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Fuochi d’artificio al vertice Usa-Cina di Anchorage

Pubblicato il 21/03/2021 - Messaggero Veneto

Fuochi d’artificio al vertice Usa Cina di Anchorage, in Alaska, dove le due delegazioni hanno preso a battibeccare ancor prima di cominciare. Non era per questo, o forse era proprio per questo, che il direttore dell’Ufficio della Commissione centrale per gli Affari esteri Yang Jiechi e il ministro degli esteri Wang Yi si erano presentati in territorio americano al cospetto del Segretario di Stato Antony Blinken e del Consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan. Stando alle dichiarazioni della vigilia, l’aspettativa degli emissari di Pechino era quella di avviare un “dialogo strategico” con la nuova amministrazione Usa guidata da Joe Biden. Ma fin da quando si sono ritrovati seduti al tavolo gli uni di fronte agli altri, alla presenza di un nugolo di reporter ammessi alla prima seduta a porte aperte, le due parti non hanno resistito alla tentazione di scambiarsi una serie di recriminazioni. L’ospite Blinken, ad esempio, ha esordito con un elogio dell’ordine internazionale basato sulle regole: un sistema che, per usare le parole del Segretario di Stato, “aiuta a risolvere pacificamente le differenze, a coordinare efficacemente gli sforzi multilaterali, e partecipare al commercio globale con l’assicurazione che tutti seguano le stesse regole”. L’alternativa per Blinken consiste “in un mondo in cui la potenza fa il diritto e i vincitori si prendono tutto” e questo renderebbe il “mondo molto più violento e instabile”. Fatte queste premesse, ecco dunque Blinken elencare le azioni cinesi che minerebbero quell’ordine: dalla repressione nello Xinjiang e a Hong Kong, dalle minacce a Taiwan fino alla coercizione economica esercitata sugli alleati dell’America nella regione. A questa lezione col dito puntato, Yang ha risposto per le rime mettendo in discussione la stessa esistenza dell’ordine evocato da Blinken. Quindi, in un attacco diretto alla controparte, ha tenuto a precisare che la Cina, a differenza degli Usa, non scatena guerre e “non crede nell’invadere altri Paesi o far cadere altri regimi o massacrare i popoli di altri Paesi, perché tutte queste cose causerebbero disordine e instabilità in tutto il mondo”. Per tutti questi motivi Yang auspica che “gli Stati Uniti cambino la propria immagine e la smettano di promuovere il proprio modello di democrazia nel resto del mondo”. Quanto allo Xinjiang, a Hong Kong e a Taiwan – ha proseguito il consigliere – si tratta di “parti inalienabili del territorio della Cina” su cui Pechino si oppone a ogni interferenza esterna. Da questo scambio si può intuire che quello di Anchorage è stato un dialogo tra sordi, e che ogni aspettativa di ricucitura dei rapporti tra le due superpotenze, se mai ci sarà, richiederà un paziente e lungo lavorio diplomatico. Non bisogna in ogni caso farsi illusioni: la rivalità tra Usa e Cina costituisce il principale trend geopolitico dei nostri tempi. L’uscita di scena di Donald Trump da questo punto di vista non ha cambiato nulla perché anche Biden, della cui linea Blinken è un fedele esecutore, è convinto della necessità di una resa dei conti con Pechino.

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