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Cosa c’è dietro ai missili ipersonici lanciati dalla Russia?

Pubblicato il 25/03/2022 - Start Magazine

Che cosa si cela dietro l’apparentemente inquietante mossa russa di ricorrere, per la prima volta nella storia di un conflitto armato, a missili ipersonici?

Gli attacchi a Delyatin e a Mykolaiv

Come confermato ora anche dagli Usa, nelle giornate di venerdì e sabato l’esercito russo ha lanciato due missili ipersonici Kh-47M2 Kinzhal che hanno colpito rispettivamente un grande arsenale di missili ucraini e di munizioni per l’aviazione nella località di Delyatin,  nella regione occidentale di Ivano-Frankivsk (a soli cento chilometri dal confine con la Romania), e – come annunciato dallo stesso Ministero della Difesa russo sul suo canale Telegram – un deposito di carburante e lubrificanti nella regione di Mykolaiv.

Grande è stato l’iniziale stupore delle intelligence e degli osservatori al punto che la notizia ha dovuto attendere 48 ore per uscire dalla nebbia e trovare definitiva conferma. A ufficializzare l’accaduto è stato lo stesso Presidente Biden, che ha rimarcato non senza amarezza come l’arma usata dai russi sia “praticamente impossibile da fermare”.

Cosa sono i  missili ipersonici

Si tratta di vettori che hanno la principale caratteristica essere manovrabili mentre viaggiano ad una velocità tra cinque e dieci volte superiore a quella del suono (Mach 5 o 10); percorrono cioè un miglio al secondo o anche più. Vi possono essere installate testate sia convenzionali che nucleari. Ciò che li rende speciali è anche la capacità di resistere a condizioni atmosferiche proibitive, di viaggiare a bassa quota impedendo ai radar di tracciarne gli spostamenti nonché – come detto – di cambiare traiettoria durante il tragitto; tutto ciò rende pressoché impossibile la loro intercettazione da parte dei sistemi antimissile.

In un recente rapporto del Center for Strategic and International Studies, richiamato dalla CNBC si afferma che  “le armi ipersoniche combinano la velocità e la portata di un missile balistico con la bassa altitudine e la manovrabilità di un missile da crociera”.

Il vantaggio russo e cinese

Tanto Mosca quanto Pechino hanno avviato da tempo programmi ambiziosi di sviluppo di questi armamenti senza che gli Usa fossero in grado di stare al passo.

Il ritardo americano è conclamato: come ricorda Military.com,  l’Air Force non è riuscita a completare i test dell’AGM-183, modello di missile ipersonico sviluppato dalla Lockheed Martin, vanificando l’obiettivo di avere il sistema già operativo entro l’anno.

Con una certa urgenza quindi, il National Defense Authorization Act firmato dal Presidente Biden quest’anno stanzia 2,5 miliardi di dollari per il programma dedicato incrementando notevolmente i fondi a disposizione per la ricerca e lo sviluppo.

La Russia, invece, sfoggia i suoi missili ipersonici già dal 2018. Fu Putin in persona quell’anno a svelare al mondo l’esistenza del Kinzhal e di altre armi strategiche di nuova generazione nel suo discorso sullo Stato della Nazione, affermando pomposamente che la Russia disponeva ormai di un prototipo di missile “invincibile”, “in grado di raggiungere qualsiasi punto del pianeta” e di eludere qualsiasi sistema di difesa antimissile.

“Ipersonico”, tuttavia, è un termine ombrello che racchiude tecnologie diverse: un fatto, questo, che rende difficile un confronto tra le capacità militari dei paesi. I tipi di armi ipersoniche sono due: i missili da crociera ipersonici (vengono lanciati da un aereo mentre è in volo) e i veicoli plananti (o glide), più complessi. Questi ultimi si distaccano dal razzo che li trasporta verso l’alto a una distanza dal terreno di circa 50-100 chilometri; dopodiché planano (da qui il nome) verso l’obiettivo prescelto a velocità ipersonica, garantendo la possibilità di un cambio di traiettoria fino a poco prima dell’impatto.

 

Caratteristiche del Kh-47M2 Kinzhal

Lungo otto metri, il Kinzhal (“stiletto”) ha un raggio d’azione di 2.000 chilometri e può raggiungere una velocità di Mach 10. Come osserva Deutsche Welle, se un ordigno del genere fosse lanciato dal territorio russo di Kaliningrad potrebbe raggiungere la maggior parte delle capitali europee in pochissimo tempo.

Il missile è stato studiato per essere trasportato e lanciato dai Mig, da navi e da sottomarini. L’esercito russo ritiene che, per le sue caratteristiche, il Kinzhal sia un’arma infallibile; Putin stesso se ne fece un vanto quando nel 2018 sottolineò che questo tipo di missile fornisce “un sostanziale vantaggio in un conflitto”, visto che “la sua velocità lo rende invulnerabile contro gli attuali sistemi di difesa missilistica e aerea, dato che i missili intercettori sono, per dirla in breve, non sufficientemente veloci”.

