in capitolo nell’indirizzo politico del paese. E in questo Ennhada ha mostrato di voler giocare una partita del tutto personale con il presidente del Parlamento Ghannouchi che ha cercato di portare avanti la propria agenda tradizionale. Lo storico leader di Ennhada aveva inoltre cercato di portare avanti certi temi di politica estera che esulavano dalle sue prerogative di presidente del parlamento invadendo il campo di quello della Repubblica. Da qui è nato questo braccio di ferro che ha portato alcuni partiti anche a chiedere le dimissioni di Ghannouchi da presidente”.

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