skip to Main Content

In Medio Oriente nuovi equilibri: Israele non è più il “nemico giurato”

Pubblicato il 17/09/2020 - Il Piccolo

Martedì sullo sfondo dei marmi della Casa Bianca campeggiava una scena iconica e insieme storica: le bandiere di Israele, Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Stati Uniti issate una accanto all’altra. Propiziando gli accordi di Abramo, che conducono alla normalizzazione e all’inizio della cooperazione tra ex rivali come lo Stato ebraico ed Emirati Arabi Uniti e Bahrein, la Casa Bianca trumpiana incassa un successo clamoroso in politica estera. Un successo dettato dai profondi rivolgimenti in corso nel Medio Oriente, che l’amministrazione Trump ha saputo intercettare e condurre nella direzione più propizia. La pace di Abramo nasce da un assunto: Israele non è più il nemico n. 1 dei paesi arabi, bensì l’Iran sciita con la sua agenda espansionista. Molta acqua inoltre è passata sotto i ponti da quando il mondo arabo era accomunato da un’inossidabile solidarietà verso la causa palestinese e da un’accesa ostilità verso il popolo ebraico accusato di reprimere il diritto all’esistenza di un intero popolo. In passato fiumi di comunicati e dichiarazioni al vetriolo partiti dalle cancellerie dei paesi arabi hanno accompagnato ogni atto compiuto da Israele a detrimento dei diritti della popolazione palestinese, e non è mancato – nell’Iran dove la causa palestinese è strumentalizzata a iosa dalla dirigenza della Repubblica islamica – chi ha giurato Israele guerra e distruzione. Questa situazione incancrenita ha partorito due risultati negativi: ha impedito che scorresse buon sangue tra Israele e i suoi paesi vicini e ha impedito ogni risoluzione della questione palestinese. In pratica, la situazione internazionale non deponeva a favore della creazione di uno Stato Palestinese, viste le minacce incombenti su Israele, che si è chiusa a riccio nella propria difesa, e la presenza presso le classi dirigenti e le opinioni pubbliche islamiche di un’ostilità inveterata verso Israele e gli ebrei. Ma è questo circolo vizioso, questo insieme di tabù, che gli accordi siglati ieri mira a spezzare. Incoraggiando ulteriori riconoscimenti di Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrein potranno ora mettere in moto una vera e propria rivoluzione anzitutto culturale in cui Israele, da nemico giurato, diventa partner e interlocutore di iniziative che ricomprenderanno senz’altro nuovi tentativi di trovare la quadra alla questione palestinese. A tal proposito, esiste già il piano di Trump che però presenta problemi insormontabili causa una certa tendenza a prediligere le priorità di Israele e la netta contrarietà alla sua attuazione espressa dall’attuale dirigenza palestinese. Ma se sostenuto da un numero sufficiente di voci autorevoli del mondo arabo, ed emendato delle parti più indigeribili, quel piano può avere una chance di essere discusso ad alto livello ed essere preso in considerazione dai palestinesi opportunamente consigliati dai loro cugini. Sempre che, naturalmente, Trump sia rieletto, perché in caso contrario non dobbiamo escludere un reset della politica mediorientale Usa che riporterebbe tutti e tutto ai nastri di partenza, con l’eccezione di Bahrein ed Emirati che da ieri hanno rinunciato agli antichi rancori scommettendo sul futuro.

BahreinEmirati Arabi UnitiIl PiccoloIsraeleMENA - Medio Oriente e Nord AfricaTrumpUsa
StampaWeb

Iscriviti Alla Newsletter

Iscriviti per ricevere gli articoli e le ultime notizie

Grazie per esserti iscritto

Something went wrong.

Back To Top

Iscriviti Alla Newsletter

Iscriviti per ricevere gli articoli e le ultime notizie

Grazie per esserti iscritto

Something went wrong.

Iscriviti Alla Newsletter

Iscriviti per ricevere gli articoli e le ultime notizie

Grazie per esserti iscritto

Something went wrong.