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Jihadismo: la vera sfida di Trump

Pubblicato il 14/02/2017 - Messaggero Veneto

Pierluigi di Piazza ha dunque definito in queste pagine “scandaloso” il nuovo presidente americano. Perché? Perché ha giurato sulla Bibbia ma starebbe “agendo in modo del tutto contrario” ai principi cristiani, sostiene di Piazza. Che elenca i peccati di Trump: “abolizione della riforma sanitaria che sosteneva i poveri, la costruzione del muro, il divieto di ingresso delle persone provenienti da alcuni paesi a prevalenza musulmana, la prospettiva di luoghi di detenzione e di tortura, un misto di non conoscenza di culture e fedi religiose diverse, di presunzione e prepotenza”. Da buon sacerdote, di Piazza non può che pensarla così, ben sapendo peraltro di essere in buona compagnia. Tuttavia, alcune precisazioni sono opportune. Si prenda il muro al confine col Messico. I lettori dovrebbero sapere che l’opera esiste già, che fu voluta da Bill Clinton e proseguita in modo bipartisan dai suoi successori. Quanto all’Obamacare, è vero che il neo-presidente ha firmato un ordine che mira al suo smantellamento. Trump è perfettamente conscio però che è impossibile cancellare con un tratto di penna la riforma: sono perciò allo studio misure che consentiranno di conservare parte dei benefici ottenuti dai cittadini meno abbienti e di accontentare al tempo stesso quella fetta di elettorato che non ha mai digerito gli ingenti costi del provvedimento di Obama. Veniamo quindi all’atto più controverso di Trump: il cosiddetto “Muslim ban”. Anche qui, i lettori avranno appreso che i sette Paesi presi di mira dall’editto fanno parte di una lista di nazioni a rischio terrorismo stilata dall’amministrazione precedente. E poiché Trump è stato votato anche per le sue ricette sulla sicurezza, è per lo meno arduo contestare un politico che mantiene le sue promesse elettorali. I detrattori di The Donald hanno avuto buon gioco a etichettare la misura (e chi l’ha concepita) come xenofobica e perciò “un-american”. Bisogna evidenziare però che l’ordine, nel frattempo bloccato dalla magistratura, era temporaneo: la nuova amministrazione intendeva infatti prendere del tempo – tre mesi per la precisione – per rafforzare le procedure di controllo degli ingressi sul suolo statunitense, onde evitare quel che è successo davvero in Europa, ossia che lo Stato islamico o al Qaida approfittino del flusso dei migranti per infiltrare i propri killer. Quanto alla tortura, è vero che il magnate ha fatto delle dichiarazioni discutibili in merito alla sua utilità. Ma ha anche affermato che lascerà la questione nelle mani del suo segretario alla Difesa, che si è già dichiarato del tutto contrario. Veniamo infine alla “non conoscenza” delle culture e fedi diverse. Il riferimento all’islam e ai musulmani è palese. Come si fa, tuttavia, a ignorare che il jihadismo si abbevera proprio alle fonti della religione islamica e recluta tra i suoi fedeli individui che non hanno scrupoli a compiere stragi in nome di Allah? Questo sì che è scandaloso, non l’avvento di un presidente che intende raccogliere questa sfida, senza aggirarla come ha fatto Obama per otto lunghi anni.

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