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L’Afghanistan ci prova. Proposto il cessate il fuoco, ora tocca ai talebani

Pubblicato il 08/06/2018 - Formiche

Alla ricerca di una soluzione del conflitto interminabile con i talebani, il presidente dell’Afghanistan Ashraf Ghani ha annunciato ieri, per la prima volta da quando ha assunto nel 2014 il ruolo di capo dello Stato, una tregua unilaterale in occasione dei festeggiamenti per la fine del mese sacro di Ramadan. Una mossa concepita per fornire ai talebani l’opportunità di aderire alle reiterate proposte di Kabul e Washington di avviare colloqui di pace.

“Il governo della Repubblica Islamica dell’Afghanistan”, ha detto su Twitter Ghani, “annuncia un cessate il fuoco valido dal 27mo giorno di Ramadan fino al quinto giorno di Eid-ul-Fitr” (la festa per la rottura del digiuno che pone termine al mese di Ramadan). Il presidente ha specificato che le forze di sicurezza afghane “cesseranno le offensive” contro i militanti talebani, anche se continueranno a prendere di mira altri gruppi estremisti come al Qa’ida e lo Stato islamico. Ha quindi sollecitato i talebani a raccogliere questa opportunità, auspicando che si rendano conto che “la loro violenta campagna non sta facendo conquistare loro i cuori e le menti ma sta ulteriormente allontanando il popolo afghano dalla loro causa”.

L’annuncio di Ghani arriva a pochi giorni dall’incontro a Kabul del Consiglio degli Ulema afghani, che il 4 giugno hanno non solo emesso una fatwa che dichiara “haram” (proibiti) dal punto di vista islamico gli attacchi suicidi, ma hanno anche fatto appello sia al governo che ai talebani e ad altre formazioni militanti affinché concordino un cessate il fuoco e avviino un negoziato di pace. Un chiaro segnale, quello degli ulema, della volontà di parte degli afghani di addivenire ad una soluzione concordata nella lotta che infuria in Afghanistan sin dal 2001, anno dell’operazione militare Usa che, scattata un mese dopo gli attentati dell’11 settembre, pose fine all’esperienza dell’Emirato guidato dal Mullah Omar.

L’iniziativa di Ghani è stata salutata dal comandante delle truppe Usa in Afghanistan, generale John Nicholson, che si è impegnato a sua volta a rispettare il cessate il fuoco. “Aderiremo ai desideri dell’Afghanistan”, ha dichiarato Nicholson in un comunicato, “affinché il paese si goda una pacifica fine del sacro mese islamico del Ramadan”, e avvii la ricerca di una soluzione “per porre termine al conflitto”.

Il generale ha ricordato che la mossa del presidente afghano arriva dopo la lettera aperta dei talebani al popolo americano del 14 febbraio in cui auspicavano l’apertura di un dialogo, e dopo che, il 28 dello stesso mese, Ghani aveva lanciato, durante la seconda Conferenza di Kabul, la proposta di colloqui di pace tra il governo e i talebani: un’offerta che, ha precisato Nicholson, “è stata universalmente supportata dalla comunità internazionale”. L’odierna proposta di Ghani di un cessate il fuoco, ha aggiunto il generale, “rappresenta un’altra forte iniziativa per la pace, ed è a beneficio di tutti gli afghani”.

Anche la Missione di Assistenza Onu in Afghanistan ha dato il proprio benvenuto all’annuncio di Ghani, rilasciando su Twitter una dichiarazione nella quale si precisa che “non esiste una soluzione militare al conflitto in Afghanistan”.

Da Bruxelles è arrivato anche il plauso del Segretario Generale della Nato Jens Stoltenberg, che ha esortato i talebani ad aderire alla tregua, anche perché – è la sua convinzione – “non vinceranno sul campo di battaglia”. “L’unico modo per loro di raggiungere una soluzione”, ha aggiunto Stoltenberg, “è sedersi al tavolo negoziale”.

Anche da Washington sono giunti segnali di approvazione. Il segretario di stato Mike Pompeo ha rilasciato una dichiarazione in cui precisa che gli Stati Uniti “stanno al fianco del popolo afghano mentre gettano le basi per un processo di pace guidato dagli afghani”. In un successivo comunicato, il capo del Dipartimento di Stato ha dato il “benvenuto all’offerta del presidente Ghani di un temporaneo cessate il fuoco tra il governo dell’Afghanistan e i talebani per permettere al popolo afghano di celebrare l’Eid al-Fitr senza timore di violenze”. L’iniziativa del presidente afghano, precisa Pompeo, “dimostra ulteriormente l’impegno del governo afghano ad esplorare modalità per porre fine al conflitto” e “sottolinea il suo impegno verso la pace come responsabilità sia nazionale che religiosa”.

Il Segretario di Stato conferma inoltre quanto dichiarato da Nicholson, ossia che la missione Nato “Resolute Support” e le forze americane dislocate nel paese “rispetteranno il cessate il fuoco”, che tuttavia, si aggiunge, “non si applica a ISIS e ad al Qa’ida” né “proibisce operazioni per difendere le forze afghane e della coalizione da attacchi”. “Gli Stati Uniti e i nostri partner internazionali”, prosegue il comunicato, “si augurano che i talebani onorino il cessate il fuoco e dimostrino il loro rispetto verso la popolazione dell’Afghanistan che da tempo invoca una sospensione della campagna di violenza dei talebani”.

Al momento, i talebani non hanno replicato con una presa di posizione ufficiale. Ma alcuni loro esponenti hanno offerto alla stampa il loro parere. Un membro del consiglio dei talebani ha dichiarato che la leadership del gruppo “discuterà approfonditamente i pro e i contro dell’annuncio del cessate il fuoco”, precisando tuttavia che non è escluso un gran rifiuto. “Ci sono due ragioni per cui potremmo non annunciare un cessate il fuoco”, ha spiegato il militante islamista. “La prima è che il jihad è la miglior forma di culto e noi vorremmo portarlo avanti in questo mese sacro. Secondo, abbiamo già dislocato i nostri combattenti in diverse province e sarebbe troppo difficile mantenerli in quelle aree senza che facciano il jihad”.

Un altro comandante talebano ha invece messo in dubbio le intenzioni e la sincerità del governo di Kabul. “Il mondo intero e la nazione afghana vedranno che, nonostante il cessate il fuoco, le forze di sicurezza afghane continueranno le loro operazioni”. Il comandante ha quindi precisato che ai talebani non conviene aderire alla proposta di Ghani alla luce dei successi guadagnati sul campo dal gruppo, successi che i comandanti talebani non intendono mettere a repentaglio anche con un temporaneo cessate il fuoco.

La mossa di Ghani potrebbe dunque essere vanificata dalla rigidità della posizione dei talebani, che sentono la vittoria in tasca e percepiscono le difficoltà in cui versa l’esercito afghano, incapace di respingere alla sistematica offensiva dei militanti nonostante il continuo supporto da parte degli Usa e dei loro alleati. L’apertura di credito del presidente afghano potrebbe quindi risolversi con un nulla di fatto, e lasciare in piedi una grossa grana per gli Stati Uniti, la Nato e tutti i paesi – Italia inclusa – che schierano truppe nel paese ma nutrono dubbi sulla possibilità di addivenire ad una soluzione al più lungo conflitto in cui gli Usa si siano mai impegnati.

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