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Da un test taroccato spunti per fare un po’ di giustizia

Pubblicato il 24/09/2020 - Messaggero Veneto, Il Piccolo

Per quanto sgradevole e indicativa della persistenza di una certa Italia, la vicenda del test d’italiano taroccato del calciatore uruguaiano Luis Suarez ci consente di operare una riflessione sulle condizioni imposte agli stranieri per diventare cittadini italiani. Non intendiamo commentare la vicenda giudiziaria che vede coinvolti docenti e autorità dell’Università per Stranieri per Perugia e, forse, la Juventus con la spada di Damocle di un’accusa per corruzione. Prima che però la magistratura faccia chiarezza, è necessario puntualizzare che, se il fatto fosse confermato, rappresenterebbe uno smacco per il milione circa di italiani senza cittadinanza che quel traguardo ambito devono conquistarselo senza spintarelle e con l’aggravante di procedure burocratiche che possono far attendere l’ambito status anche per quattro anni. A Suarez questo calvario sarebbe stato risparmiato, inclusa la fatica di apprendere un po’ di grammatica e lessico della lingua di Dante. In quell’impasto di arroganza e sicumera che è il mondo nel calcio si pretende infatti che le regole ordinarie siano sospese, e che al loro posto prevalgano i privilegi. In realtà, da aspirante cittadino italiano, Suarez avrebbe avuto non il dovere, ma il piacere di impegnarsi nello studio della lingua italiana nella prospettiva di una sua precoce inclusione nella squadra e nel nuovo contesto di vita. Invece ha preferito la via comoda, favorito in questo probabilmente – questo lo vedremo – da una team senza scrupoli e da un’università che ha preferito barare pur di accontentare il cliente prestigioso. Una classica vicenda italiana, insomma, che ha l’effetto collaterale di svilire una delle fasce sociali più dinamiche della nostra società: le seconde generazioni di immigrati, ossia quei figli dei cittadini stranieri che spesso e volentieri dimostrano più affezione verso questa terra che i suoi abitanti, ma cui l’Italia nega il diritto di avere la cittadinanza se non dopo una lunga e complicata procedura che il richiedente deve seguire senza sbagliare una virgola. È il famoso problema dello Ius soli che purtroppo non ha trovato compimento nella scorsa legislatura nonostante il provvedimento che modificava le regole per acquisire la cittadinanza fosse passato in prima lettura in uno dei rami delle camere. Esaurita adesso la sbornia elettorale, che ha avuto l’effetto di puntellarlo, il governo Conte avrebbe ora il dovere di riprendere in mano il dossier ed elaborare una nuova proposta. Già il Pd, in varie occasioni, ha invocato almeno il varo del cosiddetto Ius culturae, variante che attribuisce la cittadinanza al minore straniero dopo che questi ha completato un intero ciclo scolastico. Tale requisito, che assicura la miglior conoscenza della lingua italiana da parte dello studente, è proprio ciò che fa meritare ai ragazzi di seconda generazione il beneficio della cittadinanza italiana più di quanto possa un giovane calciatore cui probabilmente importa assai poco di questo Paese e della sua cultura (della sua lingua si è detto) e che tra qualche anno sarà in chissà quali altri lidi a godersi i suoi lauti guadagni.

Il PiccoloimmigrazioneMessaggero Venetoseconde generazioni
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