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Salvini, Putin e l’inciucio in salsa russa

Pubblicato il 12/07/2019 - Il Piccolo, Messaggero Veneto

L’unica a poter dissipare l’ombra dei 65 milioni di finanziamenti illeciti russi alla Lega delineata dalla registrazione diffusa da BuzzFeed è, ovviamente, la magistratura. Ciò di cui si avverte maggiormente la necessità non è tuttavia un chiarimento su spericolate operazioni finanziarie che peraltro, secondo l’azienda italiana di cui si ipotizza il coinvolgimento, ossia l’Eni, non sarebbero mai avvenute. È invece il dato, tutto politico, dell’incucio sovranista in salsa russa delineato dalle rivelazioni del sito Usa – e non solo da quelle – che va messo in primo piano. Un dato che coinvolge pienamente quel leader, Matteo Salvini, che nelle conversazioni captate nell’audio di BuzzFeed viene evocato come il “Trump europeo” da sostenere anche con mezzi illeciti. Ai tre emissari di Putin che si intrattengono con lui all’hotel Metropol di Mosca il 18 ottobre scorso, il fiduciario in Russia del ministro dell’Interno, Gianluca Savoini, prospetta uno scenario allettante: una “grande alleanza” in Europa tra “partiti filo-russi” alla cui testa ci sarebbe stato proprio Salvini. E’ il ben noto progetto dell’internazionale sovranista che il segretario della Lega stava coltivando con altri partiti gemelli con l’intento di sbancare alle elezioni del 26 maggio 2019 e di cambiare volto all’Ue. Da uno sforzo motivato dall’esigenza di recuperare, sottolinea Savoini, “la nostra sovranità”, sarebbe nata una “nuova Europa” che avrebbe avuto due tratti distintivi che a Putin sarebbero stati congeniali. Sarebbe stata anzitutto, spiega Savoini, un’Europa svincolata dalla “decisione degli illuminati di Bruxelles (e) degli Usa”. Ma anche un’Europa “vicina alla Russia come prima”. È in nome di questi obiettivi condivisi che al Metropol vengono negoziati nel dettaglio i termini del generoso sostegno del Cremlino ad “una campagna politica” – quella che la Lega avrebbe condotto nei mesi successivi per propiziare l’exploit elettorale sovranista – considerata “di reciproco vantaggio”. Questi, naturalmente, sono solo gli auspici di un uomo, Savoini, che oltre ad una lunga militanza nel Carroccio vanta rapporti stretti con il suo attuale segretario e ne è universalmente considerato come lo sherpa a Mosca. Ma il vicepremier, che nega tutto e minaccia querele, non può ignorare che il punto qui è un altro ed è tutto politico. E l’ipoteca che finisce per gravare su un leader accorso solo un mese fa a Washington per accreditarsi come interlocutore affidabile degli Usa e futuro capo del governo. Uno status incompatibile con la sfacciata ammirazione, attestata da svariate dichiarazioni e palesata nuovamente nella recente visita di Putin a Roma, per un autocrate che solo pochi giorni fa ha definito obsoleta la democrazia liberale sul Financial Times e che, in Siria, continua a bombardare la popolazione civile. Dissociarsi da Savoini e dai suoi intrallazzi potrebbe non bastare al Capitano leghista per recuperare una credibilità internazionale ai minimi termini.    

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