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l’Italia e la disinformazione russa

Pubblicato il 02/11/2025 - Messaggero Veneto

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Nel libro “Finimondo” di Bruno Vespa, il ministro della Difesa Guido Crosetto lancia un’accusa: «Persone italiane insospettabili sono state corrotte dalla Russia». Nessun nome, per evitare querele o speculazioni, ma un monito inequivocabile. Come ha ribadito lo stesso Crosetto, Mosca sta già combattendo contro l’Occidente con una «guerra ibrida e cognitiva», infiltrando cervelli, culture e opinioni attraverso social media, televisioni e corruzione classica. L’Italia, definita «l’unico Paese stabile d’Europa», è il bersaglio privilegiato: destabilizzarla significa indebolire l’intera Ue. Un’operazione subdola, che non spara proiettili ma semina divisioni, fake news e dubbi. Da febbraio 2022, con l’invasione dell’Ucraina, i talk show italiani si sono trasformati in arene di disinformazione. Ospiti fissi: propagandisti del Cremlino come Vladimir Soloviev, Piotr Fedorov o l’ideologo Alexander Dugin, collegati via Skype per dipingere Putin come vittima di un Occidente aggressivo. Sputnik e Russia Today, banditi in Europa, riemergono camuffati da “giornalisti indipendenti” che proiettano documentari su una Mariupol “liberata”. Il Copasir monitora oltre venti figure – giornalisti, influencer, politici – coinvolte in campagne filorusse, consapevoli o meno. Il web amplifica il fenomeno: su 467 siti disinformatori censiti dall’Italian Digital Media Observatory, 44 sono in italiano e filorussi, eredi delle bufale no-vax. Su Telegram e TikTok circolano video che definiscono Bucha una “montatura” o l’energia russa “salvifica”. Persino nei manuali scolastici delle scuole medie, uno studio su 28 testi rivela distorsioni: la rivoluzione di Maidan del 2014 diventa un «colpo di Stato orchestrato dagli Usa», non una rivolta popolare contro la corruzione filorussa. Le radici sono profonde. L’Italia ha legami storici con Mosca: la sinistra ex-comunista, la destra berlusconiana con i suoi flirt putiniani, la Lega che nel 2017 firmò accordi con il partito di Putin Russia Unita. Oggi questa eredità si traduce in un’equidistanza tossica: “Entrambe le parti mentono”, si ripete nei salotti tv, equiparando la propaganda statale russa alle difese ucraine. Sondaggi mostrano che il 30-40% degli italiani è scettico sull’aiuto a Kiev. Un dato che Mosca sfrutta abilmente. Un episodio recente illumina il problema. Il 23 ottobre, a Piazzapulita su La7, l’economista americano Jeffrey Sachs – ex-consigliere di presidenti russi – accusa Washington di aver pagato per Maidan: «Ero lì, ho visto: 15-20mila dollari a manifestante». Carlo Calenda, leader di Azione, lo interrompe: «Lei sta mentendo, fa propaganda putiniana». Sachs, esterrefatto: «Mi chiama bugiardo?». Il video diventa virale, elogiato da figure Ue come Martin Selmayr per aver smascherato un disinformatore. Calenda chiarisce: non è censura, è difesa della verità in un contesto che troppo spesso la sacrifica allo spettacolo. Crosetto ha ragione: la corruzione non è solo finanziaria, è culturale. La Russia investe in influencer e usa la nostra par condicio per legittimarsi. L’Italia è porosa perché i media privilegiano le urla al fact-checking. Eppure resistere si può: serve educazione critica nelle scuole, fact-checking sistematico e un Copasir che pubblichi relazioni declassificate. Altrimenti la guerra ibrida vincerà senza sparare: dividerà l’Europa dal di dentro, rendendo l’Italia non stabile, ma complice involontaria.

Marco Orioles

Cronache italianeMessaggero VenetoRussia
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