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24 febbraio 2024: un triste anniversario

Pubblicato il 24/02/2024 - Messaggero Veneto

April 15, 2022, Kyiv, Kyiv, Ukraine: Ukrainian President Volodymyr Zelenskyy, delivers an address on the Russian invasion, April 15, 2022 in Kyiv, Ukraine. (Credit Image: (C) Ukraine Presidency/Ukraine Presi/Planet Pix via ZUMA Press Wire)
April 15, 2022, Kyiv, Kyiv, Ukraine: Ukrainian President Volodymyr Zelenskyy, delivers an address on the Russian invasion, April 15, 2022 in Kyiv, Ukraine. (Credit Image: (C) Ukraine Presidency/Ukraine Presi/Planet Pix via ZUMA Press Wire)

Il 24 febbraio di due anni fa si materializzava sotto gli occhi attoniti del mondo intero uno spettro cupo che ha riprecipitato l’Europa nei tempi bui di ottant’anni fa segnati dal più devastante conflitto di tutta la storia umana. Quell’alba le nostre discussioni ancora concentrate su come uscire dall’emergenza Covid furono troncate di netto dall’onda d’urto dei 150 mila uomini e delle decine di migliaia di mezzi che Vladimir Putin aveva mobilitato mesi prima e schierato ai confini settentrionali dell’Ucraina, in una manovra che allarmò le intelligence e i governi di tutto il pianeta lesti a individuarvi le premesse di qualcosa di enorme e tragico. Una guerra vera e propria, e in quell’Oriente del nostro continente che convive da sempre con l’ombra minacciosa di un ex impero di lingua russa e fede ortodossa dove ancor’oggi c’è chi parla di Mosca come della “terza Roma”. L’odierno Zar Vladimir fa parte di quella frangia non minoritaria di leader e intellighenzia russi convinti che la caduta dell’Unione Sovietica e del relativo impero sia stata “la più grande tragedia del XX secolo” perché ha comportato, tra le altre cose, la perdita delle fondamentali province europee in gran parte confluite poi nell’Unione Europea e nel suo libero mercato in un ripudio integrale della vecchia ideologia collettivista quale atto finale dell’emancipazione dalla sudditanza ad un dominio esterno. Ma se per Polonia, Paesi Baltici, Repubblica Ceca, Romania e gli altri ex satelliti di Mosca l’ingresso nell’orbita e nelle istituzioni occidentali si era consumato anche formalmente in quella stagione che gli storici chiamano del “dopo guerra fredda”, c’era un Paese rimasto in mezzo al guado: l’Ucraina, dove nel 2014 la gioventù filo-europea aveva deposto l’uomo del Cremlino, quel presidente Yanukovich che aveva cancellato il trattato di associazione con l’Ue voluto soprattutto da una popolazione desiderosa di standard di vita migliori e soprattutto di sposare le nostre libertà. Ed è proprio allora che si è dispiegata la reazione di Mosca, sotto la forma di una guerra “ibrida” il cui volto più concreto fu l’annessione della Crimea e l’inizio di una guerra per procura nelle province ucraine del Donbass dove i servizi segreti russi orchestrarono la mobilitazione di unità combattenti che puntavano alla secessione e al successivo ingresso nella Federazione Russa. Quel conflitto a bassa intensità è stato colpevolmente ignorato dal mondo che ha partorito solo due flebili accordi, detti di Minsk, che congelavano l’esistente senza risolvere il problema alla radice. Un problema che Putin ha deciso di tagliare con l’accetta il 24 febbraio di due anni fa ordinando alle sue truppe di conquistare Kiev e uccidere il suo presidente Zelensky. Ed è davvero triste questo anniversario che giunge quando aumentano di giorno in giorno le chance che nei prossimi mesi alla Casa Bianca potrebbe sedere colui che si è dichiarato in grado di far finire “in 24 ore” questa guerra facendo incontrare Putin e Zelensky, ossia la vittima di un tentativo di assassinio e il mandante.

Marco Orioles, Messaggero Veneto, 24 febbraio 2024.

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