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Pegasus, una minaccia per la democrazia

Pubblicato il 22/07/2021 - Il Piccolo, Messaggero Veneto

Una telefonata allunga la vita, recitava un antico spot pubblicitario. Non se il tuo telefonino è stato infettato da un captatore chiamato “spyware”. In questo caso infatti la tua privacy e in certi casi la tua vita correranno seri pericoli. L’inchiesta condotta dal consorzio giornalistico investigativo Forbidden Stories insieme ad Amnesty international ha scoperchiato una realtà inquietante: una lista di 50mila numeri di telefono potenzialmente infiltrati dallo spyware di nome Pegasus prodotto dall’azienda israeliana NSO Group. Concepito per tallonare i criminali più pericolosi e i terroristi, il micidiale software della NSO sarebbe stato acquisito e impiegato per ben altri fini da una serie di governi come Emirati Arabi Uniti, Ungheria, Azerbaijan, Bahrain, India, Kazakhistan, Messico, Marocco, Ruanda e Arabia Saudita. Nel mirino di questi esecutivi sarebbero finiti esponenti delle opposizioni come l’indiano Rahul Gandhi, che sfidò l’attuale premier Narendra Modi alle elezioni del 2019; giornalisti più o meno noti tra cui spicca la direttrice del Financial Times Roula Khalaf, ma anche attivisti per i diritti umani e rappresentanti della società civile. Tutti questi soggetti sarebbero incappati nelle maglie di Pegasus, che ha la caratteristica di consentire all’agenzia governativa che l’ha acquistato il più ampio accesso ai contenuti e alle funzioni del dispositivo infettato. L‘esistenza di Pegasus era già emersa da precedenti inchieste giornalistiche che dimostrarono, tra l’altro, come anche il columnist del Washington Post trucidato al consolato saudita di Istanbul, il dissidente Jamal Khashoggi, fosse stato intercettato coì software della NSO. Ciò che è emerso di nuovo in questi giorni è l’ordine di grandezza delle operazioni condotte attraverso Pegasus in quella che appare a tutti gli effetti come un’azione sistematica di intercettazione delle comunicazioni di figure di primo piano. L’altro elemento che affiora e che desta particolare preoccupazione è la natura autoritaria di quasi tutti i governi chiamati in causa, messi in condizione di accedere a un potente strumento per fare breccia nelle comunicazioni di soggetti che si oppongono alle loro politiche. Non è un caso se l’Alto Commissario Onu per i Diritti Umani Michelle Bachelet abbia parlato a proposito di Pegasus di superamento di una “linea rossa” e che la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen abbia definito l’uso dello spyware “completamente inaccettabile”. Nonostante le smentite dell’azienda israeliana e dei governi citati nell’inchiesta, è certo che la tecnologia ormai mette a disposizione sofisticati dispositivi di sorveglianza che necessitano di una urgente regolamentazione. Ma il primo passo lo devono compiere Israele e la NSO Group impedendo che Pegasus finisca nelle mani di chi ne fa un uso distorto e strumentale. Un controllo democratico sulle tecnologie così dirompenti si impone per evitare plateali violazioni dei diritti umani e della libertà di informazione e di manifestazione del pensiero.

 

Il PiccoloIsraeleMessaggero Veneto
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