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Il caso Navalny e un’Italia debole

Pubblicato il 06/09/2020 - Messaggero Veneto, Il Piccolo

La storia ci ha purtroppo insegnato quale sia il destino dei dissidenti sotto i regimi autoritari. L’espressione “desaparecidos” sta lì a ricordarci cosa possa capitare ad un’intera generazione finita sotto la cappa di un golpe o di un autocrate particolarmente zelante. Quello che la Russia ha fatto con Alexei Navalny si pone però completamente in un’altra dimensione. Stando a quanto appurato dai medici dell’esercito tedesco, ma che era chiaro sin dal principio, il principale esponente della lotta alla corruzione e al dispotismo russo è stato avvelenato mentre era in viaggio. E non con una sostanza qualsiasi, ma con il Novichok, un micidiale gas nervino che riemerge direttamente dagli arsenali dell’Unione Sovietica. Se le responsabilità russe saranno accertate, e indipendentemente che il mandante sia stato o meno Vladimi Putin, la Russia ha commesso più crimini contemporanente. Non solo ha tentato di eliminare fisicamente un membro dell’opposizione, ma per farlo è ricorsa ad un agente chimico altamente pericoloso e proprio per questo messo al bando da un’apposita convenzione Onu. Ma se la Russia è arrivata a tanta spregiudicatezza, qualche domanda dobbiamo farcela anche noi. In fin dei conti si deve anche al nostro comportamento ambiguo con la Russia e il suo leader se quel Paese tende a fare il bello e il cattivo tempo rimanendo semplicemente impunito qualunque cosa faccia, sia essa in Libia o in Siria. La Germania, per esempio, bene ha fatto con la sua cancelliera Angela Merkel ad alzare la voce e a pretendere un’inchiesta giudiziaria sulle vicende che hanno coinvolto Navalny. Ma la Germania è lo stesso Paese dove presto confluiranno miliardi di metri cubi di gas naturale russo attraverso un gasdotto, il Nord Stream 2, sulla cui costruzione gli Usa hanno messo Berlino più volte sull’attenti. Purtroppo la geografia non perdona, e la dipendenza energetica europea dagli immensi giacimenti russi è un dato difficilmente sorvolabile. Ma premiare Mosca con un gasdotto che gli concederà una cospicua rendita fissa a spese dei tedeschi e degli europei pare proprio un controsenso. C’è un altro motivo per cui il tentato omicidio di Navalny deve invitarci a riflettere. A commetterlo è stato infatti un regime che, insieme al suo leader indiscusso, gode di un cospicuo bacino di ammiratori tra il popolo italiano e in particolar modo tra certi politici. La memoria degli italiani sarà anche corta, ma non abbastanza da dimenticare gli elogi di Matteo Salvini a Putin e il misterioso affaire Metropole su cui attendiamo ancora chiarezza dalla magistratura italiana. Sarà anche per questo motivo che dalle parole dei nostri governanti non abbiamo udito le stesse dure condanne dei leader europei per la questione Navalny. Oppure il motivo è più semplice, ed è che in politica internazionale la voce dell’Italia conta talmente poco che ogni critica formulata da un nostro politico sarebbe stata interpretata come un mero brusio. Resta l’orrrore per un delitto che fortunatamente non è andato a buon fine ma che mette i brividi.

GermaniaIl PiccoloMessaggero VenetoPutin VladimirRussia
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