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Le ambiguità di Salvini sulla Russia

Pubblicato il 10/02/2022 - GNN

“Avere buoni rapporti con la Russia penso che sia fondamentale”, afferma Matteo Salvini ai microfoni di Radio24. Sono parole apparentemente di buon senso e saldamente motivate, quelle del leader del Carroccio, che ha ben chiaro il peso del fattore energia nei nostri rapporti con Mosca, oggetto non a caso della recente telefonata tra Draghi e Putin. Ma la dichiarazione del Segretario è problematica sotto diversi punti di vista. Essa si palesa innanzitutto mentre l’intera Alleanza Atlantica si compatta nella linea dura contro Mosca dettata dall’Amministrazione Biden, che non ha esitato a mobilitare un proprio contingente a difesa del fianco Est della Nato, minacciato dalle aggressive manovre militari russe. Mostrare comprensione verso chi sta puntando le proprie armi in direzione dell’Ucraina, prefigurando un’invasione su larga scala, è un atto che oggettivamente mette in discussione la linea comune dell’Occidente e quella dello stesso governo italiano, formalmente schierato con gli Usa. C’è però a ben guardare anche una sfumatura tutta interna agli equilibri della politica nostrana nelle parole di Salvini, concepite anche per mettere in difficoltà quel Luigi Di Maio che da quando ha fatto il suo ingresso alla Farnesina ha espresso ogni sforzo per apparire un affidabile garante del nostro atlantismo. Il titolare degli Esteri rappresenta per Salvini un obiettivo da prendere di mira anche per altre ragioni: è stato lui, nella corsa al Quirinale, a boicottare la candidatura di Elisabetta Belloni gradita tanto al n. 1 di via Bellerio quanto a quel Giuseppe Conte che appare sempre più in contrasto con il suo ex vicepremier. Mossa tattica dunque quella di incunearsi tra Di Maio e Conte per allargare ulteriormente il solco tra loro e dare una mano così al processo di sfaldamento del M5S di cui si è avuta una chiara riprova durante l’elezione del Capo dello Stato. L’arma scelta da Salvini per far emergere le contraddizioni all’interno della compagine di governo appare tuttavia spuntata: pesa ancora nella memoria collettiva il caso Metropol, quando il responsabile leghista dei rapporti economici con la Russia, Gianluca Savoini, si rese protagonista di dubbi rapporti in odore di corruzione con emissari del partito di Putin. Senza citare la foto dello zar nella libreria del salotto di casa usata come sfondo televisivo, le simpatie di Salvini verso il leader russo sono arcinote e continuano a rappresentare un suo tallone d’Achille in un Paese come l’Italia che sta profondendo sempre nuovi sforzi per ribadire la propria fedeltà atlantica. È chiaro tuttavia come a Salvini, in cerca di nuovi argomenti per recuperare consensi e credibilità all’interno dell’area di centrodestra, specie dopo la disfatta del Quirinale, possa opportunisticamente convenire una strategia di differenziazione incentrata su temi come il caro bollette e la necessità quindi di essere prudenti nei confronti del nostro maggior fornitore di energia. Alla resa dei conti è questo il dilemma con cui si devono confrontare quasi tutti i Paesi europei la cui dipendenza energetica da Mosca condiziona in partenza qualsiasi scelta.

GNNPutin VladimirRussiaSalvini Matteo
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