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I populismi europei all’ombra dello stratega di Trump

Pubblicato il 24/07/2018 - Messaggero Veneto

La promessa fatta da Matteo Salvini sul prato di Pontida di fondare una “Lega delle Leghe” potrebbe presto tradursi in realtà. A fondare l’internazionale sovranista e populista non sarà però il leader del Carroccio, bensì l’eminenza grigia del presidente Usa Donald Trump: Steve Bannon. Come ha sottolineato in un’intervista al magazine americano The Daily Beast, Bannon intende istituire a Bruxelles un centro di coordinamento di tutti i partiti populisti, radicali e di estrema destra che sono attualmente sulla scena in Europa: da Lega e Movimento 5 Stelle, all’Ukip britannico di Nigel Farage, al Rassemblement National di Marine le Pen, al Pis polacco, al Fidesz di Viktor Orbán, ai Democratici Svedesi, ai Veri Finlandesi, ai fiamminghi del Vlaams Belang ecc. Si chiamerà il “Movimento” e sarà una piattaforma di condivisione di obiettivi, metodi e tecniche elettorali per far marciare in sincrono i populisti europei e consentire loro di vincere anzitutto le elezioni per il Parlamento di Strasburgo del 2019, e infliggere in seconda istanza una sonora umiliazione al nemico dichiarato: il “Partito di Davos”. Il bersaglio politico del Movement di Bannon è quella ideologia sorta ai tempi della globalizzazione rampante fatta di neoliberismo, ampliamento dei legami commerciali, e cosmopolitismo culturale. Davos è non a caso il luogo dove una volta all’anno le élite globali si incontrano in un’assise volta a rafforzare la supremazia del proprio pensiero e stile di vita, promuoverne l’esportazione e apprezzare la profondità della propria impronta sul mondo. Gli uomini di Davos sono l’antitesi del cosiddetto “uomo dimenticato” che è stato il target elettorale di Donald Trump: ricchi, sempre in viaggio, impregnati di cultura globale, leali non ad una nazione ma al mondo intero. Sono gli uomini cui i populisti attribuiscono lo sfascio delle nostre economie, il disastro degli accordi commerciali, la deindustrializzazione, la disoccupazione, la precarietà lavorativa, e naturalmente l’invasione degli immigrati. L’ambizione di Bannon e sodali è cavalcare il disagio nei confronti delle politiche ispirate dagli uomini di Davos, la sofferenza per i travagli del sistema economico, la delegittimazione delle istituzioni democratiche, l’indignazione di fronte alle caste di tutte le provenienze, la rabbia per l’arrivo di ospiti indesiderati dall’Africa e dal Medio Oriente, per amalgamarla in un consenso politico canalizzato in un unico contenitore transeuropeo. Un’internazionale grazie a cui Marine Le Pen e Matteo Salvini, sotto la guida sapiente di “Darth Vader” Bannon, potranno imporre una nuova egemonia culturale prima ancora che politica. Perché, come insegnava Antonio Gramsci, è colonizzando anzitutto il mondo della cultura che si propiziano le vittorie politiche. Naturalmente, nell’era digitale, questo tentativo egemonico non si sostanzierà esclusivamente nella stampa di libri e giornali o nella cooptazione di intellettuali. Sarà una battaglia condotta soprattutto nell’odierna arena della pubblica discussione, il web e i social, quegli strumenti che gli strateghi della comunicazione trumpiana coordinati da Bannon sono riusciti a portare dalla loro parte garantendo al proprio candidato la conquista della Casa Bianca. Ora che il suo uomo comanda dallo Studio Ovale, Bannon può dedicarsi a portare nella stanza dei bottoni europea gli epigoni di Trump. Una sfida da seguire con attenzione.

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