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Russia, Turchia e Iran insistono: la Siria è cosa loro. E la guerra continua

Pubblicato il 29/04/2018 - Formiche

Riuniti a Mosca per un nuovo vertice del gruppo di Astana, i ministri degli esteri di Russia, Iran e Turchia hanno ribadito che le tre potenze impegnate nel conflitto in Siria stanno operando per assicurare una soluzione rapida e pacifica alla guerra civile che da sette anni sta insanguinando il Levante.

Sergei Lavrov, Mohammad Javid Zarif e Mevlut Cavusoglu si sono detti convinti che “il formato di Astana”, che vede Russia, Turchia e Iran collaborare e coordinarsi sul terreno, “è stata l’unica effettiva iniziativa internazionale che ha ridotto la violenza in Siria e ha contribuito alla pace e alla stabilità”. Inoltre, lungi dall’essere un percorso alternativo ai colloqui di Ginevra sotto egida Onu, il percorso imboccato ad Astana avrebbe secondo i tre ministri “dato impeto al processo di Ginevra al fine di trovare una soluzione politica duratura al conflitto in Siria”.

La guerra naturalmente non è finita, ha sottolineato Lavrov, anche perché i tre di Astana “devono aiutare i siriani a finire di liberare il loro paese dai terroristi”. Ma grazie a quella che il ministro russo definisce alleanza “unica” tra Mosca, Teheran e Ankara, “sarà possibile affrontare la situazione sul campo di battaglia” e debellare le formazioni che ancora resistono come lo Stato islamico e i qaedisti di Al-Nusra (che oggi si fanno chiamare Hayat Tahrir al-Sham).

Quanto allo strike occidentale del 14 aprile, secondo Lavrov esso non ha fatto altro che “aggravare la situazione”. Dietro ai missili e alle bombe lanciati da Usa, Gran Bretagna e Francia il ministro degli esteri russo vede “un tentativo di ostacolare gli sforzi di migliorare il dialogo tra siriani”. Lavrov si lamenta del fatto che mentre Russia, Turchia e Iran “stanno creando progressi insieme, alcuni dei nostri colleghi stanno cercando di distruggere i risultati dei nostri sforzi costruttivi congiunti, senza prestare attenzione alla violazione della legge internazionale”. Per Lavrov, l’attacco chimico del 7 aprile a Douma sarebbe stato un “pretesto artificiale” per colpire un paese sovrano.

La principale preoccupazione di Lavrov è che le potenze occidentali abbiano delle mire su quella che è ormai la riserva di caccia dei tre di Astana. Secondo lui, le dichiarazioni dei leader occidentali a sostegno dell’integrità territoriale della Siria “sono solo parole che, evidentemente, coprono piani per riformattare il Medio Oriente e piani per dividere in parti la Siria”.

Ma nonostante i tentativi occidentali di sabotare la collaborazione tra Mosca, Teheran e Ankara, il trio proseguirà sulla propria strada: resterà al fianco della Siria e la aiuterà a risollevarsi. “Ci assicureremo”, ha detto Lavrov, “che gli aiuti siano distribuiti nel modo più efficace. Collaboreremo con il governo, l’opposizione e naturalmente le nostre controparti alle Nazioni Unite, alla Croce Rossa Internazionale, alla Mezzaluna rossa siriana e ad altre organizzazioni internazionali”:

Il ministro degli esteri iraniano Mohammad Javad Zarif ha voluto precisare che non può esserci una soluzione militare alla crisi siriana: essa deve saltare fuori dalla prosecuzione del lavoro comune tra il regime siriano e i suoi tre alleati. Zarif comunque ha voluto esprimere la sua censura nei confronti dell’uso di armi chimiche. “Abbiamo già condannato l’uso di armi chimiche”, ha detto Zarif, “indipendentemente dalle vittime e dai colpevoli. Ma non crediamo”, ha poi aggiunto, “che prendere la legge nelle proprie mani per fini politici possa sortire alcun effetto che non sia complicare ulteriormente la situazione”. Il ministro inoltre invita i leader occidentali a non essere ipocriti, ricordando che nessuno condannò l’impiego di armi chimiche da parte di Saddam Hussein nella guerra Iran-Iraq del 1980-88.

Il ministro degli esteri turco Mevlut Cavusoglu ha parimenti sottolineato che l’obiettivo del trio di Astana è di “trovare una soluzione politica in Siria. Sono d’accordo con Zarif che la migliore soluzione è una soluzione politica e che qualsiasi soluzione militare è illegale e insostenibile”. Anche per Cavusoglu è indispensabile preservare l’integrità territoriale del paese: di qui la critica ad “alcuni gruppi” che stanno operando nella direzione contraria. Inesorabile, poi, la contestazione nei confronti degli americani alleati dei curdi siriani dell’YPG. “Oggi”, ha detto Cavusoglu, “gli Stati Uniti appoggiano delle organizzazioni terroristiche, e questo deve finire”.

Le dichiarazioni dei tre ministri naturalmente devono essere messe a confronto con il loro effettivo comportamento sul terreno. E da questo punto di vista bisogna sottolineare come questo profluvio di parole sulla necessità di una soluzione pacifica alla crisi siriana strida fortemente con la violenza esercitata sul campo di battaglia da Mosca, Ankara e Teheran per non parlare della loro alleata Damasco. Il trilaterale di ieri è comunque servito a lanciare un messaggio al mondo: la Siria é cosa nostra.

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