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La doppia parabola di Orbán. Il fallimento della democrazia

Pubblicato il 14/07/2021 - Messaggero Veneto

Orbán. Un despota in Europa (Salerno Editrice) è un libro in cui Stefano Bottoni, ricercatore dell’Università di Firenze, si è addentrato in uno dei nodi dell’Europa contemporanea, ossia l’involuzione autoritaria sperimentata dall’Ungheria sotto la leadership di Viktor Orbán. Una vicenda che le risposte forniteci da Bottoni ci aiutano a esplorare mettendone in luce le cause profonde.

Com’è potuto accadere che un dissidente e combattente per la libertà come Orbán si trasformasse nel propugnatore della cosiddetta democrazia illiberale?

Io credo sia stata una doppia parabola. La prima è la parabola personale di un uomo politico che nuota nella corrente della dissidenza liberale anticomunista per poi passare, dalla metà degli anni Novanta, nel campo del conservatorismo moderato. Infine, con gli anni Duemila e in seguito, c’è stata la virata netta verso la destra radicale, inserendosi tra gli ‘identitaristi’ o sovranisti. Questo è ciò che possiamo osservare in superficie, ma nel profondo si intravede una seconda parabola, quella del fallimento dell’impianto di una certa democrazia liberale nell’Europa centro-orientale. Se analizziamo il problema da questo punto di vista, Orbán diventa non un caso isolato ma la spia di un fenomeno generale.

Si può parlare di crisi della democrazia liberale in quest’area?

Io credo che le radici di questa crisi vadano individuate da un lato nel modo in cui questa transizione è stata percepita in Ungheria e negli altri Paesi del quadrante, ossia non come una rivoluzione ma come un processo calato dall’alto, Nel caso particolare dell’Ungheria e della Polonia i comunisti cedettero pacificamente il potere a un fronte vasto e composito di movimenti di opposizione. Dall’altro c’è un problema legato al periodo successivo all’ingresso di questi Paesi nell’Ue: c’erano molte speranze legate alla capacità di diventare come l’Occidente soprattutto dal punto di vista del tenore di vita. Queste erano promesse esplicite dei politici del tempo che però col passare degli anni si sono rivelate infondate. Tutto ciò ha minato la fiducia in un certo ordine democratico, così che quando Orbán è tornato al potere nel 2010 e ha promesso un nuovo sistema costituzionalmente fondato, una parte significativa dell’opinione pubblica ungherese gli ha creduto.

È cominciato così lo smantellamento della democrazia in Ungheria?

Qui la domanda che dobbiamo farci è se sia possibile sovvertire l’assetto democratico con mezzi in larga parte democratici, Ed è proprio quello che è successo in Ungheria dove si è verificato quello che molti definiscono un putsch costituzionale. L’odierno sistema ungherese non può essere definito una dittatura come quella ad esempio di Lukashenko in Bielorussia; resta un sistema plurale che sta dentro all’Ue e alla Nato.

Tuttavia l’Ungheria è da anni sotto la lente di ingrandimento dell’Ue che l’accusa di violare lo stato di diritto in particolare dopo l’approvazione della recente legge che equipara omosessualità a pedofilia.

Se l’Ungheria violi lo stato di diritto è una questione dibattuta da anni dai giuristi ma è molto difficile trovare una risposta univoca. I costituzionalisti di Fidesz, il partito di Orbán, obiettano che quanto succede è conforme alle leggi, approvate da un Parlamento in cui Fidesz ha la maggioranza di due terzi, quindi una maggioranza costituente. Se dunque ci poniamo dal punto di vista della sovranità popolare, tutte le decisioni hanno una loro legittimità.  Per smantellare questo sistema ci vorrebbe o un controputsch o l’affermazione dell’opposizione con una maggioranza di due terzi, prospettiva che al momento è remota.

Messaggero VenetoUngheria
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