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Il professore decapitato e la libertà d’espressione

Pubblicato il 21/10/2020 - Il Piccolo

La macabra esecuzione di Samuel Paty, il docente francese reo di aver mostrato in classe delle caricature di Maometto non gradite da allievi e genitori di fede islamica radicale, è una storia che parte da lontano. Esiste anzi una data precisa di nascita di questa lotta fanatica contro la libertà d’espressione ingaggiata dalle frange di estremisti che non tollerano in particolare la riproduzione della figura del Profeta, tanto meno se in un contesto satirico. Siamo nel 2005 e un quotidiano danese viene a sapere che un giovane scrittore aveva realizzato un libro a fumetti sulla vita di Maometto e non riusciva a trovare un illustratore che si facesse carico della parte grafica, ossia delle vignette raffiguranti le scene della vita del Profeta. Il timore era infatti di finire nel mirino dei fanatici islamisti. Incuriosito dalla vicenda, il giornale decide di chiedere ai migliori vignettisti danesi di realizzare una vignetta satirica raffigurante il Profeta, che sarebbe stata poi incorniciata insieme a tutte le altre in una pagina apposita della sezione culturale del giornale. Quando uscì il giornale con le vignette, si alzò un’ondata di indignazione nella comunità islamica locale che fu cavalcata dai soliti radicali. Questo ultimi organizzarono manifestazioni e iniziative per ottenere giustizia per il torto subito, scuse incluse del giornale e delle autorità politiche che avevano permesso un simile scempio. Poiché non successe nulla, perché nessuno in Danimarca fu disponibile a scusarsi per aver praticato la libertà di espressione, gli islamisti danesi si organizzarono per internazionalizzare la vicenda. Compilarono un dossier sulle vignette, mettendoci dentro anche materiale fasullo, e lo inviarono a alti esponenti politici e di governo di Paesi islamici, che finirono per chiedere formali e ufficiali scuse alla Danimarca. Nel frattempo, manifestazioni violente si tennero in tutto il mondo islamico, e ci fu pure una campagna di boicottaggio delle merci danesi, al punto che la stampa ad un certo punto coniò l’espressione “guerra delle vignette”. In questa guerra, un protagonista di punta fu Charlie Hebdo, la rivista satirica francese nota per le vignette blasfeme che prendono di mira chiunque, potenti in primis. La redazione del giornale decise di ripubblicare le vignette dello scandalo, attirandosi così l’ira degli islamisti francesi e di tutto il mondo. A questo punto della situazione, la Danimarca esce completamente di scena perché, cedendo alle indicibili pressioni, il primo ministro danese si scusò pubbblicamente per le vignette. Charlie Hebdo seguì invece una linea diversa: martellare l’opinione pubblica con sempre nuove caricature del Profeta per non far arretrare di un millimetro la causa della libertà d’espressione sfidata dall’islam radicale. Da allora, Charlie Hebdo è nel centro del mirino, ha subito due attentati uno dei quali ne ha decimato la redazione, e soprattutto non è riuscita a vincere la guerra: stabilire il primato della libertà di espressione sulle pretese di censura di certe minoranze. Il destino di Samuel Paty si pone dunque solo sulla scia di questa guerra su cui non europei non dovremmo avere esitazioni nel sapere da che parte schierarci.

FranciaIl Piccolojihadismo
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