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L’accordo tra Israele ed Emirati Arabi che fa felice Trump

Pubblicato il 15/08/2020 - Messaggero Veneto

E’ impossibile non cogliere la valenza dei cosiddetti accordi “di Abramo” tra Israele e Emirati Arabi Uniti suggellati da un raggiante Donald Trump. Il presidente americano è riuscito nel miracolo di riavvicinare due Paesi la cui rivalità ha caratterizzato l’interro dopoguerra nel contesto delì’ostilità generalizzata dei paesi islamici nei confronti dello Stato Ebraico. Finisce dunque un’era in cui Israele era – con la rilevante eccezione di Egitto e Giordania, coi quali siglò nel 1979 e 1995 accordi di pace –circondato da potenze ostili che coltivavano il tutt’altro che segreto sogno di rigettare tutti gli ebrei in mare. Ma l’accordo segna anche l’inizio di una nuova stagione per il Medio Oriente. Una stagione nella quale può sbocciare un’inedita cooperazione tra paesi arabi e Israele e della quale in questi ultimi anni si sono viste alcune inedite anticipazioni. Il miracolo di questo avvicinamento, interamente dovuto alla regia della Casa Bianca, è ancor più notevole alla luce dell’irrisolta questione palestinese, che non scalda più i cuori del mondo islamico come negli anni dei proclami del defunto Yasser Arafat. Tanto più che gli accordi di Abramo arrivano dopo che ia Casa Bianca ha illustrato, senza generare i consueti alti lai,  il suo “piano del secolo” per risolvere la questione palestinese. Un piano che è stato rigettato dai diretti interessati e da buona parte del mondo islamico perché contempla l’annessione di parte dei territori occupati da parte di Israele.  Ma dopo l’impegno di Netanyahu con gli Emirati a congelare le annessioni, l’intesa trova la sua miglior chance di decollare. Viviamo un tempo di cambiamenti repentini, in cui le cose che davamo per scontate pochi anni fa non lo sono più. Così è per il Medio Oriente, che oggi trova il suo spauracchio non più nel gendarme israeliano presunto persecutore dei palestinesi, ma nell’espansionismo iraniano. La volontà di Teheran di diventare l’egemone della regione, perseguita anche con un programma nucleare clandestino che è oggetto di un accordo ormai valido solo sulla carta, ha atterrito tutti i paesi dell’area inducendoli a porsi sotto l’ala protettiva della superpotenza Usa e del suo alleato israeliano. In questo schema, Gerusalemme diventa il partner la cui indiscussa deterrenza militare può contribuire a mantenere la pace nella regione a dispetto delle manovre iraniane volte a destabilizzarla. C’è un ultimo elemento che contribuisce a conferire agli accordi di Abramo la loro portata storica: sono stati firmati dallo stesso paese che tre anni fa ha siglato con Papa Francesco un documento per promuovere il dialogo interreligioso. Fu un atto non meno rilevante di quello attuale che ha aperto la strada ad una inedita interlocuzione tra mondo cattolico e islamico. Abu Dhabi ora fa un passo ulteriore e apre alla confessione ebraica, la stessa che fino a pochi anni fa era considerata poco più che fumo negli occhi. In questi tempi difficili se non turbolenti succedono anche cose positive che ci costringono a ripensare a tutti i nostri schemi.

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