Perché usare il Kinzhal?

Vivace è stato il dibattito innescato dal ricorso da parte russa a questo tipo di missile nel conflitto in Ucraina. La spiegazione più immediata è stata quella data anche dalla CNBC secondo cui si è trattato di “un’opportunità per la Russia  di sfoggiare armi che da diversi anni afferma di stare sviluppando” con un chiaro effetto intimidatorio rivolto tanto all’Ucraina quanto alla Nato.

Per cercare altri punti di vista, la CNBC ha chiesto il parere di James Bosbotinis, specialista britannico di difesa e affari internazionali, il quale ha affermato di non essere sorpreso dai due attacchi e che essi vadano interpretati nel senso di un tentativo di “segnalare come la Russia abbia a disposizione opzioni per ricorrere a una escalation”.

Analoghe sono le ipotesi formulate da un esponente politico occidentale e da un alto esponente del Pentagono sentiti anonimamente da Politico: il gioco di Putin è di acquistare posizioni di forza al tavolo negoziale ma anche di lanciare un messaggio all’Occidente affinché non osi interferire con le sue operazioni militari.

E se fosse solo frustrazione?

Fermi restando i boati dei due missili e il clamore sollevato dal loro utilizzo senza precedenti in campo di battaglia, c’è chi avanza qualche dubbio circa l’effettivo significato militare dell’ultima mossa putiniana.

Si prenda come esempio la valutazione del vicemaresciallo della Royal Air Force Michael John Smeath, che,  in un comunicato stampa del Ministero della difesa britannico, si dice convinto che la Russia abbia fatto ricorso al missile ipersonico per corroborare il morale non certo alle stelle delle sue truppe nel momento in cui l’invasione è in stallo e l’esercito russo sta platealmente dimostrando di non essere all’altezza dello status di grande potenza mondiale cui Putin ha sempre puntato.

 

Era stato del resto lo stesso Biden nel discorso in cui ha ammesso ufficialmente che la Russia aveva lanciato il Kinzhal a sostenere che si trattava in realtà di un’azione dovuta alla crescente frustrazione russa per la sorprendente capacità di difesa antimissilistica dimostrata dall’Ucraina.

Putin a corto di munizioni?

Ma un’altra spiegazione si è fatta largo nella discussione di questi giorni e non è affatto positiva per Putin e il suo esercito. Come le due fonti menzionate da Politico non hanno esitato a sottolineare, la verità potrebbe essere semplicemente che l’armata schierata in Ucraina sia rimasta a corto di munizionamento di precisione e dunque, come commentano le due fonti, “il principale motivo per cui hanno usato quest’ordigno è che avevano poco altro da sparare”. Tutt’altro che un segnale di forza, ma in realtà “un significativo segno di debolezza … lanciare quest’arma vuole dire essere disperati”.

Secondo questa ipotesi, dunque, avendo finora lanciato circa 1.100 missili in territorio ucraino, secondo la stima del Pentagono, l’esercito russo, per colpire un bersaglio posto a poche centinaia di chilometri, non avrebbe avuto paradossalmente altra opzione che ricorrere a un ordigno sofisticato e soprattutto dispendioso.

Avanza gli stessi dubbi Dave Deptula, ex generale dell’Aviazione Usa che oggi presiede il Mitchell Institute for Aerospace Studies, secondo la cui opinione riportata da Military.com, “un missile è un missile anche se viaggia a velocità ipersonica, in termini di capacità distruttiva non c’è grossa differenza e viene da chiedersi dunque perché per distruggere un banale edificio, la Russia ricorra ad armi così costose”.

Ma è stato addirittura il n. 1 del Pentagono Lloyd Austin ad avallare questa ipotesi quando, intervenendo al programma domenicale della CBS “Face the Nation”,  ha riconosciuto che, per quanto i Russi abbiano certamente usato il missile per ridare slancio a una invasione zoppicante, non si può escludere che Mosca sia effettivamente e a corto di munizioni. “Viene normale chiedersi – ha sottolineato Austin – perché lo faccia. Non è che sta esaurendo le armi di precisione?”.

La fortuna, se così si può dire, del popolo ucraino è che presto finiranno anche i Kinzhal di cui l’esercito russo non ha certo una disponibilità illimitata. L’altra faccia della medaglia è che, purtroppo, nella sua ostinazione a continuare le operazioni militari, Putin non esiterà a sganciare sui suoi obiettivi le classiche “Dumb bombs”, ossia ordigni niente affatto intelligenti o precisi.

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