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Tutte le cantonate di Rula Jebreal su Israele

Pubblicato il 07/11/2023 - Start Magazine

RULA JEBREAL GIORNALISTA
RULA JEBREAL GIORNALISTA
Le ultime performance (zeppe di scivolate) della giornalista e professoressa Rula Jebreal sui social. Il corsivo di Marco Orioles.

Come recita la sua biografia su Wikipedia, Rula Jebreal è nata ad Haifa nel 1973. Docente presso l’Università di Miami con doppio passaporto israeliano e italiano, si definisce su X “analista di politica estera”, titolo guadagnato a colpi di partecipazioni tv e ospitate che l’hanno resa un volto familiare al grande pubblico che ne apprezzò in particolare la presenza al Festival di Sanremo 2020 accanto al mattatore Amadeus.

Ma è la sua fede militante, ricorda ancora Wikipedia, che le attira precocemente le critiche veementi dell’allora ministro leghista Roberto Calderoli e dell’economista Giulio Sapelli, primi di una lunga serie di personaggi scontratisi frontalmente sul piccolo schermo con la pasionaria palestinese.

Da quando è scoppiata la nuova guerra tra Israele e Hamas, Jebreal è tornata di nuovo sul teleschermo, ospite del programma “In onda” condotto da Luca Telese e Marianna Aprile su La7, caratterizzandosi come una delle più feroci critiche del governo israeliano.

Ma è su X che la giornalista è attiva più che mai in una campagna volta a demonizzare lo Stato ebraico, il suo esercito e la sua popolazione.

Peccato che tanta foga non si distingua per la cura di dettagli che altri giornalisti sono chiamati a rispettare se non vogliono essere accusati di essere dei meri propagandisti al servizio di una causa. Le idee, nel suo caso, travolgono i vincoli deontologici.

Alle 11,28 del 6 novembre il profilo X di Rula diffondeva un video recante le presunte prove dell’odio degli israeliani verso i palestinesi, aggravato dal fatto che a professarlo sarebbe stato un bambino ebreo.

Ambientato in una scuola, il filmato mostrerebbe un insegnante e alcuni politici israeliani intenti a indottrinare gli scolari, sottolinea Jebreal che si premura di tradurre dall’ebraico le frasi incriminate. A precisa domanda, un bambino israeliano secondo Rula avrebbe risposto che “dobbiamo uccidere gli arabi/palestinesi”.

Sotto il post, che ha raggiunto le 116.000 visualizzazioni capitalizzando 469 “mi piace” e 215 repost, giace ora tuttavia una “nota della comunità” – il micidiale strumento con cui X affida agli utenti il compito di scovare la disinformazione – dove i lettori hanno aggiunto le necessarie “informazioni contestuali”, ossia, nella fattispecie, la reale traduzione di quella frase choc.

La vera risposta che lo studente israeliano avrebbe offerto alla domanda “cosa succede quando incontri un bambino arabo” non è quella specificata nel post di Rula, bensì un più semplice e umano “ho paura che voglia uccidermi”.

Non è la prima volta che Jebreal viene pizzicata dagli utenti. Il 3 novembre aveva scritto testualmente, postando un video girato in Israele: “Fanatici di destra israeliani celebrano la carneficina a Gaza, esultano per l’uccisione di quattromila bambini palestinesi, cantando: ‘Gaza è un cimitero. Non ci saranno più scuole per bambini perché non ci sono più bambini…il vostro popolo e la sinistra saranno sterminati’”.

Peccato che gli utenti individuano ben presto, evidenziandola a margine del post di Jebreal, la fonte di quel filmato scioccante, ossia un documentario del 2015 dal titolo “Disregarding Gaza”, attirando sulla giornalista nugoli di commenti tra il sarcastico e l’indignato.

Non paga, Jebreal ha rilanciato ieri con un’accusa ancora più grave, rivolta questa volta all’esercito israeliano, che, a detta della giornalista, avrebbe impiegato nell’attuale offensiva verso Gaza vietatissime munizioni al fosforo bianco.

Per dare concretezza a quanto asserito, la giornalista allegava una immagine del corpo di “un bambino palestinese di 12 anni che è stato bruciato vivo dalle bombe israeliane al fosforo bianco”.

Sebbene l’IDF abbia già smentito l’addebito, la replica più eloquente alle insinuazioni di Jebreal è arrivata anche in questo caso con una nota della comunità con la quale viene evidenziato che quelle foto “non c’entrano niente con l’attuale conflitto Israele-Palestina”.

L’autore della nota pubblicava anche il link a un tweet del 2020 dove quella foto è stata pubblicata la prima volta per documentare i crimini dell’esercito azero nella guerra scoppiata quell’anno in Nagorno-Karabakh. Per inciso, le forze armate dell’Azerbaijan sono armate da quell’Erdogan che ha appena definito Hamas un movimento di liberazione.

Ma l’accanimento della giornalista contro le forze armate di Tel Aviv è tale da averla spinta sempre ieri ad accusarle di aver rapito – stabilendo così un’odiosa equivalenza con i crimini d Hamas – la celebre attivista palestinese e testimonial di Amnesty International Ahed Tamini.

Ogni buon lettore della stampa sa naturalmente cos’è successo a Tamini, arrestata e interrogata nella notte di lunedì dall’esercito israeliano in quanto presunta autrice di un inquietante post su Instagram di cui poi si sono perse le tracce e che la madre Nariman al-Tamini nega sia stato scritto da lei. Nessun rapimento dunque, ma questo è un dettaglio che poco conta se l’obiettivo è attirare su Israele gli strali dei benpensanti.

Marco Orioles.


Articolo apparso su “Start Magazine” il 7 novembre 2023: si può leggere qui.

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