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I migranti sono un mezzo per scardinare l’Europa

Pubblicato il 30/06/2019 - Messaggero Veneto

Nel Paese alla rovescia che è diventato l’Italia da quando è ostaggio delle pulsioni anti-migranti che promanano dal Ministero dell’Interno, può ben accadere che un’eroina dell’accoglienza come Carola Rackete sia posta agli arresti e che il governatore del FVG possa invocare, a fronte di qualche ingresso irregolare di troppo, la sospensione di Schengen e il filo spinato alla frontiera. Questo, ahinoi, è lo spettacolo che siamo costretti a contemplare da quando sul nostro amato Paese spira quel vento sovranista che, altrove, ha già partorito il sonno della ragione. In questo panorama cupo in cui umanità e solidarietà sono messe al bando e la ragion di Stato è invocata per compiere le peggiori nequizie, il nome di Matteo Salvini svetta nel gotha dei leader che, da un versante all’altro dell’Atlantico, fanno a gara a chi mostra la faccia più feroce. Così, ispirandosi al muro con cui Donald Trump vorrebbe sigillare il confine tra Stati Uniti e Messico, e alle recinzioni con cui il Viktatore di Budapest ha arginato il flusso dei migranti che bussavano alle porte dell’Ungheria, il Capitano leghista vuole non solo a porsi in scia, ma fare un passo ulteriore. Nella minacciata blindatura della frontiera con la Slovenia, infatti, si può ravvisare l’ennesima salva sparata da un’Italia sempre più verde (e sempre meno gialla) all’indirizzo della tanto deprecata Ue. A quella casa comune degli europei, cioè, che tanto si è spesa per la cancellazione di questa ed altre barriere alla libera circolazione di uomini, mezzi e merci. Nell’Europa che Salvini e i suoi epigoni sognano di rimodellare a propria immagine e somiglianza, le code ai valichi e altri impicci che pensavamo di aver relegato definitivamente nel cestino della storia valgono bene tutta la posta in gioco. Già, ma qual è esattamente la posta in gioco di questa battaglia a difesa dei sacri confini della patria? Se stiamo alle ultime dichiarazioni dell’inquilino del Viminale, il risultato sarà “quello di poter godere delle bellezze del Friuli Venezia Giulia in piena sicurezza, senza tendopoli e bivacchi improvvisati nelle stazioni, senza passatori sui sentieri, senza strani personaggi che ciondolano nelle città, senza spacciatori”. Questa è musica per le orecchie del presidente del FVG Massimiliano Fedriga, che ha cominciato il suo mandato tagliando con l’accetta i programmi per l’integrazione e incrementando di sette volte i fondi per i rimpatri “volontari”. Ben venga, dunque, il filo spinato e chissenefrega che il FVG abbia nel proprio Dna l’apertura ad Est e vanti una lunga e vivacissima storia di scambi transfrontalieri. Poco importa, a questo punto, anche la scommessa con cui Collio e Brda mirano ad incassare l’ambito titolo di patrimonio Unesco e a dare vita ad un continuum territoriale di rara bellezza. Per Salvini e Fedriga, questi sono solo danni collaterali di una battaglia campale pensata e portata avanti con un solo obiettivo in mente: scardinare l’Europa. I migranti sono solo un mezzo.

 

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