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Viaggio in Borgo Stazione. Il quartiere trasformato dalla presenza di stranieri

Pubblicato il 02/07/2023 - Messaggero Veneto

Qui un cittadino su tre non è di origini italiane. In Viale Europa Unita sono in maggioranza. In questo contesto c’è chi avverte insofferenza e in alcuni casi i timori dei residenti sono giustificati.

A Udine c’è un problema irrisolto che si chiama Borgo Stazione. L’ex quartiere delle magnolie è da un quarto di secolo al centro di una vivace polemica per via dei flussi migratori che ne hanno alterato la fisionomia e gli equilibri demografici. Una situazione di forte tensione che per giunta negli ultimi anni si è ulteriormente aggravata a seguito dell’arrivo dalla rotta balcanica di un consistente numero di migranti che, ospitati per lo più presso l’ex caserma Cavarzerani, trascorrono il loro tempo libero nelle vie di Borgo Stazione stazionando su marciapiedi e panchine. Si è venuta così a creare una doppia pressione psicologica sui residenti italiani, esposti allo choc culturale derivante da essere attorniati da persone e gruppi che hanno lingue, costumi e stili di vita differenti e che generano un angosciante senso di straniamento.

Lungi dall’essere ingiustificati, i timori degli abitanti storici di Borgo Stazione sono il frutto di una presenza straniera che, dati anagrafici alla mano, sta diventando ormai quasi maggioritaria. Il dato medio dell’incidenza straniera sul totale dei residenti nelle undici vie e piazze incluse nel perimetro di Borgo Stazione ha raggiunto ormai la soglia del 36%: in pratica, più di un abitante su tre non ha la cittadinanza italiana. Ma in alcune specifiche vie la presenza di immigrati è ancora più consistente. In Viale Europa Unita, ad esempio si è ormai da tempo consumato il sorpasso degli stranieri (55%) sugli italiani, mentre viale Leopardi (48%) e via Roma (45%) si stanno approssimando a questa soglia.

In uno sfondo del genere non può mancare chi avverte insofferenza nei confronti di un cambiamento così radicale da cancellare la memoria di quello che una volta era un tranquillo e persino prestigioso quartiere residenziale. Per parlare della grande trasformazione sperimentata da Borgo Stazione abbiamo scelto una persona molto nota nel quartiere, dove abita da quasi mezzo secolo. Carmen Pappalettera ha nitido il ricordo di com’era questo luogo quando vi giunse negli anni Settanta: “quando sono arrivata – ci racconta – questo era un quartiere da Vip e quelle che ci abitavano erano tutte perone di un certo livello”. Oggi però tutto è cambiato e il quartiere ormai, commenta l’anziana, “è diventato una casbah. Tutti i negozi sono degli stranieri. Non abbiamo più un fornaio, non abbiamo più un negozio di alimentari nostro; è tutto in mano a loro e noi non siamo proprietari di niente. Siamo in Italia e siamo ospiti a casa nostra”.

Oltre a lamentare l’eccessiva densità di stranieri, la signora è turbata dalla vista quotidiana di capannelli di giovani nullafacenti fra i quali si annidano piccoli spacciatori che, come abbiamo constatato con i nostri occhi camminando per viale Leopardi con la signora, compiono le loro transazioni alla luce del sole. “Qui”, ci dice Pappalettera, “c’è un giro di droga che Dio solo lo sa, e poi le bustine le danno così, in mano, davanti a tutti”. Ma anche al di là di questo elemento sgradevole, Carmen non vede di buon occhio quei frequentatori che “stanno sui marciapiedi e nelle panchine a bivaccando a tutte le ore del giorno e della notte” ed è convinta che con loro non si possa convivere “perché non hanno educazione, sono in Italia e credono di poter fare quello che vogliono, visto che nella loro terra non possono fare niente perché vengono condannati subito”.

Carmen Pappalettera, da 45 anni vedetta di Borgo Stazione

Quando le chiediamo se la situazione sia migliorata a seguito dei numerosi interventi securitari – tra ordinanze antialcol, chiusure anticipate dei locali, introduzione del presidio fisso della polizia locale e, dulcis in fundo, schieramento dell’esercito – disposti dall’Amministrazione Fontanini, Carmen sorride: “qua non è cambiato proprio nulla. E il presidio non serve a niente, perché gli agenti non si spostano assolutamente”.

Le sensazioni provate dalla nostra intervistata sono le stesse sperimentate quotidianamente dal titolare della Bottega del caffè di Viale Leopardi, il cittadino cinese Cai FangFang, che per via della sua attività vive a stretto contatto con una clientela multiculturale. Anche per lui il problema dominante è rappresentato “dai pakistani e dagli afghani che stanno qui dalla mattina alla sera, fanno una gran confusione, spacciano, spesso litigano tra loro coinvolgendo altre persone in vere e proprie risse. In poche parole spadroneggiano a scapito della gente perbene che vorrebbe bere il caffè in pace”. Cai è spazientito per una presenza rumorosa e invasiva che ha purtroppo l’effetto di rendere il quartiere poco attrattivo: “la gente non ha voglia di venire in quest’area perché percepisce l’esistenza di un pericolo. Quegli stranieri tengono lontani i clienti, che verrebbero volentieri a fare due passi qui”.

Cai FangFang dietro il bancone del suo bar con il padre Cai

Quando abbiamo esposto questa situazione alla consigliera comunale del Pd Anna Paola Peratoner ne abbiamo ottenuto osservazioni amare sulle responsabilità della politica, a livello nazionale ma non solo. Per effetto di decreti come quelli emanati al tempo in cui Salvini era ministro dell’Interno o del recente decreto Cutro approvato dal governo Meloni sono venute meno risorse e personale da dedicare ai progetti per l’inclusione, l’apprendimento linguistico e la formazione professionale, attraverso i quali si potrebbero togliere quei migranti dalla strada. Ecco perché Peratoner respinge seccamente “l’accusa di ‘bighellonare’ fatta ai ragazzi migranti in giro per la città. La trovo scorretta nella misura in cui se hai un percorso scolastico o lavorativo garantito l’ultima cosa che farai sarà bighellonare. Quando parliamo di ragazzi migranti, di giovani uomini migranti della nostra città come di molte altre città parliamo invece di giovani che quasi sempre metterebbero la firma per poter avere le competenze linguistiche e professionali per poter trovare subito un lavoro”.

Il modello da seguire, precisa la consigliera, dovrebbe essere quello dell’accoglienza diffusa e non quella “concentrazionaria”, che relega ben 550 migranti nel limbo di una struttura coma la Cavarzerani che ha una capienza di 350 posti, e che viene così trasformata in un “accampamento che non è certo il luogo ideale per riuscire a costruire percorsi personalizzati, unica via per garantire integrazione sociale ed economica”.

Quando poi ci siamo rivolti all’artista e musicista udinese Rocco Burtone, che abita a pochi passi dal Borgo, per chiedere la sua opinione sui problemi che affliggono il quartiere, ne abbiamo ottenuto una risposta spaesante: “È vero, c’è molta maleducazione, si ubriacano, spacciano e quindi portano al degrado Piazza san Giacomo. Siamo negli anni Settanta. È vero, c’è molta maleducazione, si ubriacano, spacciano e quindi portano al degrado la zona di via Riccardo Di Giusto. Siamo negli anni Ottanta”.

Dietro la provocazione di Burtone si cela un dato di fatto: i fenomeni della marginalità, la droga, l’alcol, le risse, sono sempre esistiti, ma col tempo si spostano da una zona all’altra della città. Riferendosi alla sensazione di accerchiamento provata dai residenti che hanno conosciuto il quartiere delle magnolie ai tempi del suo massimo splendore, Burtone inviata a rifuggire da quella che chiama “chimera” composta dalle “vecchie fotografie che ci fanno rimpiangere i bei tempi di una volta. I bei tempi – sottolinea l’artista – sono una bugia che ci serve a nascondere i nostri smarrimenti nostalgici”.

Rocco Burtone

Quando lo rimproveriamo di essere evasivo, e di occultare problemi che hanno portato all’esasperazione un intero quartiere, Burtone rilancia: “il problema stazione c’è, esiste, è lì, davanti a noi, e noi dobbiamo risolverlo. Ma le soluzioni sono complesse e non possono essere solo composte da interventi di polizia”. Quale ricetta, allora? “Quando un quartiere soffre di questi problemi – è il suggerimento – una soluzione è renderlo festoso, coinvolto da iniziative culturali che portino interesse e che siano aperte anche ai residenti di altri quartieri. Anche questo può essere un modo – è la conclusione – per allontanare gli spacciatori e valorizzare Borgo Stazione per quello che è: un quartiere vivo e colorato”.

 

 

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